Critica Sociale - Anno XVIII - n. 10 - 16 maggio 1908

I 18 CRITICA SOCJALE nostrn. o come evento clasfruttarsi - nel nostro pro– gramma, nel111nostra azione normale. Su cli ciò un partito, che si rispetta, devo fare professioni di fede molto precise, che eliminino ogni possibile equivoco, ogni malinteso. Ocvc farle nei momenti tranquilli, per poterle applicare nei momenti torbidi, senza so– spetto cli viltà. J,:, su questo, la nostra opinione è fissata da un pezzo. La violenza popolare non è 1 per noi - nelle presenti condizioni d'ltalia - che un fenomeno pa– tologico, degno di osservazione pel sociologo - ma o~ni complicità nel quale, uttiva o passini, è da ripudiarsi risolutamtlnte ! Dal ripudiarla nettamente il partito acquisterà, a senso nostro, in forza reale, permr.nente, continuativa, cogli atndamenti che darà il suo conte~no agli amici ed agli avversari, infini– tamente più che non possa eventualmente :;ruada– gnaro dal caso fortuito di qualche violenza for– tunata. Infatti la violenza ha la snn logica, che è anche il suo onore. Easa non può e:;sere accettata. passi– vamente, tepidamente o con prudenti riserve, more integralistico. Chi si mette su quella via non può stare a piagnucolare sulle vittime, lesinare sui sa,– crilìci che essa domanda, dolerai, dopo la minaccia, delle suo vendette, riservarla a un perpetuo tlom11ni, rinnegandola qutindo scoppia in effetto, carezzarla o indul,!!erle il mattino, per supplicare la sera le amnistie del Oo\'erno. 11 laYoro riformista può essere più o meno intenso. e darà risultati in proporzione. La violenza non può essere che estrema. Chi l'adotta è costretto con essn a vincere per forza; a giocare il tutto per il tutto, n.... suicidarsi per vivere. Conviene dunqt1e essere decisi. Patteggiare con la violenza 1 lusingarla e rispettarla a parole, senza porsi in prima linea nell'esercitarla - in ciò il II ri– voluzionarismo verhale " stigmatizzato da noi equivale a subirne tutti i danni, senza neppure i terni al lotto che i suoi dichiarati fautori se ne attendono. E il primo e massimo danno consiste in questo: nel dis,•iarci da ogni utile lavoro che si possa fornire per nitre vie. fn ciò la propaganda del Ciccotti ò essenzialmente dissolvente della nostra azione di partito. Il lavoro parlamentare, l'opera dell'educazione e dello riforme, a che pro) e come persuaderne le masse, so queste hanno in pugno altri mezzi che u. spezzano l'anne in mano all'avv ersnrio n? Noi s11ppiamo in che cosa lo sciopero gei~ ern.le si sia risolto e in che consista l'an– timilitarismo com e effettivamente fu prodicnto in rtaliu. L'uno e l'altro saran lotta di classe ma a profitto delle speso militari e della classe domi– nante. !±:cl ò da codesta indecisione che l'azione riformista e l\1zione parlamcn tare furono sopratutto screditate e parnlizzate. Della nostm aziono pA-rlamentare fummo noi purc 1 e assai prima del Ciccotti 1 critici severi: ma con uno spil'ito e con intendimenti ben diversi, anzi antitetici ai suoi. l~gli mira a screditarla, a mo– strarne l'insanabile impo tem~a; noi a intensificarla, a. colmarne le lacune, ad affezionarvi le masse. Della sua debolezza noi possiamo parlnro con dolore, non mai con sarcasmo. J,o stato d'animo, veramente singolare 1 dell'on Cic– cotti lo fa ingiusto e nemico persino Yerso l'opera sua. li:gli ave\'a un giorno, come ci rammenta egli ftesso, pubblicato ncll'Amnti / uri articolo, con f'onnu I11ziouo di parap:rnfì di legge, per l'allargamento del lutfiagio 1 combinato con 1·intem~ificazìone dell'opera scolastica. Quell'articolo a noi probabilmente era sfuggito, certo lo si era 1 e non cl!l noi soli, dimenti– cato . .Ma !Jidea era huona in so