Critica Sociale - Anno XVIII - n. 6 - 16 marzo 1908

82 CRITICA SOCIALE trano con la. g-al'hata suffiscmce di chi suole conve– nire ai colloqul delle )Iùse, nelle Arcadie fiorite, lungi alle nostre vane contese. Perchè è risaputo che soltanto in rtaliu.-ai letterati è inibita la politica come una pratica nociva alla sHlute dell'intelligenza e alla serietà profes~iona le. Così con l~dmondo De Amicis il soci.:~lismoitaliano ebbe uno scrittore tutto suo. Non un fanatico 1 ma un convinto, non un sog1rntorn cl'istianeggiante di pnce sociale, ma un chiaroveggente. ]~d anche un milite solidale e devoto 1 nell'ora delle vittorie come in quella delle sconfitte. L'antico ufficiale, che levò alta la spada nelle nebbie maligne di Custoza e al sole fiammante del Venti 8ettembre, a mezzo la sua vita, intuì il travaglio della società contemporanea. Vide non più spade brandite verso i cieli trAgici delle battnglie, ma, sugli orizzonti purpurei, tra mari cli fieni, le falci che mietevano per altl'i la. spig-a. Sentì che una 11uovaforza della storia urgeva, pronta e terribile: l'avveniL·e. E nascose frn i ricordi della giovinezza la sua spada fedele, che un giorno forse - sarà ritrovata in un solco, stretta dall'erba a. qualche ordigno pio del lavoro .. L. M. BO'l"l'AZZ\. ILMOHUMEHTO C E 6LIDOBBIAMO ~ ora, ch'è morto, anche coloro che non lo lessero, che non seppero mai bene " il cuor ch'egli ebbe "' sono, per un'ora, pieni di lui. È nella fama quel medesimo che nelle agonie. La vita, e la ft1.ma ,per un istante si riattizzano e gitt.ano faville pill vivide, come la fiammella che sta per smorzarsi. li ,•ero sepolcro si spalanca di poi 1 e allora veramente cala in silenzio la pietra spaventosa; la vera morte ese– crabile è postuma a se stessa. Questo vocìo di com– memorazioni e di apologie, nelle aule e per le gaz– zette, sign;fica esso uno sforzo per allontanarla ancora dal morto e d,, noi (tutti moriamo un poco coi no• stri diletti!), oppure è lo sforzo contrario, per sfogare e seppellire più presto, definitivamente, col morto, il nostro dolore? L'una cosa e l'altra, a seconda. Vepi· cedio non ò meno complicato nè è più bugiardo di ogni altrn espressione del vivere. Lodiamo l'uomo, che fu modesto, per la modestia sua, e un briciolo cli vanità è tra i moventi che ci spingono alla lode. Esaltiamo, additiamo altmi ad esempio citi fu, sopra tutti, operoso, e ,·orremmo farlo senza molta fatica. Così, il primo impulso, nei nostri Circoli, nelle as– sociazioni, nei compagni dispei·si, <lacchè la Direzione clel Partito proclamò che " De Amici!:! fu nostro :i e che si conviene onorarne la memoria dovunque, non è di pensare intensamente a lui, a quel che predicò cogli scritti e più coll'esempio, di diffondere la sua luce ristampando e diffondendo per tenue moneta qualcuno de' migliori suoi libri, di fm·e. essi, insomma, qualche cosa, ma è.... di chiamare un oratore: possi– bilmente oratore di cartello e che venga di lontano. lo stesso, che, nel primo schianto dell'anima, dissi di lui, come il cuore dettava dentro, alla Camera, nei giornali, nel Manifesto del Partito, dovrei ora riprodurmi, moltiplicarmi, stemperarmi, a ore fisse, in ciarle ed in lagdme, a 'l'orino, a Cuneo, a lfa– venna, a Cesena, a Romtt, a Trieste, in venti altri luoghi, in altrettanti discorsi. Ogni posta reca un invito. Dovremmo, quttuti lavoriamo giornata per giornata, minuto per minuto, giusta impegni gelosi o prefissi, per la ca.usa che al defuuto fu mlra, so· spendere - corne so un tremuoto ci aves~e demolito le case - i1 ritmo normale dell'esistenza, chiudere per due, per tre settimane i nostl'i sportelli alle cam– hiali che abbia.mo sottoscritte o che