Critica Sociale - Anno XIX - n. 16 - 16 agosto 1909
252 CRITICA SOCIALE via di trattati o accordi internazionali, la sorte dei paesi nord-africani (Marocco, '.l'unisi, Egitto, 'J'ripoli), è tolta la materia, per l'Italia, a una politica estera, lot– tante per grandi interessi. Ormai quella parte di mondo che può interessare l'Italia ò definitivamente sistemata; e nulla di pericoloso e di arduo resterà. da fare, al no– stro Governo, che richieda la necessità del sostegno di grandi armamenti. Quando si pensi che, dal 187f, fino ad oggi, l'Oriente europeo fu quasi la sola e costante causa dei dissidi e delle rivalità pericolose fra le nazioni europee, se si ammette che esso non potrà piì1 considerarsi come og– getto di mire espansioniste e di competizioni, si ricono– scerà che la maggiore delle cause di rivalità e di dis– sicii fra le potenze europee 1 e l'unica per l'Italia, ò scomparsa. Se, oltre a ciò, si considera che quasi tutti gli altri paesi del Mediterraneo (~larocco, Tunisia, Egitto) hanno ormai ricevuto una sistemazione definitiva, e, in ogni caso, non possono più dare causa all'Italia di conflitti con altro potenze, dove restano questi grandi interessi, la cui tutela richieda grandi armamenti da parto nostra? Forse in Tripolitania? Noi non crediamo che da alcuno in Italia si pomi ora a un'occupazione armata della Tripolitania j la quale non sarebbe nò giustificabile, nè conveniente, se non quando alla nostra penetrazione economica ed emigra– toria si racesse colà una seria e irriducibile opposizione; quando insomma nostri legittimi o ingenti interessi re– cla.mas-,ero una tutela armata. Ma, in primo luogo, dopo l'introduzione del regime costituzionale nelFlmpero ot– tomano, riteniamo assai improbabile un'opposizione di tal genere; in secondo luogo, di fronte alle forzo del– l'Impero ottomano, specialmente navali, crediamo che l'Italia, anche con armamenti ridotti, non sarebbe mai impotente por una tale bisogna. E, di fronte alle altre potenze, è da considerare che Francia e Inghilterra ci banno rico~osciuto un diritto di prelazione su quel territorio; col patto di una reci– procità, riguardo al Marocco e all'Egitto, che non ab biamo mancato di osservare ad .Algesiras, e che ci è stata molto valutata. Per quanto poi riguarda. l'Austria– Ungheria e la Germania, la prima è cla escludere per– ohò non è Stato coloniale, nè aspira ad esserlo, nè lo potrebbe; e, quanto alla Germania, se volesse entrare nel Mediterraneo per assidersi a Tripoli, prima che col– J'ltalia1 avrebbe da fare i conti colla Francia e coll'Jn. ghllterra. .. Concludendo, dunque, l'ltalia, armata formidabilmente,· non avrebbe altro vanhggio che quello di essere con– siderata una grande potenza milihne, tale cioè che la sua alleanza sarebbe cercata da questo o quelPaggrup– pamento di potenze, col corrispettivo di garantirla da pericoli chimerici e di assicurarle qualche vantaggio e un certo appoggio in questioni di importanza molto se– condaria per essa. Ed è appunto per Il ratto cbe tutte le grandi questioni territoriali, che potevano interessare l'Italia, sono già detlnitivamente risolte, ohe questa non ha alcun tornaconto a spendere annualmente somme colossali, solo per assicurarsi eventualmente il successo in quello questioni secondarie e di scarsa importanza, che potranno presentarsi neli'avveniro prevedibile. Si dice che l'Italia debole avrà sempre torto, dovrà sempre cedere, sempre subire; ma sono frasi ad effetto, non ragioni serie. Il dover cedere, il dover subire, di- penderà, in primo luogo 1 dall'immischiarsi in compotL zioni, dalle quali l'Italia può benissimo restare in di– sparte, come ranno il Belgio 1 l'Olanda 1 la Spagna, la Svezia, ecc.; dipenderà, insomma, dal non fare la grande politica; e, quando si veda 1 come abbiamo veduto, che l'Italia non ha più alcun interesse a farla, perchè poco vi ~vrebbe da guadagnare, si deve ammettere che essa non deve più esporsi al rischio di dover c~dere e subire. Se alcuno volesse narrarci quali vantaggi e successi ci siano stati assicurati dai nostri armamenti, dal fa– tale 1881 in poi, e quali svantaggi o insuccessi non avremmo incontrati se fossimo stati più forti, avrebbe una ben po,Tera.narraziol)e da fare! E più arduo ancora sarebbe il valutare quale concreto incremento <lei be– nessere del nostro paese si sia ottenuto con quei suc– cessi o perduto con quegli insuccesei. L'esperienzl\ del passato dovrebbe insegnarci qualcosa! Insomma, l'Italia scende armata nell 1 agone interna– zionale troppo tardi, quando le grandi questioni di do– minio· territoriale sono, per ora, già. risolte; e non vi è più, in Europa, nè sul Mediterraneo, un solo palmo di territorio, il cui dominio 1 nel futuro prossimo, sia real– mente in questione. Tutte le altre grandi potenze hanno ragione di stare molte, armate, perchè tutte hanno già preso una buona 1>artedi mondo, in Europa o fuori, e debbono conservarla; ma PJh.lia nulla ba da conser– vare, perchè nulla ha preso, nè nulla ha da contendere agli altri, perchè tutto è già stato preso da essi! SI dice infine: in ogni modo, non si sa quello che po– trà. accadere, non si sa in quali questioni internazionali l'Italia potrà. in avvenire essere coinvolta i bisogna te– nersi al sicuro e quindi bisogna armarsi fortemente. Certo, bisogna tener;ii al sicuro; ma ciò si fa appunto riducendo gli armamenti e risparmiando così anuuai.– mente una somma colossale; il quale risparmio è per noi un intereise sicuro, ingente e annuo, cbo non potrà. mai essere componeato da qualche molto ipotetico sus– cesso nostro, che sin dovuto soltanto alla nostra potenza militare. Arrischiamo pure di perdere tali successi esteri di scarsa importanza, ma teniamoci nel sicuro rispar– miando quei milioni, coi quali potremo ottenere ben al– tri successi nll 1 interno, e di ben altro valore! Si dice ancora: dopo tutto, le sposo militari non sono che una quota annua d'assicurazione contro i pericoli di sopraffazioni straniere. Altra similitudine altrettanto allettatrice quanto falsa. Un proprietario di moltissime case di mediocre valore non avrebbe alcun interesse ad assicurarle tutte contro gli incendi; porchè l'eventualità, che gliene abbruciasse qualcuna in un dato periorlo di anni, rappresenterebbe una perdita minore della spesa annua inge11te, che ~li toccherebbe sostenere per quote <l'assfouraziono. Così la spesa annua per gli armamenti destinati ad assicurarci qualche eventuale successo o vantaggio internazionale, sempre mediocre, è troppo forte, perchè non sia più conveniente risparmillrla 1 ri– schiando pure qualche svantaggio o insuccesso. ... Tutti questi nostri ragionamenti bauno, natura.lme!1te, per base la situazione internazionale, quale al presenta ora, come risultato dei grandi avvenimenti storici suc– cedutisi in l:uropa rlal 1870 in poi. Mutandosi sostan– zialmente questa situazione, nei rapporti coll'Italia, po– trebbe essere anche necessario accrescere i nostri arma– menti. Si dirà: ma aspetterete allora ad accrescerli? gli eser• citi e le flotte non si improvvisano. Ma neppure una
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