Critica Sociale - Anno XVIII - n. 11 - 1 giugno 1908

CRITICA SOCIALE stito comui1alo di 70 milioni, ancora sei (oltre i 4 già impiegati) no furono stanziati per le Case popolari; nnch'essi però da devolversi a11•gnte autonomo. Inflne, io questo istesso mese, il tanto vantato Istituto veniva costituito. Senonchò la potenzialità sua, fln dal primo inizio, si rivela ben 1>overa cosa a petto al bisogno enorme rli Case popolari, calcolato per Milano in 25.000 locali per l'immediata necessità, ed in circa 5000 nuovi locali al– l'anno per lo domande futuro. Escludendo infatti i 4000 locali già. costrutti e che saranno incorporati nell'Istituto autonomo, gli altri 4000, che sl rwranno, con l'impiego di tutti i cnpitali sì faticosamente raccolti dal Comune. dalla Cassa di Risparmio, dalla Congregazione di Carità, dalla Banca Popolare, ecc., ognun vede quanto siano in• sufficienti. Cosl che ò davvero da chiedersi ~e l'aver ratto attendere per tre anui ad una città come Milano bisognosa di case, quasi balf1amo reviviflcatore, un tnle istituto ridottosi poi nella pratica a queste proporzioni, ru atto coscienzioso ed onesto. :Ma più gravi ancora si rivelano le condizioni speci– fiche del problema a Milano, quando si rifletta che nessun mutamento di intenzioni nel Comu11e è dato sperare, per le reiterate proteste di non voler intervenire in modo dlver;io da quello già visto; e che, dopo svanita la vampata senti– mentale che ha accompagnato in sul nai'lcero queeto 1stituto, ideato dall'entusiasmo di Luigi Luzzatti come " consorz=o d'aff1:1.rie consorzio d'anlme ,,, esso sarò. ben presto ridotto 1 per l'ibrido suo carattere fllantropico– lucrativo, ad una rachitica e stentata esistenza. Mentre, d'altro lato, la sua finta fllnotropia avrà tra qunlche anno prodotto inasprimenti ulteriori alla rteftcionzn di case, allorchò le future domando <l'abitazione non tro– veranno da sortdlsfa.rsi percbè i privati, debellate fatal– mente le loro ultime ingordigie di lucro dal timore di questo nuovo concorrente, si saranno quasi esclusiva– mente rivolti alle costruzioni civili, più sicure, e più comode da amministra.rei. Queste le condizioni gravi nello quali devoosi stu– diare i rimedi' scougiuratori di maggiori jatture ai la• ,,oratori. Tra questi rurono finora avanzate proposte dicarattcro prevalentemente giuridico e fiscale, intese più a lenire che a to,iliere il male. E ha tale carattere anche IA. pro• posta avanzata su queste stesse colonne, dal dott. Nurra, che parve a molti socialisti di una portata rorfle mng– giore di quella che in reAltà. non abbia. La proposta Nurra. - Chi abbia riflettuto alla pro• posta di esteni.!ere a llhlano la legge I I luglio 1907 devo aver rilevato come essa tenda e3clusivamente ad un'azione sulle aree fabbrlctLblli, mediante l'attribuzione al Co– mune, durante un venticinquennio 1 di un diritto di espro– priazione dei proprietari, sulla base del valore denun– ziato. Prescindendo dal considerare per ora l' importa.mm degli altri elementi che, oltre all'area, entrano a for– mare il costo di produzione nell'Industria edilizia, poichò questa proposta, messa innanzi da sola, oltrccbè non M.deguataai fini che ci dobbiamo proporre, sembrami pre– sentare molti pericoli, credo utile, per renrtere pili deli– neato o nitido o quindi pili proficuo agli interessi che vogliam tutelare il nostro programma. 