Critica Sociale - Anno XVIII - n. 10 - 16 maggio 1908
150 CRITICA SOCIALE Non l'aiuto nostro potranno quindi ottenere le donne per la conquista del voto. l\Ia neppure quello dei cleri– cali, che saprebbero di non poter contare su di esse In modo assoluto: Bi sa, 11 la donna è mobile ..... w Sarà molto se daremo loro uno zuccherino sotto forma di suffragio amministrativo. )fa, intanto, tutti questi ostacoli al trionfo delle vo– lontà femminili o femìnistiche stanno a sfatare la vecchia leggenda dell'onnipotenza della donna e - di– ciamo anche questo, per consolarci di tanti. .. disap– punti - la vecchia calunnia della debolezza dell'uomo. G. A. ÀNDRlUl,LI. IL[OH6HE550 DELLE DOHHE ITALIANE {Risposta ci G. A. À'IUfriulU) L'eco non n'è ancora dispersa. Nel volubilr, cine– matografo della cronaca moderna, dore l'oggi can– cella spietatamente l'ieri e un qualsiasi futile inci– dente - concorso ippico o sciopero di vetturini in lotta coll'auto - si sovrappone, pel solo e banale titolo delFattualità, all'avvenimento anche il più saliente dP-lla vigilia, quello che fu detto il « Parla– mento ,,, o la Costituente ,, delle donne italiane re– siste tuttavia con virile tenacia, suscitando ancora discussioni e apprezzamenti svariati, sorrisi scettici e spunti umoristici, e fiere proteste collettive e en– tusiastici atti di fede. Come donna, ne esulto. E fu il presentimento di cotesta importanza, che il Congresso avrebbe assunta e mantenuta nel tempo, che mi dissuase dall'aggiun– gere la zavorra critica di un poco di prosa alla alata lirica, con la quale Enrico Carrara) fin dai primi giorni del Congresso, in queste colonne - intuendo e salutando in quelle adunanze l'affermazione della intellettuale individualità della donna e il suo av– vento nella vita pubblica -- ne auspicava l'inizio di un' " era nuova ,,. ira or ecco che un dei nostri più gio,·ani collabo– ratori, atteggiato :id ironia e ostentando un " egoismo maschile ,, forse un po' di maniera, contrappone al– l'ottimismo del!lamico Carrara lo scherno della satira, se non maschia, mascolina., con la qua.le il vecchio Proudhon assegnava alla donna de' suoi tempi Pal– ternativa di ferro: cortigiana, o massaia. Non è strano? In un convegno di ben 1400 donne, la piì1 parte maestre, professore, professioniste, scrit• trici (e le dame non ne erano che l'elegante cornice), nel quale si agitarono le questioni più ardenti, del– l'educazione ed istruzione femminile, dello stato giu• ridico della donna, delle opere di assistenza e J)re– videuza per Finfanzia trascurata e deserta, della ma• ternità eonculcata nell'eccesso di }ayoro e nella mi· seria, il prof. Andriulli non ha visto che qualche tratto ridicolo (ne sono dunque immuni del tutto i Congressi di lor signori?), un desiderio infantile di « giocare all'uomo,, scimmiegg-iandone i titoli e gli atteggiamenti, insomma una verbosa nccademia. Accademia? Sia pure. Sono mo!to più serie le ac– cademie che ci ammannisce, da tanti secoli ormai, il sesso che da sè s'intitola forte? E non dice nulla, all'osservatore studioso, un 1 accadcmia nella quale, ad un tratto, centinaia di donne, e non, come ce ne fu in ogni tempo, creature d'eccezione, ma tratte da ogni ceto, da ogni ambiente, da ogni professione, u rivelano ,, - è la parola - tutto un mondo di operosità quasi insospettato, dimostrano di aver sa• puto - senza neppure il tam tam reclamistico così caro alla più che femminile vanità dei signori uo– mini - approfondire le più delicate questioni so– ciali, organizzare istituzioni di assistenza, instituire e dirigere aziende, destinate - come le Industrie fem– minili e come l'Ars Rmiliae - a divenire