Critica Sociale - Anno XVIII - n. 12 - 16 giugno 1908
CRITICA SOCIALE 189 municipale (per adoperare una vecchia espressione) che I' Amministrazlono radico-aocialista di ~·Jreuze viene svolgendo loutamente (perchò i clerico• moderati lascia– rono le finanze comunali in grande disordino), ma sicu– ramente e senza esitauze. llastì accennare alla refezione scolastica raddoppiata e J)erfezionata - opera questa specialmente del nostri amici Pompeo Ciotti 1 destinato prima o pol a responsabilità maggiori, o pror. l?errarl; - all'aumento dei salari nelle categorie più umili di– pendenti dal Comune; all'efficace tutela delle condizioni fisiche e finanziarie di tante altre categorie di la\'Ora– lori - dai rornal al tramvieri -; allo riformo - entro i limiti possibili - di Istituti di beneflcenza. Nè per ciò l'Amministrazione ha perduto di vista in– teressi più generali; ma, ritenendo che il segreto della riuscita di ogni programma di classe ò nel saperlo ar– monizzare appunto con l'utilità di tutta la cittadinanza, hl\ iniziato lo. solu;,,ionc cli tutti quei gravi problemi dai quali potrà dipendere la trasformazione di li'ircuze in una città veramente moderna, e cioè I servizi pubblici, specialmente quelli igienici, la sistemazione rerrovia!'ia, il Palazzo nuovo delle Posto e dei Servizì elettrici, il Cimitero monumentale, le Onllorie, ecc. Tutto ciò senza esagerazioni, senza impazienze da parte dei socialisti, senza troppo rumore, condannando al nichilismo, all'im– potenza la scarsa opposizione consortesca. Questo, nei giorni in cui si compie l'anuo dalla prima grande vittoria dei " popolari ,, florentlul, andava rile– vato in una Rivista che da. anni viene propugnando tutto quanto ra parte del programm11,.e dell'azione di quelli. 0. A. ANDRIULl.1. La Critica. Sociale e ,i,[ 'l'e111110: ve,: l'Italia, amw L. 22, semestre .L. 12. Lanegazione siciliana dellasicilianità Le dure necessità della vita nelle quali si dibat– tono i Siciliani, in istl'idente disarmonia con le al• tre condizioni naturali che diurno vivacità alla razza, generano, oltrechè il poco rispetto alla vita umana, la falsa concezione dei propri mali; impediscouo, cioè, la ricerca Jei rimedi nello forze stesse dell'[· sola, e fanno denigrare la. Sicilia dagli stessi Sici– liani, negando costoro la propria potenza di cui na• tura largamente li ha forniti. 'l'ale negazione è il tratto J>iù caratteristico del 1>opolo siciliano ed il maggior male che ad esso ha fatto la barb~rie lati– fondista. Portiamo qualche prova. li vulgo dei dotti siciliani, fatta eccezione dei ve– ramente savi, pare non abbia altro còmpito che dif– famare la Sicilia, negandole ogni virtll creatrice ed attribuendo ogni particolarità del popolo siciliano ad importazione straniera. [ non aullodati dotti decan– tano ognora il presunto incivilimento saraceno in Sicilia - essi invero ne sarebbero stati degni - e tutti i vocaboli malcompreai, tutte le pratiche agri· cole, tutte le costumanze fanno derivnre dal loro confessato saracinismo. Nulla attesta dell'attività ar– tistica dei Musulmani noi due secoli e mezzo di loro dominio in Sicilia. La Cappella palati,rn, il pa– lazzo della :lisa e qualche altro piccolo monumeuto, nei quali si scorge la fattura di artisti musulmani, risalgono ad epoca più recente sotto i Normanni e gli Svevi: in epoca, cioè, di vigoroso risveglio latino. l\fa bastano queste cosucce, nelle quali il bello ò piuttosto ncJle decorazioni che nella struttura ar- chitettonica, per turbare la coscienza dei Siciliani, insinuando che nulla essi avl'ebbero creato senza la invasione di popoli anche barbari. Abbiamo io altra parte di questo studio accennato in quali limiti e in quale senso va riconosciuta la inftuonza musul– mana in Sicilia. Dobbiamo per tanto respingare la es1tgerazione sull'influenza stessa. Si vuole, adunque, negare al popolo siciliano ogni virtù creatrice, perchè tutto gli si attribuisce im– portato. Fino il suo espressh•o e ricco dialetto, così prettamente italico, dagli sdottoreggianti si vuol de– rivato da un miscuglio di voci importate dalle vario dominazioni, come se, prima di ognunn. di queste, i Siciliani indigeni fossero muti, e accogliessero con le braccia al collo i cari Saraceni e i tanto amati J,'rancesi del Vespro per apprendere r~ chiamare le cose pili comuni della vita. Manca un completo e genuino vocabolario siciliano, perchò è mancato nei suoi compilatori il profondo sentimento della sicilia– nitù, con cui puossi iutenclern l'uso che il popolo fa delle l>arole o delle frasi e la origine cli esse. lii– sogna sentire, bisogna leggere che villggi lunghi e disagiati s'imprendono con la. fantasia per ricercare fino in Arabia o nella Scandinavia In etimologia cli tante voci siciliane, che invece potrebbero ritrovarsi nei vocabolnrì latini e greci o nel riscontro di altri dialetti italiani. Anzi è ht fonte ciel latino che bi– sogna ricercare in parto noi dialetto siciliano, che ha comune l'origine con l'antico italico da cui sorso il latino. Il vocabolario comune, specialmente dhi– lettale, tra i popoli del bacino occidentale del Me– diterraneo dimostra l'origino comune cli quei popoli, anzichè il trasporto della lingua dai Romani in Oal– lia e in Ispagna, o dalla Francia e dalla Spagna in Sicilia - aalvo beninteso lo eccezioni letterarie della lingua dotta ed ufficiale. Difatti questo trasporto non avvenne nella µenisola balcanica, dominata dai !{omani a un dipresso quanto la Gallia o la. Spagna. Si potrebbe ohbiettare che i veri sapienti non dif– fondono tali scempiaggini sulle inverosimili impor• tazioni linguistiche, artistiche e morali in Sicilia. Sì, ma, dacchò il volgo ci crede, e tale credenza è con– validata anche da lettorati, il danno di un popolo che nega ogni propria virtù creatrice rosta a man– tenere il sentimento di una inferiorità il'rime<liabile. Con altre varie manifestazioni il 1>opolosiciliano nega h\ propria sicilianità. : ne rileveromo alcune. E' antica in Sicilia la manìa del toscaneggiare qua11do si vogliano esprimere in forma letteraria al• cune voci cli cose e luoghi particolari, di cui si ù dimenticata l'origine, arrecando con ciò un'altera– zione di senso delle parole e la falsa conoscenza delle cose locali. Porto qualche esempio: la strada della bricaria in Palermo, ossia dove si fabbricavano e si vendevano i brichi (orci di terni cotta d'ondo l'italiano bicchiere), diventa strada clell'.Albergheria; l'isola cli 1,:ufimi o di Eufemio, trasformata per iro• nia, in bocca al popolo, in isola (li li fimmini, si ita• lianizza in isola delle Femniine; la c/Uanta di Ru• mmm - ossia nuova piantagione della famiglia Ro• mano - dove avvenne la battaglia di Calatafi.mi, si muta in .Piaiito dei Romani, non pensu.ndo che i Ho– mani nella conquista e nel dominio di Sicilia non piansero in alcuna occasione, ma. recero molto pian• gere. r signori siciliani, che viaggiano, vanno addirit– tura in Continente e all'estero; ed hanno a spregio di visitare i paesi e di studiare le coso di Sicilia. Per imitare Napoli si fanno anche a Palermo le gare di canzoni siciliane. Roba da piangere per chi vi ha assistito ed ha senso di sicilianità ! Vi si nota subito lo sforzo onanistico di chi è im1>0tente a pe– netrare l'anima del popolo e vuole trarre effetto dallo strano e dalla esagerazione. 1 1: dire che la can– zone siciliana tipica c 1 e, dove si sentono riftosse lana-
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