Critica Sociale - Anno XVIII - n. 10 - 16 maggio 1908

CRITICA SOCIALE 147 Nel giudicare della postilla che probabilmente seguir?", i lettori tengano conto che io nou ho potuto dilungarmi a dare la piena dimostrazione di ogni mio assunto, e che naturalmente non potrò replicare a mla volta. Del resto le polemiche, così spesso inutili, non sono fatte per essere eterne; e quando io scrissi sotto l'immec1iata impressione dell'articolo della Critica, ne avrei fatto a meno se avessi supposto che la pubblicazione doveva avvenire a tanta distanza. Pregherei solo la 01"itica di ben controllare i fatti che assumo, noi rispondere. ETTOIU! ÙICCOTTt. Decisamente l'on. Ciccotti deve avere accumulato, dacchè non è pii1 in Parlamento, una dose di umor nero che non gli conoscevamo, se potò interpretare le nostre parole come l'accusa, a lui diretta, della fregola di una carica o di uno stipendio. Questo pen• siero 110n ci halona (è tutto dire!) neppur dopo la sua excusalio non petitet. li'ortunatamente il nostro articolo è là e si può rileggere sempre. Noi alludemmo alla successione - volontaria o non, poco importa in una rap– presentanza tutta ideale di tendenze, che speravamo morte o in agonia, e che stimiamo perniciose oltre ogni dire al ntO\'imento e al partito. F, su questo insistiamo e persistiamo, a dispetto di ogni sofisma e di ogni pretesa smentita. Anche l'articolo Educare? cli Ettore Ciccotti ò là (Avanti!, 19 aprile) e lo può rileggere chi vuole. La campagna pacifista (chiamiamolrl così per in– tenderci) di Oddino Morgari vi ò trattata con un benevolo compatimento, che è come il lascia-passare allo sviluppo di un., concetto, mirante a dimostrarne la perretta inanità. ~j vano infatti - se non è can– zonatorio piuttosto - chiamarla da principio " 01>era buona ed umana 11 e chiudere con un " augurio di buona riuscita 11 , quando 1 nel corso dello scritto, si I tende a stabilire: che l'e ducazione delle plebi italiane, per yja di propagani.la o di lavoro riformista, non è altro che 1 una ingenua illusione; . che " tutto quel poco che si è fatto in ftalia per eliminare un male, per provvede1·e a un bisogno I civile, si ù fatto solo dopo un eccidio, dopo un di– sastro 11 (e, dato ciò, se non pro\'ocheremo degli ec-1 cicli, anzichò tentare di sventarli, saremo per lo meno degli imbecilli); che, pertanto," gli inopportuni, gli anacronistici Balilla (si noti l'ironia degli aggettivi), sono venuti a compiere una funzione sociale 11 ; che " la borghesia italiana, incapace cli un pen• siero, di una previdenza, di un'azione consapevole (queste cose evidentemente non sono che monopolio del proletariato socialista!) 1 si accorgerf,, come Luigi XVI, di avere una testa quando starà per perderla, e avrà un'idea dei bisogni del paese quando un reg-gimento cli bersaglieri passerà per via Nazio• uale cantando l'inno dei lavoratori, e un battaglione almeno, levando in alto i fucili, fraternizzerà con )a folla 11 ; che, " in Italia, il punto d'incontro di chi go• verna e di chi è governato, sono sempre il pubbli– cano, il birro e le manette; e l'ultima parola, per l'uno e per l'altro, è quella della "iolenza 11 • 'J'utto que8to potrà. anche - per lo storico e pel filosofo - annichtre, come ogni pensiero umano, una particella di vero. Ma la predica:dono noi partito ha un carattere pedagogico che non ò la verità astratta dello scienziato. Anche, magari, il delitto di .Uresci potè essere, obiettivamente, non privo di qualche utilità. Non perciò il partito socialista giu– stificherà mai, in ltalia, la dottrina del regicidio. Ripudiare, come fa il Ciccotti per incidente, i " conflitti senza senso e senza conseguenze 11 sigoi- fica soltanto ch(\ converrebbe prepararne di più seri e