una fonte di ricchozr,a nazionale? Non dice nulla, proprio nulla? , . . . Qualche cosa mancò - io non 'so nè tacerlo, nè dissi;nularlo - al Congresso femminile di Roma; qualche cosa che poteva, che doveva esserne l'anima. Gli mancò la gran linea delle rivendicazioni fem– minili, la gagliarda. affermazione dell'indipendenza economica e morale della donna, la quale non può altrove fondarsi ed imperniarsi che sul problema ciel lavoro. No, non è la massima di Cristo, tradotta. e rinfor– zata da astensione in azione, e assunta a impresa di guerra dal Consiglio Generale, non è questo che m'impressiona; è bensì l'aver confinato nell'angolo buio del castigo la questione, ormai preminente, del la\!oro femminile. Questa enorme attivWL di milioni oramai, anche in Italia, di donne, impiegate nelle industrie, sui campi, nei lavori a domicilio, nelle scuole, negli uffici pubblici e privati, non seppe suggerire al Con– gresso che voti platonici e dispersi, per l'equipara– zione dei salari e degli stipendi, per l'adeguamento economico delle scuole private (ove sudano maestre– martiri a una lira al giorno) alle governative, per un ispettorato e un'inchiesta sul lavoro femminile a domicilio e negli istituti monastici. Ma il problema 1 nella sua interezza, non venne affrontato. Con che mezzi, per che vie, l'inferiorità del lavoro femminile può essere abolita? Forse, e me lo auguro, risponderà il " Congresso de11eattività pratiche femminili,, che si apre a giorni a Milano; risponderanno - senza. forse - Congressi femminili futuri, quando le lavoratrici italiane non saranno più cosi assenti, come oggi, dalle lotte eco• fiomiche e politiche del loro paese. Nel grande rivolgimento sociale, che erompe dalle viscere dell'evoluzione indusfriale, per la quale le donne proletarie e della piccola e media borghesia, spinte - quand'anco riluttanti - !unge dal focolare domestico, nel lavoro che fin qui fu retaggio esclusivo dell'uomo, reclamano, come produttrici e contribuenti, diritti civili e politici rispondenti al loro nuoYo stato, l'Andriulli non vede che 11n fenomeno di mi• rnetismo, la tendenza inestetica ad avvicinarsi al tipo dell'uomo, che, naturalmente, per la psicologia maschile, è l'unità di mi:3ura dell'universo. "Che la piasa, che la tasa e elle la staga a casa ,,, canta il mottetto veneziano che una colla ressa. dell' Anllllll· ziata, .la contessa Maria. Persico, facendolo proprio, rammentava al Congresso. 11 pensiero del prof. .An– driulli, in fondo, non è molto divcL·so. Ma subito egli si conforta nel riflettere che, se le donne chiedono ai loro compagni dell'altro sesso l'eguaglianza poli– tica e civile, esse peccano d'ingenuità. Per avver– sione estetica anzitutto, poi per egoismo di sesso, infine per timore della concorrenza muliebre, l'uomo non si lascerà così facilm.ente spogliare del millen– nario suo privilegio. li guaio è, professore, che i rivolgimenti economici si ridono un po 1 dei preconcetti, dei desiderì, dei ben congegnati castelli dialettici degli individui e dei gruppi. Scacciate a forza dal " regno della casa ,,, non è in nome di una eguaglianza. astratta e lette• raria, che le donne supplichino agli uomini l'elemo– sina di una condizione più civile è piiL alta; ma è per la difesa di interessi vitali che esse, mescolate agli uomini dei varì ceti neJle rispettive lotte eco– nomiche e politiche, conquistano, virilmente lottando, con essi e contro essi, il pane di cui hanno bisogno e il diritto che glielo assicuri. Così le tessitrici inglesi> dopo avere per mezzo secolo lottato cogli uomini nelle Leghe di resistenza, con-
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