Critica Sociale - Anno XIX - n. 16 - 16 agosto 1909

CRl'l'ICA SOCIALE 253 ~ituazione internazionale 1 sostanzialmente .diversa, non si improvvisa; si preannuncia da lungi con aio tomi multiformi. E, se abbiamo un Ministero degli affari' esteri e una diplomazia, cio.è a clire un sistema di posti d'osservazione sparsi in tutto il monrlo, ciò è anche, anzi principalmente, per segnalare da lungi questi sin– tomi, queste forze nuove, queste tendenze sorgenti, e connettere queste osservazioni e ricavarne le possibili previsioni. ]torse che,, dopo il 1848, non era prevedibile la ria– pertura a breve scadenza della questione italiana e una nuova guerra fra Piemonte e Austria? Forse che la guerra fra la Prussia e PAustria è scaturita. da una si– tuazione sorta improvvisamente e non prevedibile fin da quando il predominio austriaco nella Confederazione germanica si manifestò, dal 1848 in poi, il maggiore ostacolo all'unità germanica? l.i'orse che la guerra del 1870 non era prevedibile, almeno fin dal 1867, dopo la questione del Lussemburgo? J~, per accennare a qual– cuno dei prevedibili mutamenti radicali della situazione internazionale europea, accenneremo alla possibilità di una separazione completa dell'Ungheria dall'Austria, anche magari nella persona del sovrano; o alla possi - bilità che nell'Imporo d'Austria. la maggioranza slava si metta d'accordo per abbattere il predominio tedesco nell'Impero e trasformare questo in un Impero di ca– rattere prevalentemente slavo 1 o almeno con costituzione rederale; il che potrebbe dar luogo a inten•enti stra– nieri (Germania o Russia). Ma tali mutamenti prevedi– bili, i soli che potrebbero direttamente interessare l'Italia, sono ancora molto lontaui da ogni effettuazioue possibile i e sarebbe ridicolo giustificare grandi arma– menti da parte nostra in base a previsioni di prossimo catastrofi in Austria-Ungheria. Concludiamo dunque col dire che, data la situazione internazionale, creata ìn Europa e nel Mediterraneo dagli avvenimenti che seguirono dopo il 1870, e conso– lidata in modo da escludere la possibilità di mutamenti radicali e repentini che interessino direttamente l'Italia, qualunque azione che questa intenda e possa esplicare noi campo politico internazionale, la quale richieda l'appoggio di una ingente forza militare e navale, non potrà mai assicurare al paese vantaggi e successi che compensino gli enormi interessi interni sacrificati per sostenere le spese della maggior forza militare e navale richiesta a quel flne. . * * E vediamo finalmente se l'Ltalia, con forze militari e navali ridotte, potrebbe proprio essere considerata una quantità trascurabile, senza alcun peso e alcuna auto– rità nelle trattazioni internazionali. Il presupposto, da cui siamo partiti in principio, ò che l'.ltalia rimanga. perrettamente neutrale fra i dlle grandi aggruppamenti di potenze europee. r.,e forze di questi duo aggruppamenti, almeno dal lato di terra, piì1 o meno si equilibrano i e perciò, come già dissero anche gli on. Bissolati e Turati alla Camera, nella recente discussione sulle spose militari, l'Halii1, pure con un esercito non grande, ma saldamente orga– nizzato e bene provveduto, potrebbe sempre patteggiare la propria neutralità. col miglior offerente; e, checchè si dica, anche con forze ridotte, dato Pequilibrio delle forze avversarie, resterebbe P,ur sempre essa Parbitra della situaziono, o la sua neutralità sarebbe ansiosa– mente cercata o compensata. Tanto pii', che il negare l'Italia. la propria neutralità. non signiftcherebbo soltanto mettere a disposizione di uua del!e due parti uu eser- cito e una flotta, ma altresì il proprio territorio, le