1 premettere brevi 0flservazioni augli elementi che costituiscono il ,,a1ore delle aree. Jl Xurra accenna alla formazione d'una specie di trust monopolistico dei proprietari, ed in realtà, se non un frust un monopolio vi è veramente su tutte le terre ur• bane, ed agricole j ma 1 a rormare il sustrato caratte- ristico del valore delle aree urbane, entra un elemento ben pili importante: la rendita di posizione. Ed è ron– dameutalmente l'aumento stesso automatico di valore e (se ml si passa l'espressione) progressivo in ragione geometrico•centripeta, coll'allargarsi della città, quello che suscita la speculazione, e determina per le aree fabbricabili un ,·alore di monopolio ad escluei\•o bene– fizio di chi lo possiede. La speculazione non crea l'au– mento del valore delle aree, ma solo se lo appropria . .f~ al dilatarsi della città e alla conseguente domf\nda dei terreni fabbricabili semp1e più nttiva nelle posizioni più centrali e propizie 1 che dobbiamo attribuire la respon– eabilità clell'enorme incremento del loro valore. Può il Comune infrenare questa domanda, in modo da toglierne o sminuirne gli effetti? Solo chi arrh•i a con– cepire in esso una tale potenza, da poter arrestare ogni ulteriore incremento netl 1 espan<ilo1rn topograflca delta città, può coscienziosamente rispondere di sl. l~er questo non è a sperare clrn neppure il demanio areale del Comune, dal quale dovrebbesi prendere in affittanza o locazione il terreno dai costruttori, possa arrest:\rne l'asce3a del valore, e diminuire quindi, da questo Jato 1 il costo <ti produzione. Solamente, e ciò è ben ri:evante, volgerebbe a benefizio collettivo questi incrementi. Imposte sulle aree fabbricabili e demanio co– munale. - /.: innanzi tutto notevole che l'Istituzione di un demanio areale del Comunr- 1 lungi dall'f,!.lsere osteggiato dagli amminh<ttratori attuali, è anzi vaita– mente tradotto iu atto. Lo stes:10 Oobbi, pugnace avver– sario della gestione comunale di case, ne ru più volte aperto apologista. Or è la facilitazione alFistituzlone di essa, che rorma Il lato più pregevole della imposta sulle aree fabb?"icabili. La quale non permetterebbe per sè stessa, come alcuni credono, l'appropriazione collett1,,a rlella rendita di posizione (perchò ò necessariamente limitata alle aree 110n ancom fabbricate e sulle quali 1io1i s~ voglia fabbricare). Lo scopo suo è di promuovere le costruzioni e non di istituire, come il Nurra. mostra cli credere, un domauio comunale. Anzi 1 se questa imposta dovesse essere applicata coi crltert che egli propone, potrebbe dar luogo a fenomeni ben opposti a quelli che egli si promette di provocare. Se, per esempio 1 un determinato terreno, per la sua ubicazione, avesse gu.t.dagnato, nel venticinquennio, uu aumento di valore e il Comune si accingesse ad espro– priarne Il proprietario, sarebbe questo così piramidalmente scioccone (corno corto non è lecito supporre in materia di lucro un prOJ)rietario di terre) cla la,3ciare che vada per lui perduta qucll1:1.porzione di valore? Certo egli pense– rebbe piuttosto ad edificare immediatamente o a cedere la sua area ad un costruttore, cercando di capitalizzare, non solo tutte le aliquote d'imposta pagata, ma anello tutta la porzione di valore di cui li suo terreno è aumentato i e così, per chi costruisce, l'imposta 1·appi-esenta wt au– mento di costo. l)arve tutta\'ia a molti che, In questo poderoso stimolo a fabbricare, dipendente non tanto dalla semplice imposta (che ò da sola assolutamente inefficace) quanto dal pungolo dell'espropriazione, stia la grande utilità di questa legge. Ma, o questo stimolo riesce a fl\rei sentire dalla generalità dei proprietari e provocherà una tal quantità di costruzioni da dar ori– gine ad una crisi edilizia grave e caocrenosa come quella che nrflisse Milano nel1'87 d Roma or fa circa un trentennio, e rovinerebbe contemporaneamente il Comune rendendo inutili o deprezzate le aree espropriate. Op• pure lo stimolo non si fa sentire da tutti, o la rapidità

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