Critica Sociale - Anno XVIII - n. 12 - 16 giugno 1908

CRITICA SOCIALE 185 perchò - da poco - la democrazia) con vigoroso attacco, ba stmppato ai partiti del passato alcune posizioni magnifiche, e ha il do,·ere e Pintcresse di dimostrare che essa porta con sò, non il vano muta– mento degli individui, ma un impeto nuovo e sovra– tutto un largo o 1>rofondo senso dei bisogni delle masse. Ma, per ciò 1 conviene che non solo si spolverino i vecchi progrnmmi 1 dalle formule larghe ed clastiche, ma conviene che se ne precisino le linee, si allarghi la veduta nostra oltre la cerohin. che la consuetu– dine e la pigrizia intellettuale hanno segnato. ro mi p1·opongo di esaminare alcuni prohlemi, che mi paiono di alto significato e di ampia ri1>ercus• sione, e che pur non ebbero finora sufficiente acco– gli<'Hza, ma su cui potrnbbe cimentarsi, con lode e con beneficio, il Comune moderno, avanguardia di quello che MenfJt'I' chianrn\·a 1 • lo Stato d~mocratico del lrtvOl'O ,.,. I. Il Comune e la coltura popolare. l l problema della coltm·<tpopolare. - Chi non ama r:orrere dietro al suono dello ciancie va110 1 ma vuole cercare, sotto lo apparenze, la rngione riposta dei fenomeni cho ci colpiscono, non tarda nd accorgersi che una gran parte della crisi sociale in cui l'ltalia si dibatte, una gran parte della stessa crisi che scon– volge il nostro partito, trac le sue profonde rtvlici da una spaventosa deficienza di cultura, in tutti gli strnti della popola;,;ionc e segnatamente nello masse. La ,·ita moderna abbisogna di agilità, cli prontezza, di freschezza intelloltuale. La fortuna della democrazia sì basa - e non potrebbe essere altrimenti, a rischio di trasformare la democrazia in una odiosa figura retorica. - sulla partecipAzione effetth•a 1 cosciente, quindi intelligente, delle classi piì, numerose. rnvece ci troviamo attorno cervelli atrofì;,;zati dal disuso, incapaci di uscire dalle linee mentali segnate dagli istinti millennnri e dalle educazioni monotone se~ colari. L'[talia - è risi1.puto - è la terra classica del– l'analfabetismo. Questo triste ed avvilente segno della nostra tarda risurrezione civile resiste, come appena si potrebbe imaginare, specialmente nelle regioni del .Mezzodì. Ma, anche dove esso è divelto ~ la scuola elementare si annuncia come la piil bella conquista egualitaria dei tempi nuo\•i, essa non riesce in effetto che un rapido raggio di luce concesso nlle moltitu• <lini, -che ne saranno private e por tutta la vita. L'nlfabetn, appena dirozzato, ritorna. all'ùnalfahe• tismo, non ostante il suo pezzo di carta bollata che lo dichiara prosciolto. Per l'età in eui la scuola ele– mentare si concede, per la fretta con cui si libera il fanciullo da ogni obbligo cli istruzione, per le ne– cessità economiche che incal1.trno, l'enorme maggio– ram,:a dei milioni di scolari, che passano n<'lle nostre scuole elementari, non riceve quell'alimento e sovra tutto quello sprone interiore, che guida µiii tardi alla \'era cultura. E, delle coneeguenze, si accorgono tntti. L'indu– striale, pressato dalla resistenza operaiR, dovrebbe trovare nella maestranza addestrata e pronti,, in uua maggiore produttività del macchinario, in una. mag• giare intensità dell'attenzione, anche in una più in– telligente partecipazione degli operai all'organismo industriale, il correttivo dei salari più olovati e la forza di resistenza alle concorrenze nazionali ed estere. Ma tutte le virtù, che - in altri paesi - permettono alti salari accanto a basso prezzo dei prodotti, da noi tardano a formarsi, per b. immffi– cienza della 1>reparazione tecnica professionale e so- vento per la sua assoluta mancanza. , Nelle campagne non avviene altrimenti. ~ innega- hilo che la crisi agricola - sa\vochò in qualche ramo speciale - abbia le sue basi nella scarsa