stessa e noi propo~ nemmo nrrnloga inizintiva nel fascicolo scor1:10della Crifirfl. Quah111quo alr"O - noi noi suQ caso - se ne sarebbe compiaciuto. l~gli sembra averne cor– ruccio e ci risponde con dispetto! ( 1 ) Quindici anni fn - si noti! - noi pul)blicammo, prima nella Cnt1ca (1893, N. 19, 20 e 21) e quindi in opuscolo 1 uno !;Critto dell'on. Cìccotti in favore del u. Socialismo di Stato "' sul quale, mentre ci clichia• rnvamo interamente d'accordo coll'autore, facevamo una sola riserva circa l'illusione che In. estensione dei servizi di Stato (statizzazione delle ferrovie e simili) potesse essere, per se sola, di aiuto all'eman– cipazione operaia. Quella riserva risponde\'a al nostro pensiero nelle condizioni ciel momento, mentre l'or– gani1-zazione era bambina, la difesa ciel lavoro, la partecipazione e il controllo degli operai nella vita puhblica, erano appena appena iniziati, ccl erano av– versali da tutht l'orientazione dello Stato: comiu– darn. la guerra contro i /l'asci cli Sicilia e si annun– ci,1,•n all'orizzonte la. reazione crispi1rn. ln quelle condizioni è probuhile che ripeteremmo, ttncho oggi, n un dipresso quelle stesse parole. Che se anche, al lume dell'cspcricn7n, avessimo modificate in <1ualcl1e part<' le nostre idee sull'argomento, accostand(lci vieppiÌI a quelle ciel Ciccotti, lo anemmo fatto nel– l'indirizzo riformista, da noi poi sempre mantenuto, ccl e~lì, prima d'ogni altro, dovrebbe compiacersi del nostro guadagnato consenso. Anche questo, per converso, sembra dargli occa– sione di malcontento. ~\'iclcntemente le disavventure politiche hanno tolta all'on. Ciccotti quella serenifa dello spirito, che ò condizione d'og11i discus8ione proficua. Noi - sempliccmoute - gli auguriamo di ricu– perarla. LA CRITICA SOCIALE. ( 1) Sicuramente neppure gli Amici dCll'Arm1H.', del Ttmpo e ttq;ll nltr1 Ulornall, che rl1)rodus~ero la nostra l,tvfl t/eltorote, rlcordnvnno 1l preeeOente - che altrimenti ancl>t.Jcro e~prcssamento rtuinnentnto. Con11tat1amo 11.(1 ogni modo con J)!11.cere ehe l'ldcn è nocotta con fa– ,·orf', fra !'nitre, dall11. ro11(tdtn1~ùmt dtl L(lvoro rhe, nell'ultimo suo numero, la ra propria e al propone di cnldf'gglarla con f'Ollanzn, fino n!l'atttun.lone. " ECCLESIAZOUZ.AI, , (Divagazioni .... egoistiche a proposito del Congresso femminile) Non ho affatto - Il cielo me ne scampi - il clesi– derlo di stabilire analogie tra le donne che si sono adu– nato nel Palazzo di Giustizia o lo altre che, col favore <lolla notte o dello barbe finto, poterono impadronini della repubblica ateniese, ahimè! solo in una commedia del più maligno fra gli scrittori antichi. E'or.:telo farei se dovessi parlare di suffragette inglesi. I.e nostre sa– ranno meno audaci e meno energiche, ma - rendiamo loro questo meritato onore - sono più serie. D'altronde, conosco abbastanza i doveri di cavalleria - che ora le clonno uovi.'lsime ritengono quasi un'offesa, pur seguitando a profittarne - J)Cr voler prendere iu giro dello brave signore. Io non vogl'iose non esprimere qualche opinione un po' diversa - alcuno foree dirà "' troppo n - dall'ottimismo di Enrico Carrara. Son costretto a confessare, o me ne vergogno, che, più che su tutti gli ordini del giorno Yota.ti at Congresso, col ·concorso - piu·e incredibile - dei mascbt, io mi sono scervellato lungamente sul motto ripetuto a lettere di scatola nelle nrie sale del Palazzo di Giustizia: Fate agli altri quello che vorreste fatto a voi stessi. Cosa stava a slguiflcare lì quella massima di Cristo di fllnutropia passiva, rtuldrizzatn e modernizzata in una. massima di filantropia attiva? Era forse un Con-

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