Critica Sociale - Anno XIX - n. 16 - 16 agosto 1909

Critica Sociale fl/VIST .Il QUINfJJCIN.IILE DEL SOCI.IILISMO Nel Regno: Anno L. 8 - Semestre L. 4 - All'Estero: Anno L. 1.0 - Semestre L. 5 1 50 Letle,·e e vaglia al!'Ufllclo di CRITICASOCIALE- MILANO: Portici Galleria V. E. 23 Anno XIX - N. 16 Non si vende a numeri separati. Milano, 16 agosto 1909 SOMMARIO Polltlca ed Attualità. 1.a r01·.:1t ctt11,1p,·tvisio11e: a ~·111ppo 1'uratl (CnA:>n;cu:u. e l,A CHI· 'flCA SOCIALE), L/01·t1 cJd sociau~tt spog,mou: la [Jue,..-tt e w ~ rivo111zio11e " (Pro• feS80l' GIOYA~NI ~lt;RLO~l), .\ltnfre tn polemlca <"ontLurm s11l1t.<1111.1sU011i ,wzo,rnti: alcune risposte l\d al(mnl contrad1lltto1·1 (,UUI.CAIU: STOkCIII), Studi economici e sociologlcl. JL lalifomJo si.ci.tim10: Note oonoluslonali (S. CAM~u.rum1-Scu11.T1). - l'ostul<I (NOI). IA1po/Wca mili-tare ed tste,·a ltallmw, Il (Dott M.uuo GOYI), Filosofia, Letteratura e Fatti sociali. ,·,·o,wca :SOclale: Veserclto dell'Internazionale (1". PAOLI.1.RJ ). LA FORZADELLAPREVISIONE (a Filippo Turati) Chantecler cì manda dal suo momentaneo rifugio campestre: ~;il "Caso " di Ardigò o il uDestino" di Maeterlink? Non so; forse neppure tu; ma è leya di forza, ò i.prone ad agire con fermezza e fiducia. E però eia benedetto il tuo "Imprevisto"! Viviamo ed operiamo, come se il nostro lavoro desse tutti i suoi frutti: il successo è alla svoltata, e ci attende. Cosl sia. Jl tuo fatalismo operante non mi fa paura; perchè ben diverso dalPaepettazlone mes1Jianica della società nuova, che è in molte interpretazioni mnrx:iste. La contraddizione vivente fra il moto socialista e le sue basi deterministiche trova nel tuo II Imprevisto n una soluziono; ed è tra le più pratiche ed opportune. Così sie. Dal razionalismo ·di vecchie correnti democratiche derivammo troppo spesso, noi e le masse, la pretesa di foggiare il mondo con le nostre idee ed i nostri propo– siti. Di qui la virtù taumaturga dei programmi, intesi come Credi e articoli allineati di fe<Je.Abbiamo esage– rato, ci siamo illusi. Troppe forzo sono al di fuori di noi. E, nella Yita politica, come nella vita in genere, prevale ciò che .io chiamo la "circonstanzialità ,,, un po 1 diversa dal tuo II Imprevisto n. Ma non vorrei che la tua idea, concepita sana e ro– busta, si deformasse nell'intendimento dei più. Contare sulle buccie, che devono far scivolare compare Giolitti, può consigliare comodi sonni alPE,trema. Una posizione fatalista del pensiero conduce, più spesso che al moto fattivo, all'acquetamento pigro e pago della promessa certezza. Sovratutto 1 non vorrei che, per gli sperduti nel buio della politica oclierna, il tuo "Imprevisto n coetltuisee l'alibi per la mancanza del programma. Il programma non ba efficacia mistica. Non è una mèta, ma uno sprone. È il segno della coscienza e della energia; un principio di azione; il verbo che diventa carne. Dobbiamo sapere che se ne attuerà una piccola parte; ma, senza la spinta del tutto, non otterremmo neppure quel poco. E il pro– gresso e la maturità dei partiti si manifestano nel len• tissimo acquisto dì una crescente forza di previsione, nel passaggio dal giuoco dell'inconscio e delle potenze non consapute della vita alla formazione di una coscienza che vede, ei per quel che è possibile, prevede. Come nella psiche individuale. La conoscenza è previsione. :Ecco perchè 1 e· in che senso, io teng,) ancora al pro– gramma. E desidero che tu - che, alcuni numeri fa, hai messo a concorso persino il leadersheap dell'Estrema - rimetta a concorso il programma. Non importa-, se si ac– certeranno nuovo debolezze, e se nei nostri quadri uffi– ciali si troveranno delle foglie secche. Quanto pili è opaca e stagnante la media ambientale, tanto più occorre reagire, portar nella vita i problemi più ardenti 1 insi– stere nelle vecchie vie, tentarne dello nuove. Volere. Cosl yorrei che fosse inteso il tuo II Imprevisto ". E quattro chiodi vorrei piantare, pel programma. Siano i due primi la t·iforma dei congegni elettorali ed ammi– nistrativi dolio Stato. Pel passato, non demmo il dovuto rilievo alle riforme istituzionali; diamo ora ad est11e il po.sto d'onore. Le enunciano e propugnano i maggiori centri di energia organizzata: è la Confederazione del lavoro che chiede il suffragio per tutti, è quella degli impiegati che, con insistenza nou conosciuta dalle con– sorelle di altri paesi, chiede la semplificazione della macchina enorme dello Stato. Nè si tratta di idee vaghe e lontane; la riformatta meschina di Giol_ittisui sistemi elettorali offre il gancio alla battaglia pel suffragio uni• versale; lo stesse Relazioni della Giunta sul bilancio accettano il problema della aempliflcazione come lo pro– poniamo noi. Sol che una ben nutrita agitazione accom– pagni la discussione alla Camera.i più di un germe sarà. gettato. Ma l'innovazione istituzionale uon basta. C'è bisogno di qualcosa che accenda più direttamente, più immedia– tamente, l'animo delle masse. F. io credo che una vera idea-forza sarebbe l'obbligato1·ietà delle pensioni, che si collega naturalmençe ed inevitabilmente con la t·iforma, tributaria. Ecco gli altri due chiodi. Agitate agli occhi dei lavoratori l'idea del pane sicuro per la stanca vec– chiaia; ed avrete un impulso cento volte maggiore di quello anticlericale, o dello stesso interesse per la legi– slazione operaia di princisbecco che ci ha allietati finora. Costituite nella democrazia parlamentare il senso di un problema di Governo, quale è quello del rior.dinamento dei tributi, pel bilancio della pace sociale; e lasciorete per istrada le declamazioni generiche, e le questioni di parata, e le schermaglie infeconde. Come per la Francla o per l'Inghilterra, la via clella democrazia sociale ò in questo doppio binario: riforma

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