pro. prie ferrovie, e gli altri mezzi di comunicazione per l'avanzata delle sue forze, i proprì porti 1 i propri mezzi di rifornime11to e tutte, insomma, le risorse che un grande paese può apprestare in tali contingenze. Che l'Italia sia l'arbitra della situazione europea, o che l'unirsi essa all'uno o all'altro gruppo di potenze rappresenti la maggioro incognita della politica europea, e quindi la chiave della situazione, ci fu ben manifesto nel rno2 e nel 1903 1 prima che si rinnovasse la Triplice Alleanza; quando, a Berlino e a Vienna, dopo i ma– neggl della Francia verso nol, che finirono col famoso ra,•vicinamonto, la trepidazione era adrtirittura enorme, come enormi furono le lusinghe che i due Governi, te– desco e austro-uugnrico, ci prodigarono. I~ fu sentito ovuuque il gran sospiro rii sollievo, che mandò Vienua, quando seppe che l'alleanza ora conclusa e l'incubo deJllisolamento o dell'inimicizia da due lati ara svanito. E questa situazione si rinnoverà nel J912 1 non quella profetata dall'autore del famoso opuscolo omonimo! È poi naturale che, se l'Italia invece si schiera dal– l'una dello due parti, viene a privarsi dell'enorme be– neficio, che lo consente la sua situazione, di poter pat– teggiare, giorno per giorno, la sua neutralità e di te– nere sempre sospesa su ciascuna delle due parti la minaccia dl schierarsi dalla parte avversaria. Ecco ptr– chè l'Italia, anche con forze ridotte, ha tutto l'interesse a fare una politica indipendGnte e a tenersi In disparte da ogni alleanza, restando amica con tutti coloro cho non le si mostrino nemici. E, influe, vi è un ,tltro motivo. Se L'Italia riducesse le sue forze militari, e specialmente la sua forza bila11- eiata e la sua forza navale, avverrebbe alle sue fron– tiere e nei suoi mari una ripercussione, che le pOl'l'ebbo in mano un nuovo strumento di pressione e di minaccia, sì verso la !+~rancia che verso l'Austria-Lfnghoria. ru - ratti, entrambe queste potenze debbono tenore in per– manenza alla nostra frontiera forze colos~ali; la prima, per effetto della nostra alleanza colla Germania, l'altra per effetto della preoccupazione che le dauno l'irreden– tismo, i nostri armamenti, la nostra mal celata ostilità, e la nostra presunta politica balcanica. So noi riducessimo le nostre forze permanenti e la nOstra marina 1 entrambe coteste potenze ne ricavereb– bero un vantaggio gran<lissimo; perchè l'Austria-Un– gheria non solo sposterebbe subito una parte conside– revole delle forze, che tiene alla frontiera italiaua, por portarle alla frontiera russa, contro cioè un nemico ben altrimenti temibile, per essa, che non sia l'Italia, cosl per potenza come per aspirazioni; ma potrebbe inoltre arrostare subito lo spese per la sua flotta, per destinarle a un maggior incremento della sua difesa e della. sua potenza contro la R.ussia 1 la sua yora o grande nemica. La Francia non no resterebbe meno avvantaggiata, per– chè porterebbe subito alla frontiera tedesca la maggior parte delle forze, che tiene ora alla frontiera italiau·a, e porterebbe subito nelle acque del .Nord una parte con::iiderevole delle forzo, che tiene noi Mediterraneo. Sicchè, per effetto del contegno neutrale e pacifico del– l'Italia, e per la dimiuuziono della sua potenzialità of– fensiva, Austria Ungheria e Francia si sentirebbero po– tentemente rafforzate rispettivamente verso la Russia e la Germania. Ora, è chiaro che nè l'una nè l'altra vor– rebbe facilmente rischiare cli perdere questo considere– vole vantaggio, compiendo atti ostili verso noi, misconO• scendo i nostri interessi e le nostre ragiolli, e facendoci

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