Critica Sociale - Anno XVIII - n. 8 - 16 aprile 1908

CRITICA SOCIALE 123 d'istruzione non vorranno piì1 tornare al lavoro dei campi. Chi vorrà. lavorare la terra se tutti si senti– ranno elevati ad una più complctn coltura? E, se costretti dal hisogno si dovrà. pur sempre ritomare 110\lc squallide campagne, la :t.appa e la falce non diverranno più pesanti e più odiate? Qui, curo lettore, il problema della scuola popolare torna pur esso n confondersi con quello della terra; la povertà di produzione a{?ricola dell'ordinamento latifondista nega i mezzi alla scuola popolare, e nega dignità di lavoro a tutti coloro che sieno for– niti di sufficiente coltura g-encrnlc, e non vogliano o non possano o non debbano se~uitare nell'insegna– mento professionale o dottorale .. Ma, quando le mac• chine saranno sostituite al hivoro delle braccia, e quando la terra potrà produrre più sicuri ed abbon– danti prodotti, il lavoro agricolo sarà. indubbiamenLe piacevole, dignitoso e rimuneratore, e lascerà ad ognuno tempo sufficiente per tutto le pii't nobili oc– cupnz.ioni dell'uomo. ( trasporti f11-cilie rapidi, lo abitazioni comode e igieniche, in ogni più remoto angolo delle campagne, diffonderanno in queste i mezzi di vita cle"ata che la ci"iltà accumula oggi nei soli grossi centri, o che, pur restando accentrati, possono essere anche goduti dai contadini in grazia dei facili viaggi tra la città e la campa2na. L'avvento di tale futuro agricolo e sociale è impedito in Sicilia, anche quando ogni altra difficclfa sia rimossa, dal regimo economicamente, se non piì:1 giuridicamente, feudale della possidenza fondiaria; ed abhiamo visto che tale regimo non sarà mai mutato con i mezzi della spe– culflzione privata, ma solo con quelli dello sfrutta– mento collettivo della terra dalla organizzazione sociale delle forze di lavoro e dei bisogni di consumo. . .. La inospitalitit della campagna a latifondi della Sicilia fa accentrare la popolazione in grossi Comuni. Questi si mantengono alla nrn,1rgiore distanza. possi• bile l'uno dall'altro: distanza di diecine di miglia nttra\'erso campi deserti. Restando lo condizioni ru– rali quali Hono da millenni, non ò possibile ridurre cotesta distanr.a con la creazione di altri centri in– termedi, perchè tanto \'arrebhe dire che si possano diffondere le abitazioni nell'agro latifondista. Ab– biamo visto come le stazioni ferroviarie non sieno cnpaci di attirare intorno a sè un qualsiasi centro abitato. La popolazione in Sicilia è J>Ìll intensa della media di tutto lo Stato italiano. Essa è maggiore lungo le coste e rada nel centro. Delle coste, la più popolata ò la settentrionale, poi la orientalC' e infine la me– ridionale. Però in tutta l'Isola ht popolazione è accentrata in pochi grossi abitati, lasciando deserta la cam– pagna: per ogni 10 mila abita11ti la Sicilia conta 4- centri di popolazione e tutta l'ftalia 9. Dai pro– spetti cloll'[nchiesta Agrnria si rileva che, "mentre nella penisola il 27 °/ 0 della popolazione è sparsa nelle campagne, in Sicilia non ve ne è che in pro– porzione dell18 Ofo. De,,esi poi notare che la differenza fra provincia e provincia in Sicilia è sensibile. In fatti Palermo, con una popolazione assoluta e relativa maggiore delle altre provincie, non ha che 2 ¼ di abitanti sparsi nelle campagne e 3 per chilometro quadrato. Anche Girgenti presenta una cifra bassis– sima: 1 ¼ abitanti e 2 per chilometro quadrato. La provincia di Messina, invece, offre la maggior quan– tità di popolazione sparsa nella campagna, perchò ha ~O O O abitanti e 28 per chilometro quadrato: segue 'l'rapani con U) % abitanti e 23 per chilometro qua– drato. 