Critica Sociale - Anno XIX - n. 11 - 1 giugno 1909

CRITICA SOCIALE 169 ralmente meno fertili di altri pnesi 1 bonificate col lavoro assiduo di popolazioni intere e inteusamente coltivate, pagano in modo più sicuro il lavoro stesso, dando al proprietario 1 più che unn rendita, un inte– resse pel capitale impiegato. [n un capitolo di questo studio, parlando dei ca– ratteri feudali della vita pubblica. e privata in Sicilia. come conseguenza del latifondismo permanente, ve– demmo la stridente disarmonia tra la persistente forma feudale nella prorluzione agricola e gli accre– sciuti bisogni di un grande Stato unitario moderno o di po1>olazioni prolifiche ed avide di vita. Rotto il rapporlo millenuario tra lo stato della produzione o quello delle popolazioni, queste, che nello passate condizioni di vita si erano adnttate all'itmbientc C'conomico, subiscono ora una progressiva sensibilità al disagio, non trovando un adeguato soddii,faci– mento ai crescenti bisogni sotto lo stimolo di un più clc\'ato senso della vita, e scappt-1110per le lontano Americhe. 11 deterioramento fisico comprovnto dal- 1' Antropometria miliho-e del clott. Rodolfo Livi e dagli studi del dott. Antonio Stella sulla maggiore mortalità e morbilità degli Italiani del Sud negli Stati Uniti in confronto agli Americani, è anch 1 esso un triste prodotto della poveL·tà produttiva mante– nuta dal latifondismo, nel mentre le esigenze del corpo non sono più quelle di uno stato rozz;o di vita. Per migliorare l'n.limentazione nel Sud d'[ta.lia non devesi sostituire la vecchia cucina locale con altra esotica, ma assicurare in tutti la sufficiente quantità di alimenti propri della vita meridionale. La insufficienza di tali alimenti è data dalla persi• stenza di un organismo agricolo feudale, mentre la 1>opolaziono cresce e crescono i bisogni, e non sono un gran che le industrie e commerci. La insuffi– cienza dei latticinii e della carne è crescente, es– sendo scomparse le antiche mandrie, cacciate dallo shoscamento, dallo estendersi della granicoltura nelle tel're da pascolo, e chtlla invasione della vigna nelle terre vallive ed erboso. L'olio scarseggia, rincarito per la sostituzione pazzesca del ,•ignoto a molti uli– veti, e per la caccia agli uccellini che distruggevano la mosca olearia. La stessa uva da tavola, così igie– nictt e nutriente, che potrebbusi in grande quantità produrre in piena aria e con assai minor pericolo della fillossera, è resa scarsa dalla preferenza data, per ispirito di facile nvventura, ftll 1 uva da mosto. l legumi, coltivati quasi solamente per maggese ciel frumento 1 compensano insufficientemente la mancanza di carne. [I legname da costruzione manca quasi completamente, essendo pochi i boschi 1 o quelJo da ar(lere non è piìt bastevole nemmeno nelle stesso campagne. fl pollame, le uo,·a e certe frutta non bastano, nolhl ste3sa· isola degli aranci, al punto che a Palermo ogni giorno il piroscafo porta eia Napoli molta di tale roba. 11 pane delle campagne è poco digeribile perchè cruscoso, male impastato e mal cotto; e riosce poco nutritivo perchè in gran parte non è assimilabile. Lo zucchero e il caffè, erronea• mente creduti dal ,·olgo sostanze ,•oluttuaric, hanno scarso consumo popolare per causa degli enormi claz'ì. Abbiamo però abbondanza di vino, che non si sa a chi vendere; una produzione zolfifera, che hisogua iufrenare per non eccedere i bisogni del mercato e non produrre per eccesso il disastro; una produ- 1.ione agrumaria che subisce di continuo improvvise o forti oscillazioni, per cui mantiensi incerta la sorte di tanta gente. che vive su di essa; ed abbiamo la produzione del grano, su cui è imperniato tutto l'or– ganismo agricolo meridionale, In.quale, estesa a tu..tte le terre possibili ed alle impossibili, non basta alla alimentazione locale. Dal vino in eccesso