Critica Sociale - Anno XVIII - n.17 - 1 settembre 1908

260 CRITICA SOCIALE bellettuci di nuovo il viso e armarci di sorrisi per in– tonare il dolce: vieni meco, biondina Una politica più isterica di cosi non sarebbe possibile immaginare. Ora che, per la nosira sbadataggine, abbiamo incen– diato le case, invochiamo soccorso. Ora che il Governo tira innanzi allegramente senza di noi, anzi contro di noi, il sacro orrore aotimini.sterialista è scemato, come in quelli io cui l'amore nasce dalle ripubie. Una volta volgevamo il viso inorridito dalle lucertole; ora - e s'è visto alla prova- non ci spiacerebhero i rospi" più veri e maggiori ,,.Vorremmo con chiudere dei matrimoni politici, ma non troviamo amatori, o ne troviamo di quelli che si possono accogliere solo in arliculo mortis, per non .... morire zitelli. Il blocco - è orinai convinzione di tutti - ò ferito a morte. Lo finiranno gli amici che avrebbero potuto portarlo alle stelle: i riformisti. Ma questi troppo in– tesero la propria azione a materiare le formule vuote di realtà vive, per ridursi a ballare il can-can attorno a un ordigno, liberato 1 per forza di cose, di ogni serio contenuto. Rimarrà Modigliani a difendersi e a difen– derlo, ma l'abilità ed il vigore dialett.ico non potranno superare le barriere che gli avvenimenti hanno eretto. Oggi, per blocca1·ci 1 manca la sensazione di un pericolo imminente, manca la spontanea convergenza degli animi verso un lucido ed appassionato obbiettivo, manca l'im– peto della fede, non artificialmente creabile, mancano gli uomini. Più che sciuparci in un vano conato, bi– sogna preparare le condizioni da cui sorga il vero blocco, quello fondato su tutto un nuovo orientamento delFI– talia democratica e non sulla coreografia antipretesca. Ma, appunto perchè siamo contro il blocco non per apriorismi astratti, ma per necessità non sopprimibili di situazione politica, appunto perchè siamo contro la grande alleanza, per amore dell'alleanza stessa, o meglio per l'utile che - un giorno - il proletariato ne potrà ritrarre, noi vorremmo che - nella intran'sigenza rela– lativa della prossima campagna. elettorale - i socialisti si ricordassero che il senno e l'equilibrio mentale non danneggiano. I nostri buoni amici, quando sono convitati a.l ban– chetto elettorale, non hanno la elementare prudenza di lasciare qualche bottiglia prelibata " per migliore oc– casione,,. E,;si da.mio, allegramente, fondo alla cantina. Nella transigenza si scordano di avere una fisionomia, nell'intransigenza si scordano che il mondo non si esau– risce nel quarto d'ora che passa e assumono pose fre• mebonde e danno fondo al!o stoch degli imparaticci re• torici e magniloquenti, salvo rimangiarl!i le une e gli altri, a distanza di una settimana, per mantenere la.... tradizione liberale di un Collegio o per inviare al Par– lamento una malva radicale di più. Respingiamo pure, a cuor tranquillo, il gran blocco ... per anacronismo, ma conserviamoci intatti pel giorno in cui le u pillole di Ercole ,, avranno fatto il loro effetto. Risolto il problema della tattica, rinasce quello del programma o - più esattamente - quello della piat– 'taforma elettorale. Su di cui i dissensi non sono, per a.neo, quetati. Ai. due poli stanno i fautori della piat– taforma politica pura e i fautori di una larga piatta– forma sociale, Tra i termini opposti - ahimè - una nuova incarnazione integralista! Noi siamo, ri:.iolutamente 1 favorevoli alle piattaforme semplici, fos'le pure appuntate in un solo articolo di fede. Un'elezione politica è un episodio. Una legisla– tura è alcunchè di ben limitato nel tempo e nello spa• zio. Dhiperderci