Critica Sociale - Anno XVIII - n. 12 - 16 giugno 1908

190 CRITICASOCIALE tura esterna e le intime pene di un popolo di grande razza in aspra lotta per Ja vita 1 Nel!' 1 ' Aida ,, lli Verdi, ritraendosi un ambiente pressochè simile, qual– che canto, che fa sentire insieme il deserto e l'oasi, richiama alla mente la nota melanconica e scultoria della canzone siciliana. E' morboso il compiacimento, negli scrittori e nel volgo di Sicilia, che la caratteristica siciliana siano le coltellate mafiosamente date, come se non vi sia altro di notevole in Sicilia. La più grave delle autodenigrazioni dei siciliani, e nella quale cadono qualche volta anche i socialisti, è la eterna lamentanza di mancato rispetto e cU mancata solidarietà da parte delle provincie più fortunate del Nord per la Sicilia e pet· il Mezzo– giorno in genere. Si lamenta ognora che il Nord si sia arricchito a danno del Sud con la sperequazione dei tributi e dei beneficì. Tale spcrequaz-ione può essere dimostrata vera; ma, data la povertà di pro– duzione agricola unitamente alla mancanza d'indu• strie e alla scarsità dei commerci, la sperequazione suddetta non può sottrarre che ben poco alla Sicilia. a favore del Nord. Or nessuno intanto pensa che dai latifondi siciliani si esportano ogni anno una cinquantina di milioni per le grandi città del lusso e dell'ozio, sotto forma di locazione delle tene, senza che nulla ne sia restituito al paese che li ha pagati. D'onde lo stato di permanente immiserimento della Sicilia. Altro che sperequazione nei tributi! Dire che tutto si ritiene importato in Sicilia, è poco: si afferma anche importato il latifondo dai Normanni, confondendo la forma giul'idica del feudo con il fatto agricolo del latifondo. Che più? Si sen tenzia con posa grave che in Sicilia perdura il pos– sesso feudale delle terre perchè non vi passò la ri– voluzione francese. Capite? La rivoluzione in Sicilia non potrebbe venire che dall'estero. Quella del 1812, che abolisce la feudalità, non conta; l'altra del 1860 1 che conduce all'Italia una, e all'abolizione della mano morta religiosa, sarebbe anch'essa roba importata. Difatti Garibaldi vinse con mille uomini a Cata1afimi ed entrò con gli stessi a Palermo, perchè in Sicilia non era passata la rivoluzione france~e. - La rivo– luzione dell'ordinamento fondiario in Sicilia sarà compiuta 1 non per importazione straniera, ma, per la maturità dei tempi) con la organizzazione delle forze di lavoro agricolo della Sicilia stessa. L'Italia ha dato subitamente un mirabile movimento di con– tadini, che non riscontrasi in nessun altro Stato. •:rutte le suddette sconfessioni siciliane della sici– lianità giustificano il dispregio del Continente verso l'Isola: il quale dispregio può trovarsi raffiguL'RtO nella stessa carta geogrnfica dell'Italia, sembrando questa una gamba alluog(\ta per dare un calcio alla Sicilia. La Sicilia, mentre racchiude sufficienti energie per agire, dimostra impotenza nel pretendere da al• tri quello che nessuno dà e che ognuno deve con– quistare da sè. l!,accia la Sicilia meglio conoscere se stessa, come si tenta col presente studio, e sarà meglio apprezzata. Non faccia parlare solamente di mafia e di camorre, nelle discussioni sulle cose sue, come se non ci sia altro di più importante e di più efficace da dire. E cerchi in se stessa le forze per pesare quanto lo altre più fortunate regioni italiane. La costituzione unitaria d'Italia le permette di svolgere tutta la sua possibile influenza politica, ciò che non era possibile col L-tegnodelle Due Sicilie, in cui essa stava in rapporto di dipendenza con Napoli. Ora tutte le regioni italiane unificate si pos sono governare sul piede della più perfetta ugu~– glianza politica, in grazia principalmente della ca– pitale in Roma, dove non è possibile alcuna egemo– nia regionale: le ingiustizie verso qualche regione derivano da malvolere e da ignavia, non da