Critica Sociale - Anno XVIII - n. 14 - 16 luglio 1908
222 CRITICA SOCIALE Secondo me, converrebbe poi arginare il sistema, italianamente prevalente, delle Cooperative a pro– prietà individuale delle case j sistema che presenta incognite e pericoli finanziari, e che non giustifica il particolare favore dell'ente pubblico. Le Coopera– tive, che tendono a far diventare proprietttrì i loro soci al minor prezzo possibile, sieno aiutate alla stregua degli imprenditori privati; e si faccia una categoria a parte, pleno j1we, delle Cooperative che mirano a costituire una proprietà indivisa del gruppo o ceto dei cooperatori. Se a questo punto non vuol spingersi la previdente esigenza dell'Ente tutore - forse tenero della molla economica della piccola proprietà e sognante un'ari– stocrazia di operai 1 padroni delle loro casette - si cerchi almeno di introdurre clausole rigide ad evi– tare che la proprietà delle casette o degli apparta– menti sia alienata 1 e che, dopo qualche generazione, il patrimonio messo assieme coi faticosi aiuti della collettività si trovi tutto in mano di quegli usurai edilizii, che esercitano " Pindustl'ia degli aumenti dei fitti n· Quali gli aiuti alle Cooperative, degne per strut– tura e per forze? Oltre alle concessioni di aree - che dovrebbero avere speciali favori pel pagamento a rate lievissime - giova pensare all'alimento del credito. Siamo pur troppo lontani dalle centinaia di milioni accordati dalla legge tedesca alle Cooperative per case! G-li studi del Ferraris e del Badoglio mo– strano quanto cammino abbiamo ancora da fare j mentre ogni dì più si fa chiaro, anche in questo campo edilizio, che, senza credito, la cooperazione intristisce e dissecca; ed il suo seme di futur0 va sperduto. Domati, mercè la tutela delFistituto o del Comune, gli appetiti esorbitanti del cooperativismo fatuo, si rende possibile la mediazione degli enti tutori per procacciare alle Cooperative i capitali oc– correnti. Se v'è caso in cui sia ammissibile per un ente pubblico la funzione di banchiere, è questa, purchè sulla vigilanza normale s'innesti un nuovo presidio di cautele circa l'investimento ed il ricu– pero delle somme mutuate. Altra forma d'aiuto alle Cooperative sarà poi l'al– leggerirle della grave cura dei progetti e della di· rezione tecnica, che decima le risorse dei piccoli organismi. Gli Uffici tecnici del Comune o dell1Isti– tuto per le case popolari dovrebbero mettere a di· sposizione delle Cooperative, che vogliono costruire, disegni e tipi convenienti (con ciò si otterrebbe an– che una maggior regolarità ed un decoro estetico), e prestare l'opera dell'ingegnere ndl'esecuzione dei lavori; cui direttamente iosterà, spronando, l'interes– samento oculato dei cooperatori. Gioverà inoltre che anche- le piccole Cooperative siano poste in grado di approfittare dei vantaggi della grande industria nella fabbricazione; dove, come è noto, la massima economia proviene dalle provviste in grande. Comune o Istituto, dovendo procedere ad impianti ed acquisti di materiale per le loro case, mettano a parte della loro " organizza– zione su vasta scala n le Cooperative vigilate, e for– niscano il materiale al prezzo di costo. Soltanto con una molteplice azione che, come quella delineata, sceveri e sorregga i sodalizi della coope– razione edilizia, si può sperare da essi un contributo sensibile per risolvere la crisi. Certamente però questo contributo non potrà essere mai in prima linea, eJ. eguagliare le due correnti di forze costruttrici, su cui principalmente conta il nostro politeismo: da un lato la speculazione privata, dall'altro l'intervento del Comune e di quegli enti che eccedono dal carattere cooperativo, per diventare veri organismi pubblici. Voglio dire l'Istituto per le case popolari e l'Istituto per le case degli impiegati. !if~VCC!O RU!Nl. LE CASE.ALCOM UNE<') Ccira CJUTICA, Consenti che risponda poche linee all'articolo di Guido Galli apparso nel tuo numero del 1° giugno, sintetizzante il desiderio e il programma di una municipalizzazione della casa, o, se ben comprendo, almeno della casa po– polnre? E permetti aggiunga lo poche linee, perchè ragioni di studio e di sentimento mì fanno partecipare da dieci anni, o direttamente o indirettamente, a taluni dogli sforzi che si vanno compiendo in Italia per la rigenerazione della casa; della quale rigenerazione penso, valere essa assai più come arme profilattica materiale e morale, che non cinque secoli di medicina curativa, o dieci lustri di propaganda educativa, orale o scritta, in mezzo al popolo. Oggi più che mai, da che i rapporti tra l'addensa– meuto e la cattiva struttura della casa assumono un si– gniflcato particolare in rapporto a taluni fenomeni de– mografici; e per chi avesse vaghezza di trovare mate– riato nei rilievi statistici, e provato con dati numerici di sorprendente luminosità., quanto ò noll 1 opìnione gene– rale nebulosamente, consiglierei di leggere la istruttiva 1 Relazione recente sulle case della capitate francese in rapporto colla tubercolosi. j Tutti d'accordo, perciò, nelle premesse: non solamente la domanda di alloggio è superiore all'otrerta (almeno nei grandi centri urbani), ma lo stato della grande mag– gioranza. delle nostre case è intollerabile. In talune città. , zone intere non meritano altra soluzione se no·n il pic– ,1 eone demolitore, o, se si vuole essere letterariamente più spicci, la dinamite risanatrice. Anche si può accet– tare il .concetto generale che le case popolari rendono più delle case di abitazione per la piccola borghesia o per la borghesia agiata; tanto vero che in Milano sonvi costruttori avveduti che fabbricano (i nomi salgono con facilità allo labbra di ognuno} procurandosi denaro a tasso discretamente elevato, e riuscendo ugualmente in quattro lustri a diventare padroni dello stabile coi pro– venti dello stabile stesso: fenomeno curioso di autodi– gestione economica che ha pochi corrispondenti bio– logici. Dove cominciano i sospetti intorno alla questione, è quando si paria di rimedi. Il Galli pone delle premesse: gli istituti autonomi (un prodotto ibrido - nel senso fisiologico della parola - tra i desideri rinnovatori della casa. e la mancanza dei mezzi), e in conseguenza ancor meno glì altri organismi che hanno cercato di aiutare la risoluzione del pro– blema, non possono risolvere coll'efficacia del Comune il quesito. Seconda premessa: il Comune è un capach1simo co– struttore ed un ottimo proprietario. Ora, questa premessa ultima meriterebbe una diluci– dazione. L'esagerazione, contro l'attitudine da parto dei Municipi di esercire delle industrie, è almeno pari alla esagerazione jn favore dell'intervento municipale. Il Municipio può essere un ottimo costruttore, ma difficil– mente sarà. tale. Le ragioni teoriche stanno in suo fa– YOro:la comodità di costrurro su vasti plani prestabi– liti, di porre impianti stabili per la lavorazione cli ta– luni materiali costruttivi, ecc., ecc. ( 1) Questo articolo d0Y8VfL appllrlrc, se lo spazio non Cl fosse m11.11c11,to, neJ\11, Cdtlca del 16 giugno. Chlcdlamo scusn nll'ogrcglo çol\aboratoro del non volontario ritardo. \r.'ota della CRlTICA),
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