conclusi\'i. b: questa è, per lui, l'ultimu sanzione necessaria. della lotta cli classe; sanzione, senza cui 11011 v'è più rhe il paternalismo, e il socialismo e il marxhnno sono finiti; e la qua lo una. volta consi~ stevn uellc barricate ed oggi, in tempi più leggiadri, nello sciopero generale e ncll'antimiliturismo più o meno herveista. Poichè lo sciopC'ro g-enerale 1 se anche non sempre immediatamente fortunato, ò tutt'altro che un'arme spuntata (" quanto volte - esclama il Ciccotti il popolo di Parigi non era stato sciabo– lato, respinto, avvilito, prima che irrompesM vitto– rioso nelle 'l'uileries ! .,), e nelle teorie di Hervé - è tanto spirito marxista, e sono piene d'avvenire 11 • Si a~giungn, se non bastasse, il discredito gettato, con prodigalità tutta anarchica, sulla nostra (dacchè Fon. Ciccotti non è più del branco) azione parla– mentare: " inconsapevole del suo ufiiio, impotente, così remissiva da pal'er pusillanime, inquinata di giolittismo 11 ; e si parla (ma su ciò rispose già di buon inchiostro il Bonomi) di " ruffianeria 11 • Gen– tilezze di compagno, che poi accuserà. chi scrive queste lince di riescire talvolta II inopportunamente ta,:liente 11 • Da un buon pulpito scende il sermone! 'J.'utto questo, messo in rapportu rolla apoteosi della violenza - potenziale o non potenziale, immediata o a scadenza - ha un significato ben chiaro. I sin– dacalisti di Napoli e del Parmigitrno non han mai discorso altrimenti. Soltanto, non tenendo a passare per integralisti, non han mai augurato " buona riu– scita 11 alla campagna di Morgal'i. E, a ribadire la nostra impressione, soccorre, se bisognasse, la stessa odieroa II rettifica 11 (?). Nella quale, sciopero generale e antimilitarismo (in quel senso che si è veduto) " spezzano l'nrme in mano all'avversario 11 e " sono strumenti di grande azione politica 11 ; Jlerré non ha che il torto di " precor· rere i tempi 11 negando e sublimando la patria al modo hegeliano; e l'azione dei deputati socialisti è messa in canzonella con un tono di sfida, il cui sarcasmo rrève les yeux, come direbbe un francese. " Alla prova!. .. facciano qualche cosn ! io sono in attesa della loro azioue riformatrice; ne sono desi– deroso, ne sono curioso. 11 .·. Dopo ciò, è semplicemente colossale che il Ciccotti abhia ,·eduto un attacco personale, e una difesa di ansiosi " interessati 11 (? !} che temono aver ombra da lui, nella denunzia da noi fatta del suo articolo, come sintomo cli un pericolo poi 1>arrito e di una insidia da S\'entare. Sono venti n.nni - a far poco - che noi combattiamo, collo stesso animo, per Ja stessfL tesi, buona o non buona che i;ia: contro, cioè, ogni appello nlla violem:a come armo di lotta, e più ancora contro quel civettare \'Rgo con essa - senza sposarla e riconoscerla apertamente - che ci pare ancora più pericoloso, e, in ogni caso 1 meno ri• spettabile. Noi ignoriamo profondamente - l\n•,•onire è sulle ginocchhL di Giove - se un giorno lontano ci im– porrà anche la violenza o la farh. scaturire, irrefre– nabilmente, dalle necessità della storia. Propendiamo a credere il contrario - finchè almeno non sia abo• lito il regime rappl'esentati\'O - o pe11siamo col Plochunow (che non sia mar.\ista neppur lui?!) che violenza e forza 1 meglio che suppon1i, si escluchmo (I). 1 1: stiminmo che molte sanzioni, idl'infuori di essa, esistn110 o si maturino nel corso delle cose. Ma la questione non è questa. Ltt que1:1tioneè se la violenza possa comunque entrare - come iniziatiYa ( 1) o. 1'1,1:r114SOW: Fur.w t t"i.Oltt1.::a illlhllOl('('I\ della ( rltlcu, 18911. - t'. TURATI: /Uro/la t r1i·o111.:W11t, llS\13(Opuscolo eaaur110 - et·Ulca SOCI.alt, 111113, 11. l!! •

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