Critica Sociale - Anno XVIII - n. 15 - 1 agosto 1908
230 CRITICA SOCIALE Ma l'errore fondamentale ed essenziale, e in che s'irretiscono anche taluni più culti " benpensanti ,, che da' due errori anzidetti si tongon Jontani) si ò quello, per via del quale solamente coloro, la cui coscienza politica o sociale è perfettamente all 1 unis– souo col reggimento, sì politico che sociale, dell'ora ch13 corre, avrebbero, a stretto rigore, di fronte alla morale più austera, il diritto o la facoltà di domandare " alle istituzioni i mezzi di sbarcare il lunario ,,, e tutti gli altri, che han la disavventura o il nrnJ~usto cli non trovarsi in una così felice con– dizione di spirito, " darebbe,·o "' tissidendosi nella macchina dello Stato, " una mediocre prova di ro– bustezza di carattere n· Errore ancbe questo, che trae sua ragione da un sofisma di confusione o, per esser più es11lti, di manco di distinzione. Per vero, dello molteplici ma.nsioni dello Stato moderno, soltanto alcune sono - e anch'esse non del tutto e, con l'evolversi dello Stato stesso, sempre meno - collegate da un vincolo di necessità a quello che si soglion dire le istituzioni, e non tutte, nè a. tutto, nella medesima misura.; cd esse sole implicano e richiedono una leule adesione, in coloro che vi sono addetti, alla forma vigente di Governo. Così - e lo diceva anche testè il '!'urati - non possiam conce• pire, in uno Stato monarchico, un prefetto repubb– licano, e viceversa ( 1 ). E parimenti son male a posto gli ufficiali dell'esercito e della marina, che accol– gano e perseguano ideali antidinastici. Ma che rap– porto, sia pur remoto. di parentela vi ha mai fra tutte le altre mansioni dello Stato e, por seguitare a prender come esempio l'i:3tituzione tipica, la monarchia? Che anima dinastica vi ha mai, e vi può mai essere, nei servizi pubhlici, dai più mn.teriali ai più ideali, da quello, exempligratia, dei trasporti a quello dell'i– struzione? e ,·e ne ha uno solo cli questi servizi che possa avere un andamento diverso in una repubblica da quel che ha in una monarchia e che. sostituen– dosi un giorno quella a questa, possa e debba essere soppresso? O non ottemperano essi piuttosto, e sola– mente, a una esigenza umana e sociale che non ha stemma nò berretto frigio? E allora perchè mai il rnaC'chinista ferroviario, il portalettere, il professore, il bibliotecario (torniamo al dott. Nurra !) dovranno al di qua del Varo avere in cima ai loro ideali la croce di Sa,•oia e al di là il pizzo e il ciuffo di monsieu,· Fn.llières e oltre il Quarnero l'aquila degli Asburgo? E perchè mai, se sono u sovversivi ,, o anche solo si permettono di innalzare quotidiana– mente, prima di " far lor arte 11 , al dio, celeste o italo-s,•izzero che sia, il qual presiede all'evolversi della storia, una preghiera non perfettamente orto– dossa - la preghiera, per esempio, qui sulle ereti– cali colonne della Critica intonata, nel mese di Maria, da Giuseppe Hensi - dovran sentirsi dire dai ca– toni, dagli uomini tutti d'un pezzo cli via Solferino, che hanno una gracile e ambigua coscienza? A questa stregua, dovrebbe il Lombroso fare il bel gesto di piantare in asso la sua gloriosa cattedra di antropologia, e il Pullè volger lo spalle alla scuola di glottologia e andarsene .... a insegnare il sanscrito in India, e il Ricchieri - per citarne uno della fa. miglia della Critica - rinunciare sdegnosamente al suo posto di professore di geografia nell'accademia scientifico-letteraria di Milano! Porse lo seri ttore del Corriet·e della Sera non vo• leva arrivare a queste conseguenze o non si rendeva ( 1) E prqaegulvfl domandando, al Governo o alla magglor1rnzn, gli spiegassero di grazia - a 11roposuo, per csomplo, delle te1erontste tiuale rapporto, sta pure tndirelllnlmo, calate fra la questione ae delibasi preferire la monarchia o la repubblica e l'obbligo di nccnre ra11tdnmente e diligentemente una spina In un l)uco. l,n Cameri\ rl110 (si approvava a tamburo llattcuto la legge dollo stato gl11rldloo), mR la. domanda rtmaao senza risposta. conto che esse erano necessariamente implicito nelle sue parole. :Ma non vorrà, comunque, egli sostenere che, caso mai, non devono essere i più insigni rnae stri a dare esempio di gagliardo carattere, bensì soltanto il gregge più numeroso e modesto de' più umili " funzionari ,, ! . . . In conclusione, anche quella del lealismo ò una pretesa. e una menzogna convenzionale da relegare fra i ferravecchi reazionari dei tempi anelati. O esso, il lealismo, risulta indefettibilmente dall'indole stessa e dall'oggetto dell'ufficio, a che lo stipendiato dello Stato è addetto, e non è materia dì discussione; o è, come nella più parte dei casi, qualcosa che non ha nessuna relazione, nè estrinseca nè intrinseca, con esso ufficio, e allora si J)llÒ essere in pnri tempo uomini cli robustissima e schiettissima coscienza e, non pur 11 simpatizzanti ,,, ma militanti dei partiti dell'avvenire. xy. NON ESAGERIAMO! (Riposo festivo o settimanale?) Assistevo giorni sono in Firenze a un comizio, in cui Angelo Cabrini tenue uno di quei suoi discorsi pieni di ve,·ve ma anche di profondo senso pratico, che rendono giustamente simpatica la sua oratoria non solo alle masse, ma anello alle persone più esigenti. E ml colpì specialmente una sua certa Insistenza sulla necessità di allargare il riposo festivo a tanto altre categorie di per• sono - lavoratori d'ogni specie - prime fra tutto quella dei postele(lraflci e, in parte, del ferrovieri, o poi anche dei camerieri e delle fantesche. :Metto da parte ora i ferrovieri; ma l'esempio dei po– stelegraf\ci e dei camerieri par tatto apposta per dimo– strare l'assurdità del riposo festivo, la quale deriva da ciò, che noi nell'agitazione di tanti anni ci siamo preoc, cupati, più che dell'interesse del proletariato, di quello di certe classi intermedie e anche piuttosto refrattarie al movimento socialista e quindi dal nostro punto di vista trascurablli 1 i commessi di •:ommercio, Il riposo festivo nell'offlcina si andava gradatamente affermando ed era quello che pili doveva interessarci, nonostante che tosse il più difficile; noi invece comin– ciammo a lottare in favore del riposo festivo nel com– mercio, e cioò a danno dei consumatori. Io penso che il merito del socialisti milanesi nell'ul– tima campagna amministrativa sia stato nel richia– mare l'attenzione del partito sul consumatore. Ora che le diverso categorie di lavoratori appaiono spesso, se non contrastanti, almeno divergenti fra loro, minac– ciando quell'unità. proletaria che ò la forza di questa classe di fronte allo altre, il partito socialista ba I! còmpito di rinsaldare l'unità. L'interesse del consuma– matore può essere appunto il più forte legame econo• mico tra le varie categorie lavoratrici e insieme Il mi• nimo comune denominatore degli Interessi di tutti. In– vece in questa agitazione noi non ci abbiamo neppur pensato. Rammento le solite obbiezioni: c'ò bisogno di com– prare la domenica? Ogni uomo deve acq ulstare le pre• chue doti della formica e ammassare tutto .... dal giorno avanti, o attendere - secondo si fa in qualche città. - un giorno di più una lettera che deve di3truggere qual– che piccola ansietà, una cartolina-vaglia che deve per– mettere magari cli mangiare. Non ro del sentimento; ma gli inconvenientl enormi non si possono negare, anche col mezzo riposo, come c•ò ora. in tanti utflci o nella maggior parte delle botteghe. E s'ìntende che non alludo ai difetti provenienti dalle deficienze della legge attuale o della sua applicazione, ma dal suo principio informatore. Cos'avverrà se questo avrà. la massima estensione? Cosa sarà del trionro del riposo festivo, che spesso ò il trionfo della sbornia, il giorno in cui - il cielo ci scampi - la domenic a non ci si potrà più muovere e blsognorù. scoppiare di fa.me,
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