la vita, creditrice I I inesorabile, ci viene, via via) presentando 1 per precipi- tarci, nei treni e tra le folle, alla scorribanda delle I concioni 1 che l'obbligo e la ripetizione renderebbero fredde e rntot'iche. 11;vi è una certa durezzi~ a ri· spondere no alle insistenie, lusinghiere e lusinga• trici, che sono o semhi:,ano fatte in nome di 1111 morto che amammo. Eppure,· per mio conto, io mi ribel1o. rn sento, o ne ho la certezza, che De Amicis, vivo, non me ne avrebbe rancore. J~gli fui dei doveri quotidiani della vita, del mele e silente lavoro cui si era ::sacrato, osservatore zelantbsimo; tutti ricordiamo come du– rasse tenace a ricusarsi 1 agli amici, al partito, a dispetto delle pressioni più affettuose, delle attese piLLansiose, quante volto gli chiedemmo cosa che lo avrebbe distratto dalla tela che stava tessendo, o cosa alla quale si sentisse meno tagliato o che gli avrehhe procacciato piuttosto clamore cli applausi che non soddisfazione della sua austern cosciem,a di lavoratore. La lettera agli elettori di 'l'orino, con la quale declinò nettamente il mondato politico, dopo aver preslnto alla. loUn. il suo nome, rimane docu– mento di un galantomismo profondo, quale pochi al mo11cloavrebbero pensato e scritto. Vi hanno tanti accomodamenti colla propria coscienza, quando un amor proprio seduce! Eppure, vi è un modo - il migliore, forse - di commemorare, lii ritardare la vera morte agli uomini insigni che se ne and~u·ono stanchi: quello di imitarli un poco, quanto le nostre forze consentono; di continuarli come meglio pos– siamo. È il modo che prescelgono quanti fortemente sentono - come Dc Amicis senti\'a - il valore inestimabile del tempo, la serietà, la irrevocabilità della vita. Anche è un disperato tentativo di c011tenderli ai fati, questi nostri morti diletti, l'erigern il monu– mento, di marmo o di bronzo - lapi<le, statua, medaglione - al nome ed alla memoria. l 1 J s'intende che 'l'orino, la città che a De Amicis fu maclre di adozione, ossia la madrn più vera, commetta all'a– mico geniale, che scolpì formidabili le umanate sem– bianze del Cristo, di eternare nel sasso, in uno dei suoi grandi squares alberati, l'etligie del maestro, cbe fu così poco professore, del padre, che ci fu sopratutto fratello. Ma uon tutti i socialisti ne saranno paghi; molti vorrebbero il monumento al com– pagno, al socialista, al lo1·0 scrittore, non allo scrit– tore di tutti. E' v'è un alito cli gentilezzu in questo desiderio del possesso esclusivo 1 che è delle madri, delle spose, degli amici più veri. Un compagno di Ancona (1), a me ignoto sino a ieri, ecco che mi scrive di questo; mi scrive col tu alla quacquera, il cui uso fra compagni; anche i più distanti nel rnondo 1 non spiacque al povero morto: '' In seguito alla morte rli De Amicis (che tanto bene hai commemorato alla Camera) ritengo sia nostro <iovere perpetuarne la memoria; e, perchè il senso di ciò non sia travisato dal mondo Lìfncialee dai partit.i dell'ordine, credo che l'iniziath•a debba essere pronta, e l'opera, nostra. 11 mio debole 1rnnsiero è che '-Ì debba innalzargli un ricordo di lIHlrmo a R.oma 1 proprio nella capitale, erl a spese di tutti i proletari. ,, Scrive poi che l'idea gli è sgorgata dal cuore . .Ma sarà giusta - chiede - sarà opportuna.? Scusa il disturbo, soggiunge. E, se io la approvo e !a lancìo 1 si offre primo a sottoscrivere e a trovare sottoscrittori. R a me - perchè dissimularlo? - trema,·,, un pochino la penna nella mano mentre mi accingevo a rispondere, a cotesta co:3ì semplice e affettuosa proposta, una folla di cose aride, fredde 1 che pote- (I) Fcrcllnan(IO Fa11clli, i11gcb'ucr1.: comunale.

RkJQdWJsaXNoZXIy