in cento obbiettivi è disperderli tutti quanti, è disorientare il corpo elettorale, è polverizzare le nostre forz~ e Fimpeto della conquista. Nè vale la preoccupazione della propaganda generica. Questa deve balzare dall'impostazione delle questioni, dal loro svol– gimflnto, da tutto il contorno di cui si possono fiorire. Alle elezioni si deve andare con una finalità determi– nata e, attorno ad essa, concentrare le nostre batterie a~salitrici. Co!'IÌsi vince sulle idee, o se ne prepara la vittoria a scadenza prossima. Con ciò non si abbandona tutto il resto, che fa parte del bagaglio di un partito, non si confonde semplicemente un fatto d 1 arme con tutta una complessa azione bellica. Ma, oggi, siamo noi in grado di impostare così sem– plicemente la battaglia elettorale? E poichè - in poli– tica - è Putilità prossima che sovrasta, possiamo noi sperare il massimo giovamento da una concentrazione di tutte le forz~ attorno - seguitiamo l'imagine mili– taresca - ad un unico bersaglio? A noi pare di no, perchè non possiamo sfuggire alla situazione che ci fu creata da un cumulo di errori e da un complesso di avvenimenti, su cui si può bensì recriminare e discutere, ma che non si possono revo– care se non a traverso una nuova riparatrice vigilia d'armi. L'abilità politica italiana non è nell'audacia, nel co– raggio delle situazioni, nella visione larga e nella pre– veggenza; è tutta in un sottile lavoro di adattamento, di smorzatura, di accondiscendenza eclettica. Machia– velli, Cavour, e - mi si perdoni - Depretis 1 Giolitti, hanno vinto non con altre armi. Siamo, così, giunti a tanto, che non abbiamo gli eccessi del bene e gli ec– cessi del male, respiriamo in una indistinta atmosfera grigia, che frena i voli e spossa le membra. Nè libertà sana, né reazione decisa; una libertà. reazionaria ed una reazione liberale! Un pizzico - bene scarso - di libera iniziativa e un pizzichino di legislazione sociale! Non troppi entusiasmi protezionistici, non troppi fu.J rori libero-scambisti! Un sistema elettorale ristretto, ma pure accomodante! Da qualunque lato ci voltiamo, urtiamo nella ovA.tta. Come è possibile, in un paese cosi fatto, in cui coesistono - per sovrammercato - tante opposte economie e tante tradizioni locali diverse, in cui non si è formata una prevalente corrente di inte– ressi omogenei e ben distinti, brandire un'arma unica? Come infonderemmo nei nostri coscienti operai del Nord, che sono quasi tutti elettori, salvo riservarsi il diritto di non votare, Pentusiasmo, che è sì gran parte di una vittoria? E come potremmo - con quell'unica piattaforma - attrarre ver:io noi tutti quei ceti medt, che possono - senza nostro danno e pericolo - gra• vi tare verso la nostra politica, se essi posseggono - iu effetto - il suffragio universale e sono assillati da bi, so~(ni che attendono un vicino soddisfacimento? Se è vero che ii fatto domina, e se è vero che le ideologie hanno minor presa dei bisogni e degli inte– ressi, se è vero che noi dobbiamo sforzarci di dare alla nostra azione una base realistica - pur sempre non cositringendola in una visione unilaterale e ristretta della vita - noi non possiamo, in quest'ora, aggrap– parci alia tesi politica unica e sola. Non trascuriamo che oggi noi dobbiamo, sovratutto, ricostruire. E allora ritorna in campo la piattaforma complessa, molteplice. Turati si accosta a Kuliscioff, •rrevtis è a mezza via. E tutti quanti siamo partigiani, sovra.tutto, di una piattaforma socia.le , finiremo per darci ritrovo su quel nov1:1lloint~gralillmo, prodotto schietto dell 1 Italia. 1

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