intrin- seco difetto delle istituzioni unitarie. Roma capitale non è che italiana, mentre le altre grandi città sono, per fatalità di cose, dominate da spirito particola– rista e magari separatista. La stessa Palermo, per la Sicilia, non solo non è espressione genuina d'i· talianità, ma nemmeno di completa sicilianità: la Sicilia trova difatti più convenienza ad avere per capitale politica Roma. anzichè Palermn. E'ra le va– rie provincie siciliane c'è tanta diversità, che cia– scuna di esse sentesi più vicina per interessi ad al– tre pii1 lontane della Terraferma. In Roma tutte le provincie della Penisola e delle Isole si sentono ugualmente italiane, spogliandosi dei vecchi abiti regionalisti. Roma è veramente città eterna, perchè fonde ed armonizza in sè i vari genì di tutti i popoli; e forse racchiude i germi fecon– datori di una nuova federazione cli popoli mediter– ranei, cli cui essa ò centro geografico, non più do– minati dal brando dei Cesari o dalla stola dei Papi, ma da un pit1 umano interesse comune. Coloro, che deplorano nella moderna Roma la mancanza del mo– vimento industriale di molte metropoli moderne, vorrebbero forse dare al\1talia per capitale una di queJle città che, anche in regime democratico, eser– citano azione imperiale sul resto della Nazione, come l_)arigi che chiama gli altri _11...,rancesi i rurali, o Pa• !ermo che gratifica gli altri Siciliani del titolo di regnicol-i e di villani? Si dimentica che, negli Stati moderni di origine democratica, le città sedi di Go– verno si preferiscono in piccoli centri rurali, lon– tane dalle sopraffazioni mett'opolitane. Roma, che fu sede di due grandi Imperi, politico prima e reli– gioso poi, è invece la capitale moderna meno im• periale che esista. Roma oi unisce nel suo ampio seno di eterna madre di popoli ; e solo per Roma sarà possibile la repubblica italiana. La Sicilia non ebbe mai condizione politica mi– gliore della presente. La stessa breve condizioue fortunata del Regno Normanno non era sostenibile, perchè la Sicilia non ha i fattori e lQ forze di uno Stato a sè, e sarebbe sempre divenuta preda di al– tri. Essa, aozichè stare a dolersi degli a.Itri fratelli del Continente, con i quali in diritto vive sul piede della più perfetta uguaglianza politica, deve meglio rispettaro se stessa e non farsi straniera ai suoi stessi figli che non sieno esponenti di mafia o di camorra politica. L'aridità del latifondo e dello scirocco che vi soffia sopra inaridisce pure gli animi. La Sicilia è un de• serto morale, dove un fiato velenoso d'indifferenza e di malanimo avvizzisce, isolando, ogni proposito ('.he non sia camorl'istico o di mafia spaccona. · :ron v'è altro spirito manifesto di solidarietà in Sicilia che per il delinquente o comune o politico: tutt1 i " Pro Sicilia ,, non hanno avuto altro lavoro che la difesa di Palizzolo e di Nasi, non trovando altri pro– blemi da risolvere. Non v'è altra ammirazione pub– blica in Sicilia che per gli imbroglioni e i confu– sionari politici. Non v'è altra stampa quotidiana e diffusa che quella la quale, nel!' interesse della si– gnorìa siciliana, finge di liberaleggiare. La linfa, che sgorga abbondante dal nostro petto per irrorare di fecondi propositi l'aridità siciliana, ò guardata con torvo occhio ; e par si aspetti che presto il nostro petto pure s'inaridisca per morte o per vecchiaia o per disagio. P~u di leggere, die– tro il guardo e dietro l'anima della gente che forma l'atmosfera <leutro cui viviamo in Sicilia, e attra– verso magari sorrisi, che, in questo caso, spezzano i fi•li della breve trama della vita: oh, quando la finisce costui con la sua Sicilia che, se mai, sarebbe da venire, e sulla quale ora non si può nulla ra– spare ? Ma non potremo magari imbrogliargliela ... la sua Sicilia, se questa accenni a sorgere? La Sicilia è il paese dove si conservano più in-

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