Critica Sociale - Anno XIX - n. 10 - 16 maggio 1909

CRI'l'ICA SOCIALE 147 lisce la uosLra struttura di bilancio, e verrà. il punto in cui la rivelala debolezza sminuirà. il cre– dito statuale, che più vivido splende oggi, perchè è più vicino, forse, a spegnersi. Non credo che la democrazia dovrebbe essere contraria ad un savio arrlimento. Dico di più; credo che siamo sul bivio e ci tocca scegliere fra il tor• nare a. posizioni superate di protesta, cli critica negativa, di pura opposizione, o additare uoi stessi le l'onti per fare finalmente le riforme. Le que– stioni finanziarie abbrancano l'J~strema, imprepa– rata fors'ancora, ma quanto diversa da quel pugno di precursori che, a<l ogni bilancio, diceva no col ritornello i.! evviva il socialismo n o " evviva la democrazia "! . .. Etl ec co l'urgenza. òi prender posto. Le spese rnilitu.ri passano, raffica inevitabile, sul nostro paese. S ono 45 milioni, per cominciare, nel 1909; e il Governo conta di fronteggiarli co! gettito or– dinario di bilaucio. E' sempre il grnno che fa da Atlante al hilancio. I dieci centesimi di tassa sn ogni chilo di pane dovrebLero divenire baluardi, cannoni, D,·eadnoughts. Così calcola il Governo. E noi che faremo? Protestiamo pure, se volete. Eleviamo contro l'aumento militaresco l'impotente protesta <lei nostri no, minati da parecchie riser..-e mentali. l\la credete sul serio che ciò impedisca, d'uu momento e d'un soldo, il fatale andare del– l'aumento guerresco? Se lo pensasse, qualcuno di noi, forse, non 13i assumerebbe la responsabilità del no, innocuo e sonoro. .Bisogna prenrler posto con le riforme che co– stano. Al bilancio della guerra contrapporre quello delln pace sociale. Insisto fino alla sazietà su queste, che, mo,·e italico, tendono a divenire frasi fatte, se non soccorre un'opera pronta. Si combatta pure, pel bel gesto tli partito, contro l'ine\'ita.bile; ma si faccia in modo da otteuere, almeno, un abbi– namento <li più benefiche spese con quelle del dio Marte. Jn una simile tesi couvenirn. meco, tempo fo,, 1I 1 ilippo Turati, pur giustamente insisteurlo che non si venda il pret:iente per le promesse riformi– stiche rimandate sine aie. Appunto, ad evitare il giochetto, conviene µrendei· posto subito, co11 i<lee chiare, durante la discussione delle sµese militari. lo comincerei con l'obbligatorietà parziale delle assicurazioni per la vecchiaia. Lnzzatti propone <li rendere obbligatoria l'assicurazione per gli operai da 20 a 30 annii e prevede una spesa da 5 a. 10 milioni. Anche inizialmente, vorrei qualcosa di più largo ed efficace: ampliare il periodo d'età; e por– tare la spe"a a 30 o 40 milioni. La cosa, tecnica– mente, è possibile; rafforzerebbe l'Istituto statuale della previdenza, sul quale dobbiamo raccogliere cure affettuose e rinnovatrici; getterebbe il primo pilone del ponte. Fate penetrare, sia pure parzial– mente, il principio dell'obbligatorietà; e farà cam– mino eia sè. Afferriamo il clito; avremo tutto il braccio domani. Ecco perchè mi meraviglio <lei discorsi di alcuni autorevoli capi del moto operaio che ciicono: "così pochi milioni? sciocchezza! noi vogliamo tutto! vogliamo i 300 milioni clella Francia e dell'Inghilterra! ,, Chiedere tutto può aver l'aria di non volere nulla. Accanto alle pensioni la scuola. L'Italia va re– denta dnlla stui maggiore vergogno, che svigorisce e infetta le più utili conquiste dell'efflusso migra• torio, e scava un canale profondo di odì e pregiu– dizi!fni due Italie, abbandonando quella meridio nale allA. corruttela. ciel Governo e delle cricche dominatrici. Avanti contro F,innlfabetismo! Rifac– ciamo la spedizione dei Mille, e i nuovi garibaldini siano i maestri! C'è un moto magistrale per la ri formn del la scuola, che merita ogni simpatia, specialmente se edterà anche gli innocenti accenni scioperaiuoli, e subordinerà le domande di maggiori stipendi alla istituzione di nuove scuole. Pensioni e scuole sono spese cui non si può far fronte con debiti. I debiti sono buoni per far la• vori, ricostruire i boschi e la ricchezza delle acque, mettere in valore il paese, con spese che si pa– gheranno ad usura, da sè. AIle riforme più spe– cialmente sociali, per dare il pane della coltura all'infanzia ecl un po' di pane-paue alla vecchiaia dei lavoratori, si dovrà provvedere, rinnovando il sistema. tributario. Sotto la pressione delle masse operaie, si scioglied, il voto della vecchia demo crazia parolaia, sventolato in mille programmi elettorali . La riforma tributaria è uua necessità sotto ogni aspetto, se vogliam.o le altre riforme. Pur ieri so– stenemmo ad oltranza lo sgravio del dazio iniquo sul grano. Ma non vogliamo rinnovati gli errori dell'aboli1.ione del macinato. E, se si vuol togliere l'esoso balzello, si vuol provvedere insieme al buco, rli cinquanta µiilioni almeno, che si aprirà. nel bi– lancio ordinario. Non è l'ora. di indebolire, ma di rinforzare il bilancio dello Stato. Ed ogni cam– pagua rli sgravi, che non sia fo<lernta di buone proposte per compensi fiscali, è un tra<limeuto contro il nostro riformismo. . .. Nou si pretenderà, su' due piedi, nn progetto di riassetto tributario, in questa causehe, che e scritta ricalcaudo Peco delle chiacchiere fatte a voce con l'amico '!'urati. Grave bisogno è delineare lo sche– letro della riforma; e il .. dettaglio~ non spetta a partit.i <l'opposizione. Basterà a noi un indirizzo chiaro e preciso, e l'indicazione delle fonti, cui si deve attingere. . Non è difficile trovarle, e tali che possano ser– vire anche ad un più cauto fìnaDziere. Col restringere il margine di protezione degli zuccheri indigeni si possono ricavare Lenissimo uua decina di milioni. Una imposta supplementare sul reddito (che cominci, ad esempio, da 10 mila lire i u su) può gettare 40 o 60 milioni, st;nza tm·• ba.re l'economia nazionale. Accenno a questo pro– gram ma a scartamento ridotto, che anche qualche finauziere delle pantofole ha con~entito essere possibilissimo e per nulla rivoluzionario. Potrei additare anche altri cespiti, ,h più delicata prepa– razione, nella tassazione dei monopoli privati, e nella creazione del monopolio delle assicurazioui. l\fa non continuiamo, per non perderci in problemi troppo tecnici per la nostra caus cJ'ie. A i rappre• sentauti nostri alla Ca.mera spetta tratta.re il pro– blema, formarci (lelle idee-leve, me tterle i n azione, per varcare <)Uesto ponte dell'asino della demo– crazia sociale. La vecchia frase di 01adstone, che la finanza è il tallone di Achille delle forze cle– rnocratiche, assume nuovo e concreto significato per le que stioni operaie. Mentre, da.ll' lnghilterra, Llyod 0eorge i:itupisce il mondo con u n riassetto fiscale sì ardito, eh.e si grida al socialismo in azione; mentre, in Francia, Caillaux guida il suo progetto, che è pure di larghe linee, tra le secche delle Commissioui pal'lamentari; mentre, in Germania, Blllow vuole con nuove tasse ripianare il deficit progressivo e non si preoccupa di nuove concessioni sociali, leviamo noi, dai banchi dell'Estrema 1 la questione tributaria in ltalia. Finora, nei periodi •li storia finanziaria che ab• biamo rapidissimamente accennati, noi siamo stati assenti. Abbiamo subìti i dati fiun.nziarì, manipo– lati dai partiti al potere: il più spesso non li abbiamo compresi. Prendiamo posto, ripeto, qui,

RkJQdWJsaXNoZXIy