che non si può \'endcre, al ~rano in difetto che non si può comprare, ecco i due poli della povertìt meridionale. Risoluto il pro– blema della 1)0\'ertà, ogni indice d'inferiorità sarà scomparso. Con questo sbilancio nutritivo !a deformazione fi– sica e morale dovrebbe essere assai maggiore, se non compensassero in grau parte i ,•antaggi della locale natura: l'abbondanza quasi gratuita di frutti 1.uccherini, 11alimentniione continuata cli 1rnnc e di pasta di frumento, l'uso popolare del pesce, la vita all'aperto, o l'aria luminosa o fragrant(' che eccita i sensi e Pintelligenza: doni però pili largamente largiti ai Siciliani che alle altro popoluzioni del ~[ezzogiorno con ti non tale. Ma questi mezii compensatori, dando vivacitil o non bastando a soclclisfnre tutti i più sentiti hisog-ni, dànno una maggiore dolorosità al disag-io. LI sici– liAno esprime tale dolorosità quando afferma in una frase scultoria che la pena nrnggiore è il morire cli disagio (mhri1·i di diriùriu). Non dunque lii morte di fame o di malattia è la piì1 1>enosa, ma quella. per clisugio, pi:::rcui l'nnima pare che si s1>icchi e le membra semhrano avvinte da cutcne, mentre si vuol conere verso la vita o il benessere. Quella esprcs• aione rivela tutta la psicologia del popolo siciliano o i moventi cli ogni insurrezione e della presente e1nigrazione transocean.ica. 4° - li ('011venzio11nlis1110 sulli1 gra111le i111lustri11 nel ~{('zzogiorno. La più comune affermazione convenzionale, di– scutendo del Mezzogiorno, è che in questo, mancando la grande industria manifattrice, bisogna crearvela per svecchiare il paese dal suo ordinamento agricolo di scarsa produzione. Che le manifatture iudustriali sorgano pure nel )lczzogiorno, non sarÌl certamente un male; ma è grlwe errore credere che si possa risolvere il problema meri(lionale indroducendo arti– ficialmente la grande inclustl'ia nordica. Questa ri– chiede gli sbocchi commerciali; quali sarebbero gli sbocchi per una simile industria nel .Mezzogiorno? Se in ogni luogo potesse sorgere l'industrialismo speculatore - e tutti vi avrebhero diritto - dovo si manderebbero i p1·otlotti? So i prodotti delle ma– nif.1.tture industriali piemontesi e lomharde si dif– fondono noi Sud d'ftnlia, se anzi è a questa diffu– sione che quelle industrie deYono la lor·o prosperità, gli stessi prodotti mori<lionali in quali nuovi mercati troverebbero lo sbocco? La g-rande industria capitalistica, producendo per vendere in 1111 vasto cam1>0 commerciale, cle,·e am– mettere centri i11dm1triali e C<'tl'trisolamente agricoli. Si dovrebbe produrre - si può obbiettare - per lo stesso mor:::ato locale; ma allora non si trntterehhe pill d'iudustria capitalistica di priyati speculatori, ma d'industrie coopemtive e municipalizzate. Queste sole industrie possono rinunziare alla pretesa d'im– porre, 0011 l'imperialismo coloniale o con i tratta.ti di commercio o con al'tificì nel regimo daz iario e dei trasporti, le loro merci ad altri mercati clell1e– stero o dello stesso Stato; e lo possono perohè sono chiamate n produrre n cauto della comunitl consu– matrice. Se n,\la grande in1lustria 8i toglio il còmpito dell'esportazione e lo si dà quello di provvedere, col mezzo di grat1di Associazioni coo1>erative e cli grandi servizi pubblici, ai bisogni locali di tutta una co– munità, sarà risolto il problema economico meridio• nale.... e di tutta In rosa dei venti. Or, per risolvere il problemn, meridionale, baste– rehbe risoh•ere il 1>roblema agricolo, accrescendo lu 1}roduzione col sottrarla alle bramose canne della camorra fondiaria. Il latifondo, con l'ag1·icoltura primi ti v,t, si associa all'al'tigianato colla piccola borghesia, non alla graude industria capitalistica. Vagricolturn fu iudustrializzatil. nel Nord per opera

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