Critica Sociale - Anno XXI - n. 2 - 16 gennaio 1911
26 CRITICA SOCIALE Se si tratta di boicottaggio nello scambio dei pro– dotti, il mezzadro ha ben poco da temere. Un tale boicottaggio sarebbe molto grave contro un bracciante, contro un impiegato, insomma contro tutte quelle categorie che, essendo pagate in moneta e dovendo convertire questa in moltissimi generi cli reale consumo, hanno bisogno di passare per tutta uoa rete di scambi. Invece il mezzadro, tendendo a produrre sul fondo la massima parte dei beni che gli sono più necessarì (un agricoltore intelligente ci diceva che il mezzadro può ricavare dalla terra la culla e la barn), e limitando qnindi moltissimo i propd atti di scambio, sfugge quasi completamente ad un boicottaggio che si eserciti nello scambio dei prodotti cosidetti materiali. Resta il bo'cottaggio nei servizi: boicottaggio che per i braccianti si risolve nel rifiutare il proprio la– voro ai mezzndri. Senonchè il mezzadro è compratore di lavoro ri– spetto al bracciante, mentre il bracciante non lo è rispetto al mezzadro. Praticamente, dunque, il brac– ciante ha molto maggior bisogno del mezzadro, che non j) mezzadro del braccia.ate . .Inoltre, i lavori, pei quali il mezzadro ha neces– sità assoluta del bracciante, sono pochi e ristretti ad una brevissima parte dell'anno. Il più caratteri– stico tra essi è quello della mietitura del grano. Riguarda appunto un solo prodotto, e si limita ad un periodo annuale: dalla seconda metà di giugno alla prima metà cli luglio. Molti altri lavori possono essere protratti o trascurati. Infine, i braccianti compiono molti lavori agricoli, solo in quanto siano riusciti ad abolire, o, quanto meno, a ridurre, lo scambio delle opere fra mezzadri. Ora, in caso di guerra, i mezzadri possono ripristi– nare tra loro lo scambio delle opere, e provvedere in tal modo - sia pure con eccessive fatiche e non pochi danni - a molta parte dei lavori rifiutati loro dai braccianti. Bastino questi cenni a dimostrare che, sul teneno economico, la forza di resistenza dei mezzadri è molto maggiore di quella finora preventivata dai socialisti e dagli organizzatori dei braccianti. La mancanza di una esatta valutazione al proposito, mentt-e è una delle cause che spiegano i recenti e noti insuccessi, è anche una nuova dimostrazione che i fenomeni rnlativi alla mezzadria attendono ancora un esame ponderato ed obbiettivo. ( Continua). ANTONIO GRAZIA.DEI. EMIGRAZIONE E DEMOCRAZIA (A proposito di recenti pubblicazioni) E riparliamo d'emigrazione, se ai lettori non dispiace! Ce n'occupammo a lungo, tempo fa('), per risolvere an– zitutto la questione, uggiosa e superflua per molti, per noi capitale, se l'emigrazione sia un male o un bene; per esaminare poi quale possa e quale debba essere l'azione dello Stato in questo campo. Vogliamo ora tor– narci sopra: 1 ° per constatare - e rallegrarcene con noi medesimi - come da recenti importantissimi documenti , balzi fuori indiscussa quella cbe fu la nostra tesi, acca– rezzata con amore per non breve serie di articoli: co– stituire l'emigrazione un notevole beneficio per l'Italia in genere, e per il Mezzogiorno in ispecie; 2° per vedere quale debba essere, dopo l'azione dello Stato, e magari prima, l'azione dei privati e dei partiti a favore di questo grandioso fenomeno. ( 1) Ot·Wca Sociale, 1909 1 n. 23; 1910, n. 1 e eegucntl. Biblioteca Gino Bianco È vezzo di alcuni, e tra i più competenti cultori, di studi emigratori, il dichiararsi agnostici riguardo al pro– blema dei risultati buoni e cattivi che arreca l'emigra-· zione. Pasquale Villari scriveva testè nel Co1Tiere della Sera (1910, n. 254) a conclusione delle sue vedute: "Ri– peto ancora una volta: non discutiamo se l'emigrazione è un bene o un male. ,, E !'on. Cabrini, nel discorso pro– nunciato alla Camera il 15 giugno 1910, dopo avere con– statato come il movimento emigratorio costituisca un fenomeno normale e non già patologico, aggiungeva: "Di fronte a queato fatto a1>pa1'e un gioco di perdigiorni ogni disputa intesa a stabili-re se l'emigrazione sia un bene o un male: la fase di tale disputa è superata. , ( 1) Noi non ci sentiamo tanta forza e superiorità di 1-1pt– rito da poterci mettere, in questo campo, al di là del bene e del male. Siamo anzi convinti, fermamente con– vinti, che non vi ,~i si debba mettere. Ci conforta in questa opiujone il constatare come anche coloro, che chiamano il no51troun gioco inutile, finiscono sempre per giocarlo, venendo o a conclusioni ottimiste, come quelle enunciate dal Cabrini nello stesso discorso che abblRmo citato, o a conclusioni alquallto pessimiste, come quelle che va espo– nendo il Villari nelle sue numerose pubblicazioni. li, a seconda delle conclusioni, diverse - si capisce - sono le proposte che essi avanzano riguardo ai provve– dimenti da adottare in subiecta materia: cosicchè il Ca– brini invoca, al pari di noi, un energico intervento dello Stato a favore degli emigranti; e il Vili ari propende in– vece a sostonere che lo Stato debba limitarsi a non· proi– bire l'emigrazione. Altri poi - con più coerenza -, non avendo preso partito tra il al e il no nelle premesse, non vogliono prenderlo nelle conclusioni, e dichiarano che lo Stato deve tutelare, è vero, l'emigrazione, ma fino a un certo punto, che non si sa bene quale sia. Da tutto ciò si deduce una cosa sola, assai limpida: che il lato pratico del problema non si risolve se non affrontandone il Iato teorico; il che ci fa molto piacere, pcrchè molto corrisponde al nostro amore inveterato per le teorie. . * * Senza dubbio Il desiderio di non impelagarsi nella vexata qucestio <lel bene o del male era per l'addietro determinato, e in qualche modo giustificato, dalla diffi– coltà d'una chiara soluzione, dalla intricata mèsse di argomenti pro e contro e dalla possibilità che aveva ognuno, ingarbugliando le cifre e tirando le somme a suo modo, di intralciare e ostacolare qualsiasi azione benefica. Ma da qualche tempo il fenomeno s'è andato sufficien– temente chiarendo nelle sue movenze e tendenze, e non c'è più da titubare nel valutarne la portata. L'ultima e più rassicurante parola l'à pronunciata la Commissione parlamentare che esaminò le condizioni dei contadini nelle provincie meridionali. Essa à potuto vagliare le conseguenze del fenomeno emigratorio in tutta la loro estensione e 1>rofondità,ed è venuta a con– clusioni precise, ben lontane dalle circospezioni o dalle contraddiziolli che più volte dovemmo criticare. Già fu notato su queste colonne dall'on. Bonomi (') come il materiale copioso raccolto dalla Commissione ci dia della questione meridionale una cognizione esat– tissima, e fu sintetizzata con efficaci parole tale que– stione, mettendo in luce come nel Mezzogiorno si operi (1) V. Peneh·azWne. Milano, 1910, pag. 187. ~) Critica S'1c'4le, 1910 1 numerl 18 1 19 e i0.
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy