Critica Sociale - Anno XIX - n. 2 - 16 gennaio 1909

CRITICA SOCTALE 27 nel bivio o di la.sciarla fare o di protestare ad ogni quarto d'ora contro gli sconfinamenti minuscoli che essa. andava compiendo - questo nulla detrae al diritto, che hanno gli Stati, i quali hanno con– fer;to il mandato dell'occupazione, di dire a un certo punto: ora basta. Possono lasciar correre; ma hanno sempre il diritto di opporsi. E lo Stato occupante, che si spinge innanzi a testa bassa, in– fischiandosi della opinione di coloro, dal cui con– senso dipende in diritto la sua posizione <l'occu– pante, non fa in fondo se non annullare quel trat• tato, da cui l'occupazione è stata consentita. Per trent'anni PAustria. non ba fatto in Bosnia se non far diventare sempre più piccine le bandiere del sultano e sempre più grandi le bandiere proprie; gli altri Stati firmatari del trattato di Berlino non sono andati ogni giorno a misurare le bandiere e a consta.tare se le proporzioni primitive rimane– vano intatte. Ma, quando l'Austria ha soppresso senz'altro Pultima striscia, e ha tentato di prescri– vere per sempre il diritto altrui, era naturale e legittimo che gli altri protestassero. O prima o poi i nodi dovevano venire al pettine. I trattati internazionali - in questo l'onorevole Tittoni, il barone di Aerenthal, l'amico Vivante ed io ci troviamo d'accordo i ed è molto nell'inte– resse della pace! - i trattati internazionali non sono pagine di vangelo, indiscutibili ed eterna– meut.e inviolabili. E meno che mai il trattato di Berlino, che fu una delle più inique costruzioni rliplomatiche macchinate dal genio infernale di Ottone di Bismarck a vi lipendio di ogni principio di naziona.lità. - Ma i tratta.ti devono essere ri– ve,luti d'zìccordo fra le potenze interessate, e non infranti a beneplacito di una sola, se non vogliamo sostituire, all'attuale sistemtL assai imperfetto di rapporti più o meno pacifici, un vero e proprio non-sistema di continui briganteschi colpi di mano, il qual.e ci condurrebbe a uno stato assai peggiore dello stato attuale, che pure non è bello davvero! Di siffatti colpi di mano - dice il Vivante - contro il Trattato di Berlino, ne sono stati perpe· trati parecchi fra il 1878 e il 1908. Ed è vero. Ma non deve giungere mai il momento di dire: basta? Nel 1878 non esisteva, nè iu Austria 1 nè in Italia, un Partito socialista capace di esercitare una no– tevole pressione sui Governi; e solo in questi ul– timi anni questa pressione ha cominciato a diven• tare possibile. Ebbene, questo /àUo nuovo deve rimanere senza risultati nella politica internazio– nale? E noi dobbiamo lasciare che le nostre di· plomazie continuino nei vecchi metodi per il solo motivo che han fatto sempre così? Io non so se la Francia si passerà un bel giorno i I g1tsto di deporre il Bey di 'l 1 unisi, e se l'Inghilterra dichia– rerà. di annettersi definitivamente P ~~gitto: se queste iniziative avverranno col consenso ili tutti gl'interessati - e il consenso nou avverrà certo senza congrue transazioni - i socia.listi francesi e iuglesii dal punto di vista dei loro doveri interna– zionali verso i partiti socia.listi degli altri paesi, saranno perfettamente in regola accettando i fa.tti compiuti; ma, se la }.,rancia e l'[nghilterra agi– ranno di prepotenza, come ha h.gito nella que– stione della Bosnia. l'Austria., i socialisti inglesi e francesi fa.ranno male a non protest.are, proprio come han fatto male in questa occasione a stare zitti o a parlar male i socialisti del!' Austria. .·. In un aolClcaso la violazioue c\lun trattato per iuiziativa esclusiva di una delle parti pttò e deve essere da noi socialisti consentita - ed è questo il principio che deve clistinguere noi dai diplomatici e dai generali, per i quali la forma è tutto e la. sostanza è nulla, e una conven~ioue per essere buona non ha bisogno che di a.vere tutte le firme iu regola: quando un popolo afferma la propria autonomia e si sceglie in piena sovranità le forme politiche in cui intende svilupparsi, allora è ca– none di politica democratica e sociali sta, ch e quel popolo esercita un diritto: e, se i tratta.ti souo contro il suo diritto, tanto pegg-io p er i tr attati. Così l'Italia violò il trattato di Vienna nel costi– tuirsi a nazione. Così la Bulgaria ba violato il tra.ttato•di Berlino dichiarandosi indipendente dalla 'l 1 urchia. - Ma l'Austria di quale popolo si è fatta. liberatrice annettendosi la Bosoia per tutta l'eter– nità? Quando nel 1875 i contadini bosniaci insorsero contro i musulmani, la immensa maggioranza di essi non si sognava affatto di affidare le sue sorti all'Austria: essi guardavano al ~[ontenegro e alla Serbia. E, mentre serbi e montenegrini combatte– vano disperatamente in difesa dei consanguinei ane– lanti a libertà, Vienna e Budapest facevano dimo– strazioni a favore del Sultano. L'Austria-Ungheria non intencleva che sorgessero alle sue frontiere di Mezzogiorno due saldi organismi nazionali, che sarebbero stati di ostacolo alla sua espansione bal– canica; le ambizioni militari e commerciali austro– ungariche dovevano prevalere sut diritti della pO· polazione insorta. E il Congresso di Berlino dette ragione alla forza contro il <li ritto. E, non potendo restituire la Bosnia alla 'l\ll"chia, non volendo an– netterla al 1'Iouteoegro e alla. Serbia, e compren– rleudo l'assur<lo di farne una provincia autonoma, dilaniata perennemente dall'anarchia interna e ti– rata di qua e di là dalle forze esterne i - ue affidò l'occupazione e l'amministrazione all'Austria. Fu un'infamia., la quale aveva per lo meno l'attenuante di non essere definitiva, di non distruggere per sempre il. diritto della gente serba a formare una unica famiglia politica, <li lasciare dischiusa una porta verso un meno infausto avvenire. - Con la aonEtssione definitiva della Bosnia all1Austria, la porta. si chiude a spranghe di ferro e l'infa.mia è consumata per sempre. E i socialisti dell'Austria. trovano che l'annessione è semplicemente ... una gaffe. E lasciano tranquillamente che il Governo perpetri questa. (Jaffe. E, non appena noi ce ne ri– sentiamo, ci vengono incontro col ramo d'ulivo, mezzo sorridenti e mezzo soaudalizzati 1 e ci gri– dano: "Viva l'Internazionale! ,, - Quale Interna– zionale? Quella in cui un gruppo territoriale - per es. il gruppo austro-ungarico - eserciterà. la pa1·te riel auce (stile Bebel); o quella. in cui non ci saranno duci, e ognuno - anche se si chiamerò. serbo o montenegrino - avrà il diritto di svilup– parsi in piena libertà? E badiamo che per la Serbia e pel l\Iontenegro la <lefiuitiva annessione della Bosnia all'Austria non vuol dire solo la distrnzione di tutte le loro legittime aspirazioni nazionali: vuol dire la per– dita a più o meno breve scarlenza di ogni ultima reliquia di autonomia politica nazionale. Basta guardare una carta geografica qualunque per ve– dere come il Montenegro, circoudato dovunque dalla parte dì mare con terra austriaca e avvolto alle spalle dalla progettata ferrovia Uvac•Mitrovizza, sia come un bambino soffocato nelle braccia di un gigante; basterà che FAustria s01·vegli il porto di Autivari e modifichi il suo regime doganale e or– ganizzi le tariffe della sua ferrovia iu morlo da impedire la esportazione cli ogni prodotto monte– negrino per terra e per mare, e A.I Montenegro non rimarrà. che o riuunziare aù ogni sviluppo economico, oppure entrare nella linea doganale au– striaca e dichiararsi vassallo politico dei\1Austria. Per questo il Montenegro chiede che l' Austria 1 nel

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