11 L'Inchiesta afferma che in Sicilia il numero dei maschi su 100 agricoltori è alquanto superiore alla media di tutto il Regno "per la riluttanza che hanno generalmente i Siciliani di adire le loro donne ai lavori campestri, per attendere ai quali ,lovrehbero esse ~odore di una corhi. libertà. relativa. ,, A noi pare invece che la minore partecipllz.ione della donna ai lavori campestri derivi dtdla naturn. delragricol• turn nei latifondi, dove esim non avrebbe che fare; cd ove il lavoro lo comporta, come nella mietiturn, le danno vi partecipano in larga misura, ma indi– rettamente. J.,(L popolazione, come vedesi dalle citate statistiche, ò minoro, sì accentrata che sparsa, specialmeute sul versante meridionale, dove è pili funesto il latifondo e piì1 imperversa il malandrina,1rgio. La Sicilia o~gi pili 1>oliticamente importante corrisponde alla linea di pii1 densa e più prospera popolazione, sul ver– sante opposto e sulla costa orientale. Questa linea fu principalmente battuta dni Normanni per con– quistare l'Isola; e ha:3tò che h~ percorresse in senso inverso Garibaldi con i Milio por liberare la Sicilia di\l Borbone. I Saraceni invece, sharcando a )Iaz– zara, si an 1 iarono ,nel loro conquisto barbarico per i barbari latifondi della parte rivolta a suù. Ciò che oggi forma un Comune, in mezzo alln squallida campagna, non fu in origine che un pic– colo case~~iato, che i baroni destina.vano ai villani del fendo, ovvero originò dallo stesso castello baro• nalc, attorno a cui si agglomerarono, col mezzo del contratto cli enfiteusi, le abitflzioni <lclla popolazione crescente. [ caseggiati rurali e i castelli feudali, per fuggire la malaria come meglio potet:isero e per In difesa dnllc aggressioni, si rizzavano nelle lonta– nanze elcrnte ed inaccessibili. La feudalità. promosse la coloniz1.nzione interna fino nl punto che le era possibile o conveniente. Poi l'interesse latifondista, contrario agli abitati poco discosti l'uno dall'altro, riuscl a rincere la stessa forza espansiva della po– polazione. Il contadino, abitante nel paese, è costretto ogni ,1riorno a fare un lungo cammino, calcolato in media dal dott. Vaeirca, nel suo citato studio sul Probleuui agrario siciliano, a 3400 metri nell'andata e altret• tiu1ti nel ritorno, con forte disperdimento di tempo. Il cammino, che può arrivare anche a dieci e più chilomctri 1 è poi malagevole per difetto di \'ie e per trovarsi i centri abitati per lo pH1 sulle montagne o su ripide colline. La distanza dal villaggio al feudo ò un fattore cli minore produttività del lavoro agrario, per la gramle perdita di tempo. 'l'ale sciupio di forze fa il paio con quello del bestiame, ehe, 1>erMrrondo grandi distanze, va ogni anno dalle ma• rine alle montagne e ne ritorna. Riesco difficile, se non impossibile, trasportare nello campagne i concimi e i rifiuti umani, che si s1>crdono nei centri ahitati, sia per la difficoltà delle vie, sia pel'Chè la famiglia del colono è affatto as• sento dal hworo nelle campng-ne desolate . .Le colture non si ele,,ano, per la manCitta utilizzazione di tali ritinti, neanche nl massimo miµ-liornmento possibile dentro lo stesso primith•o organismo agricolo. Dove invece la 1)Qpolazione agricob. è ~,>arsa nello cam– pagne e nf'i piccoli fondi attorno ai villaggi, le stesse collure dei latifondi dànno una produzione pit'.1sicura e più abbondante in grazia del concime dcino. Se la necessità nella gente campagnola di eoncen• trarsi ogni giorno da grandi distanze nella rispet– tiva. città. è un male, lo nllontanare il contadino dalla ('ittiì, anzichò avvicinaro quc:3ta ai luo~hi di lavoro agricolo, è un male maggiore. Nei centri ur– bani si offrono 1 più accessibili u tutti, i mezzi di civiltà o di coltura: l'istruzione rlomentare, frnstrata dnlltl miseria, cliventa del tutto inaccessibile allo popolazioni sparse nelle campagne; In vita socia lo è più ignorata. per esse che per quelle che tornano

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