Critica Sociale - Anno XIX - n. 11 - 1 giugno 1909

168 CRITICA SOCIALE sberretta dando del voscenza, ma si prostituisce assai meno del napoletano, che meno spagnolescamente e con pii1 rispetto alla grammatica dà del voi a tutti; perchè in alcuni paesi dello stesso :Mezzogiorno si è pili fanatici del bel vestire e in altri più insensibili al sudiciume. Or, se lo studio fosse stato condotto separando la ricerca della causa comune d'inferiorità dalle cause specifiche differenziali delle varie pro– vincie del .Mezzogiorno... e della Mezzanotte, si sa– rebbe dovuto uscire dalle generalizzazioni sempliciste per precisare i l'imedL Ma allora nessuno scritto, con– dotto con tale metodo, sarebbe stato divulgato e comprato. [I progresso, in pochi anni di vita nazionale, rag– g-iunto nel Sud d 1 rtalia 1 è addirittura enorme, in con• fronto alle condizioni arretrate precedenti all1unifi– caziono. "Ma esso non rag-giungo il livello del Nord d'l'talia; è meno rapido nel movimento di ascensione dì quello nordico; se altre forze correttivo non so• pravvenanno, produrrà lo spezzamento tra lo due ftalie . .Ma. poca evoluzione borghese, mancando la grande industria e un grande sviluppo commercialo, è bastata a produrre un grande progresso: se la bor– ghesia meridionale non potrà dare di più, ci sarà il sollevamento proletario delle campagne a fare spa– rire la presente inferiorità dell'Italia meridionale. Ricercando le cause d.i questa inferiorità nella di– versità originaria di razza, si resta bloccati in una conclusione infeconda di miglioramenti umani, perchè 11011 è sperabile mutare le stigmate antropologiche della fatale inferiorità; l'antropologia si fa mezzana degli interessi conservatori 1 ovvero di\•enta strumento ùi truffa politica per assodare la superiorità sfrutta– trice di alcune regioni a danno di altre. Invece noi vogliamo costringere gli studiosi del problema meri• dionale a mettere i piedi a terra, per discutere dei rimedì, essendo quel problema di carattere storico e quindi eliminabili le cause del male. Le differenze etniche, che voglionsi elevare a fat– tori di moderna superiorità nordica, tra i Mediter– ranei e i Nord•Europei 1 esistevano pur quando i primi davano al mondo le più gloriose civiltà del passato e i secondi erano del tutto barbari. La ci• viltà, secondo i mutati bisogni 1 ora richiede le atti• tudini più proprie di dati popoli, ora quelle di altri; ma, in questa vicenda, i primi incivilitori possono essere sorpassati in ricchezza e potenza, ma non ri• cadere nella sorpassata barbarie. Nel campo della produzione, il lavoro libertario dell'artig·ianato e delle liliere professioni clà. la superiorità. ai latini; invece quello associato e metodico della grande industria capitalistica e dei servizi pubblici dà la superiorità ai Xord-guropei. Però l'organizzazione proletaria tende verso un nuovo tipo di produzione, dove il lavoro sarà associativo nel fine e libertario nel mezzo, cioè si associeranno liberamente gli interessi anzichè accasermare gli individui. Come nei popoli nordici, con la loro smisurata prosperità odierna, troviamo conservata, in fondo al loro carattere) la primitiva durezza e pesantezza di costumi, così i più civili popoli antichi troviamo che possedeano 1 fin dalla loro epoca gloriosa, i caratteri della presente inferiorità: i Greci di 'l 1 ucidide e di grodoto fanno intravedere i difetti che hanno reso così fiacchi i loro discendenti nel mondo moderno; i La– tini sono sempre idolatri in religione e in politica con la devozione al santo e al granduomo, da cui sperano ogni miracolo. I Greco-latini hanno dato le vite di Plutarco; gli Anglo-sassoni dànno il controllo politico dell'opinione pubblica. [ meridionali hanno forme più disinvolte e un po' sbarazzine; i nordici sembrano macchine che si caricano per ripetere uni• formemente il loro movimento. La maggiore attitu– dine dei nordici alla disciplina militare e al lavoro organizzato deriva