pro– duttività del suolo, dovuta. a metodi colturali arcaici, nella lenta, scarsa trasformazione delle culture, nella insufJìciente organizzazione razionalo della produ– zione e delle vendite . .L maggiori salarì che la mano d'opera. giustamente invoca, la maggioro umanità dei rapporti che la proprietìl terriera deve stlthilire con quelli che furono fino a ieri veri servi, nell'n.nima e nel corpo, non sono economicamente 1)0ssibilì che con un 1>rogresso tecnico della cultura agraria. Ma, anche in questo campo, un ostacolo enorme sì ritrova in quella dimenticanza in cui furono In.sciA.tele scuole dei piccoli Comuni, troppo sovente uu\Faltro che menwgna convenzionai(', prive di ogni adclentellato coi hisogni delle popolazioni rurali. g noi stessi, nella nostrn. azione quotidiana, non ci troviamo, a tutti gli svolti aperto, dinanzi lo spa• ventoso abisso dell'ignomnza e della dissuetudine intellettuale? Du che cloriv11.nole ditlicoltà. nella dif• fusione di corto idee semplici e quasi intuitive, la tro1>po facile mutahilità dei propositi, la troppo fa– cile presa che hanno nell'nnimo delle masse le de– clamazioni, le violenze di linguaggioi le pose eroiche, i propositi vacui, da che derivano, ripeto, se non da una perfetta iiinornnza sulle leggi della vita econo– mica, sul passiLto storico, o so\'l'atutto dall'assenza di quel senso critico personale che si forma solo col lavorio della mente? Chi vive :1 contatto con ogni forma cl1azione pro– lot!tria è sovente, doloros,unente, sorpreso dalla pocn attenzione che si pone ad ogni questione che si elevi al disopra delle materialità quotidiane o che richieda qualche sforzo mentale. r pii, non si interessano, non seguono, non comprC'ndono. Le discussioni si svolgono tra capitani; il iirosso della milizia segu(' chi sa meglio vincerla. od avvincerla. Non è piì1 il proletariato che determina la sua via. Sono i pochi che si impongono, se occorro, colle arti dell 1 istrio• nismo, salvo essere scavalcati da altri pili abili alla prossima occnsiono. r., come a,•viene cho poco si pensi, così avviene che poco si legga. Il proletario evoluto e cosciente, che ha qualche ora di riposo, non leggo di più, beve cli piì1. ll salario è cresciuto, qualche spicciolo po· trohbe correre ni libri, alle riviste, ai giornali. i~ meglio che , ,a.da dritto all'oste. l/operaio non si è innamorato d ella lettura e dello studio, nell'età in cui questo amore si forma. pii1 caldo e più prepotente. Difficilmonto intra.vede più tnrdi questo orizzonto di luce. Oli strati pii1 elevati del proletariato, quella pie• cola borghesia che non sa rassegnarsi a vivere ac• costo ai salariati e spingo g-liocchi pieni di deeiderio verso le classi più ricche, f,i uno sfol'Zo visibile e tonaco per impadronirsi della pili larga cultura pos· sibile 1 che riconosce forza mirabile di progresso e di bene3sere 1 ma è inceppata, in tutti modi, dall'in– sufJìcienza delle scuole, 1lall'altezza della spesa, dalla poca praticità dei corsi, indirizzati più a favorire le speculazioni astratte cho lo necessità della vita quo• ticliana.. Per tutto queste ragioni, il problema della. cultura 1>opolare diviene il piì.L profondo, il fondamentale problema nazionale di quest'ora. Riunire e conver– ~ere verso di esso, da qualunque parto vengano, cin• quanta milioni all'anno, sarebbe risolvere a. metà lu. cl'isi cho l'ravaglia il nostro paese, prop11.rando la più sicura base alle auchlCie dell'avvenire. In questo punto dovrebbero convergere tutto le forzo del socialismo e della democrazia, sia per pie– gare lo Stato, sifl per rinnovare ed alhLrgare il còm– pito del Comune. Piìl bella o più promettitrice se– mente non si potrnhbo spargere. Ecl ò tempo che i socialisti no pt·ondano, vigorosamente l'iniziativa.

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