Critica Sociale - Anno XIX - n. 23 - 1 dicembre 1909

CRITICA SOCIALE 359 dore poi alla prima occasiono il viaggio, con la mede– sima tranquillità con cui sarebbe!'O andate alla sagra vicina. Ora, so tanto ci dà tanto, che co11a accadrebbe mai quando lo Stato, oltre a tutelare, e quindi ad agevolare, la partenza e ii viaggio dei nostri lavoratori, si spin– gesse anche, come già tenta o come glie ne vengono fatti continui incitamenti, a facilitare l'occupazione degli emigranti o ad assicurarne lo sbocco nei paesi esteri? Le migliaia di partenti, che già impressionano adesso, non raddoppierebbero? E, di fronte a questa crescente invasione, non si eleverebbe più energico e più assoluto l'ostracismo dei paesi invasi? ~, al contrario, se le vie dell'estero al potessero tenere aperte o se ne potessero aprire delle nuove, non si avrebbe un male peggiore? Le terre <1 1 Italia, e sopratutto le terre del Mezzogiorno - di questo disgraziato Mezzogiorno dalla cui reden– zione dipende la nostra salvezza - non verrebbero a mancare totalmente di braccia? Ecco tanti interrogativi paurosi, che ci si parano di– nanzi e a cui bisogna rispondere prima di spingere lo Stato ad Intensificare la sua attiYità nel cnmpo del– l'emigrazione. ::Ua,por rispondere, è necessario affron– tare un Yecchio 1 uno spinoso, un intricato problema: se l'emigrazione costituisca un nntag~_do 1 o non piuttosto un danno, come si iorna ad ammonire con insistenza da varie parti. II. Giudizi pessimisti. " Dobbiamo levarci dalla testa che l'emigrazione sia ·' un bene; anche so rosse incanalata verso quelle re- 11 gioni <love i nostri connazionali ai troverebbero me• 11 glio, e se rosso possibile proteggerli adeguatamente " dovunque essi ai trovassero, il ratto stesso dell'emi– " grazioue resterebbe per l'Italia un renomeno dolo– " roso. ,, Così, Ol' non è molto, Luigi Villari, nella N,wva A1l– tologia. Ed Enrico Corradini, a commento, nel Marzocco, rincarava, nel seguente modo, la dose: 11 È anche il convincimento mio e non può non essere 11 di quanti sanno qualcosa e vi pensano. Noi non VO• u gliamo parlare di dignità nazionale, perchò è troppo " presto per questa nostra carissima patria, dove la 11 gente è fatta in modo curioso e contraddittorio, tra la " illusione ottimista di possedere il primato in molte "' cose e l'istinto della servilità Inveterato da secoli nel " suo cuore. Non ·vogliamo accennarè neppure all'altro u fatto, che l'emigra1.ione, semplicemente perchè eml• 14 graziane, non costruisce e non può costruire nulla " nazionalmente in nessuna parte clel mondo, o che la i. diceria della grande Italia nell'Argentina. ò una delle u più grosse scempiaggini accreditate fra noi. Si vuol " soltanto far conoscere che economicamente l'emigra– " zione ò per l'Italia un fenomeno doloroso. Si vuol far " conoscere che anche il denaro, come ben dice Luigi 11 Yillarl, al pari di qualsiasi altra merce, può essere u pagato troppo caro. " Tutto ciò è esatto, ha o non ha fondamento di verità? Perchè, se l'emigrazione è un male - come, con sicuro pessimismo, asseverano il Yillari e il Corradini - nessun dubbio ohe lo Stato nostro 1 pur rispettando i supremi principi di libertà che debbono sempre vigere in un paese clvilo, abbia l'obbligo di porvi un freno, se non direttamente, indirettamente, Impedendone, è vero, gli srruttamonti e i parassitismi, ma abbandonandone anohe le eccessi ve allettatrici tutele. Però - badiamo bene - non è sempre agevole per la monto umana lo stabilire in senso assoluto quando una cosa sia cattiva e quando buona. Vedasl 1 per es., il Corradini. i\lentro sentenzia da prima che l'emigrazione ò un fenomeno pernicioso, conclude poche righe più sotto che è II tm male necessario m anzi ò " iL mmo peggio che ci possa accadere w Ora, a nostro modo di vedere, Il mono peggio d'un male può ritenersi anche un bene, con che vengono a cadere di colpo il pessi– mismo del Corradini e le acerbe critiche che egli saetta contro lo rosee vedute clegli itallani in ratto cl 1 emlgra– zione, Oh Diol Intendiamoci. Nessuno afferma, nè ha mal affermato che l'emigrazione sia un utile, un nntaggio di per se stessa, o Il miglior partito a cui, in un mondo ideale, o por l'eternità, potrebbero o potranno appigliarsi i nostri lavoratori. Certo, si sta meglio - quando cl ai può stare - in patria che all'estero, Casa mia 1 casa mia, - per picci11a che tu sia... è una vecchia italica canzone. J\la è da vedere ae in un dato momento, quando la casa cl cada in capo (e questo, neJLlltalll\ meridionale, pur troppo, non è nò metarora, nè paradosso I o quando non ci si trovi da mangiare, non torni conto, non sia un minor male, e quindi un bono, l'andarsene, il cercar altri lidi, almeno temporaneamente. Conviene dunque spiegarci. Discutendosi qui se !'emi. grazione aia o no un vantaggio, intendiamo parlare in senso relativo, e riferirci alle attuali condizioni di co. loro che emigrano e dei paesi cla cui emigrano. E in– tendiamo anche distinguere. Perchò chi piange i daun i dell'emigrazione, in nome di chi piange? Dei lavoratori? Dei proprietari? Del paese? Sono tante le sensibilissimo persone, lo quali, sentendosi 1:1chiacciare un piede, ur– lano alla minata saluto pubblica e alla pubblica cala• mità, che bisogna andar guardinghi in certe materie. Innanzi tutto, non si vorrà pretendere cho l'emigra– zione - anche quando rosse la più bella cosa del mondo - non danneggi anima viva. Niente accomoda, in questa valle di lacrime, che non !scomodi. Tutto sta a ponde– rare se, In ftn dei conti, il benefizio prodotto sia o no superiore a quello perduto. Anche qui ò questione di relatività. Ora, non si nega, per esempio 1 che l'emigrazione abbia nociuto ai proprietart, grossi e piccini. Sftdo io! Erano abituati a pagare la mano d'opera una miseria, a trat– tarla come si trattavano un tempo gli schiavi, a pren– derla continuamente a gabbo (e Io dimostreremo a suo luogo); tal che il vedersela a un tratto fuggire di sotto ma.no o sgattaiolare in America, non ha procu.rato loro una soverchia soddisfazione. Se non che, al dolore dei padroni, trova immediato riscontro il piacere (si badi, per ora diciamo piacet'e e non utile) dei lavoratori, o quindi \a raccenda, da questo lato, ai bilancia perrettn– mente por il paese. - :Manon e questione di persone, è questione di coso - stridono i proprietari. - Sono le terre che restano abbandonate, incolti vate, deserte; è l'esercito, quest'arca santa della patria, che resta privo di uomini. Più che nostra, è dunque Iattura, suprema iattura nazionale la emigrazione. Il lamento è troppo grave percbè non meriti d'esser preso in considerazione. Converrà pertanto esaminare accuratamente, oggettivamente, quanti e quali siano gli eftèttl dell'Importante fenomeno di cui cl occupiamo. (Gonlitma). PETER AUGE!".

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