dall'indole compassata e metodica. Vaffermazione della decadenza latina conduce, anche contro la intenzione dei suoi assertori, a con· elusioni militariste ed imperialiste. Decadenza di che? Non certo della vita civile e deJ!a prosperità economica, indubbiamente più progredite e più svi– luppate delle rispettive epoche di dominazione im– periale llelle nazioni latine. Queste furono sorpassate, è vero, in prosperità dalle nazioni dell']~uropa set– tentrionale; ma hanno, alla loro volta, sorpassato di gran lunga la loro antica prosperità: lo sviluppo della ricchezza francese è vernmen te sorprendente. La decadenza è solamente militarista ed imperialista. Le legioni romane non più tornano ·cariche di me– talli preziosi e di marmi rubati ai popoli della terra, e non più fanno schiavi i vinti per destinarli al li-t· ,•oro servile e alla costruzione di monumenti cesarei; non pili la Spagna dei gesuiti tiene in ceppi i popoli dei due mondi; 11011 più lf1, Francia di Carlomagno e di Napoleone può aspirare alla monarchia univer– sale. Nel decrescente aumento delle nascite sulle morti in Francia, che può essere un indice di più diffuso e più sicuro benessere, si teme la iuferiorit:'i numerica, non altro, dell'esercito francese, special– mente di fronte a quello tedesco. E' curioso poi ve– dere che in rtalia si combatta il militarismo in nome dell'asserita decadenza generica 1 mentre la decadenza, dall'[talia romana all'Jtatia moderna, non è che mi· litarn. Nello stesso glorioso risorgimento nazionale degli Italiani si palesò la loro inferiol'ità. militare. In esso, anzi, noi vediamo un maggior merito cli rinnova– mento civile, in quanto, per raggiungerlo, furono re– lativamente pochi i fatti d'armi e cli non molta gloria militare per gli Italiani: gli A ustrjaci furono in Lom– barclia vinti mercè l'ausilio delle armi francesi; il movimento unitario dell'Italia centrale fu compiuto quasi pacificamente; nelle Due Sicilie furono in con· flitto Italiani contro Italiani; e la liberazione ;.!.ella Venezia si ottenne con la vergogna di Custoza e di Lissa e con la umiliante cessione per via dello Im– peratore dei J.i'rancesi. Il valore personale e il co• raggio eroico, di cui han dato sempre gli Italiani largo esempio, non prova clte essi abbiano attitudini ad un ordinamento militare più proprio di epoche e di popolazioni ancora barbare. Gli Italiani ebbero in Africa batoste dagli Abissini, e nessuno, nemmeno lo stesso J\[enelik, ha ritenuto gli sconfitti meno civili dei vincitori. 3° - J,a assenza della, inferiorità. m('ridionnh•. J caratteri differenzia.li tra gli Italiani del Nord e (l·uelli del Sud si possono ridurre ad uno i:itesso de– nominatore, perchè tutti si fondano sulla denutrizione fisica e morale dei meridionali per povertà produt– tiva. Se l'Italia meridionale finisce piit propriamente al Rubicone 1 identificandosi con quella dell'epoca re· pubblicana di Roma, l'ftalia latifondista finisce un po' prima, nella valle del Tevere. Da Roma in giù abbia.mo la steppa che si avanza dall'Africa ed è rotta dal Mediterraneo, come descrivemmo in un ap– posito capitolo di questo studio, al quale rimandiamo il lettore. fn che consista la inferiorità agricola la– tifondista e da quali fattori sia mantenuta, abbiamo a sufficienza svolto e non possiamo ripeterci. Da essa deriva ogni causa d'inferiorità economica e socia.le. Vincere tale povertà, aumentando, per mezzo dell'or• ganizzazione dei lavoratori, la produzione ora scarsa ed incerta dei latifondi, è il principale rimedio per risolvere il problema meridionale, e per fare degli ftaliR.ni un popolo non secondo ad alcun altro. Il diritto quiritario di proprietà e di conquista, sfrut– tando le spontanee facoltà pl'oduttive del suolo me• ridionale come una miniera, e con scarso lavoro cli braccia, ha tratto dalla terra la ricchezza oziosa per pochi signori e la fame per gli altri. Le terre natu-

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