Critica Sociale - Anno XVIII - n. 2 - 16 gennaio 1908

22 CRITICA SOCIALE chè le categorie superiori si ,•edono ritagliate le ri• ~pettive " rendite di consumatore ,,. Ora, è evidente che questi imprenditori o posse~– sori di un qualunque bene, i quali godono di una quasi-rendita, cercano di conservarsela con ogni mezzo acconcio. Coloro i quali vedono che, seguendo una certa via, potrebbero far sorgere un soprareddito a proprio vantaggio vi ricorrono, senza preoccuparsi menomamente se, con tale aumento della loro pro• duttività particolare, vengono a offendere quella della collettività; se 1 per dirla più precisa.mente coi te– deschi, In. loro J(entabilitiil va a scapito della I',·o- 1.uktiviliit. I mezzi a cui gli imprenditori ricorrono per in– nalzare la prima sono i più svariati: dalla distru– zione di parte dei raccolti, caratteristica della eco– nomia coloniale cleg-liolande,i nei secoli xvi e xnr, ai mezzi pili porretti con cui al giorno d'oggi o si limita l'offorta dei prodotti sc1:1glionandola sa, pientemente noi tempo 1 oppure si frena addirittura la potenzinlità prorluttivà dei capitali mo6iliari o fon– diarì. Gli esempi abbondano e, naturalmente, si verifi– cano in tutti i casi frequenti~simi in cui la concor– renza può venire naturalmente o artificialmente li– mitata. Il Lnunhardt ne dà il tipo classico nella industria ferrovia.ria, anche dO\'C non esiste il mo– nopolio, ma \'1.1!8 il principio economico privato se– condo cui si de,•e " raggiungere il 1>iùalto reddito di esercizio, senza preoccuparsi della utilità econo– mica ottenibile dalla collettività 11 • Un altro caso pure famoso si trova in quello che comunemente si chiama " il prohlema della colo– nizzazione dell'a~ro romano ,,. [ pochi lalifomlisti di quei 200.000 e più ettari di terreno non sono uniti in Sindacato, non hanno rondizioni econo111iche iden– tiche, ecc. Ciò non ostante, sono ferocemente àvversi a qualunque tentativo che spinga a creare nella campagna romana un diverso metodo coltuntle. E questo avviene perchè, come direbbe un economista inglese, la disutilità marginale del capitale impie– gato nel miglioramento del suolo non è compensata,· per essi, dallil utilità marginale che da tale impiego deriverebbe. fl che però non toglie affatto che questo provenga da un insieme di condizioni tali per cui la RentabiliUit dei baroni romani si trova in hen aspro contrasto con la Procluklil'iWf. Un terzo esempio lo potremmo trovare nella prima legislazione forestale italiana, che voleva essere " li– berista ,, e che portò alla disastrosa distruzione tielle nostre magnifiçhe foreste appenniniche, con penna– nente disutilità sociale. Del resto, se, da questi casi classici e più nume– rosi di quanto si creda, noi passiamo ad esaminare i fatti della vita economica quotidiana, vediamo un industriale ritardare od affrettare l'introduzione cli una. macchina, dare una ampiezza maggiore o mi– nore alla propria azienda, assistiamo al sopravvi,•ere pili o meno lungo di taluni Ol'ganismi industl'iali o commerciali 1 e tutti questi fenomeni si riproducono con la più perretttt. indifferenia della produttività sociale. Questo continuo distacco fra l'interesse econonlico individuale e quello della collettività. si manifesta poi soventi volte sotto la forma di oppressione C8er– cituta, approfittando di una congiuntura favorevole, eia un elemento della produzione a danno di un alt.ro. Allora. quando quest'ulti mo riesce 1 con una for ma o un'altra, ad evadere 1-1.ll' ingiusto onere, si verifica un'improvvisa variazione qu antitativa nella combinazione dei coefficienti di produzione. E, se questa variazione non è contemporaneamente accom- 1)0gnata da altre, corrispondenti e proporzionali, nella domanda dei prodotti, ne risulta, oltre a un danno per la categoria degli elementi produttivi direth1.- mente colpiti, uno svantaggio sociale, il quale si manifesta, o in una minore, o in una peggiore pro– duzione. Questo speciale sistema di disutilità. sociale, che ha dato - nel suo caso pii1 famoso - una delle prime ijpinte alla. legislazione sociale in Inghilterra, presuppone una. debolezza o una disorg-aoizz 1zione in qualche elemento della produzione: quindi è de– stinato a presentarsi con un cRrnttere essenzialmente transitorio. l~ a tale ca.tegoria che appartengono i possibili " eccessi,, delle organizzazioni operaie 1 che il Crespi, e con lui tutti i forcaioli del glolJO terraqueo, la– mentano e temono. Timori e lamentele vane: perchè es--i non possoao trasformarsi in una minaccia e in un danno permanente se non in un unico caso: che l'elemento della produzione di cui si tratta sia mo– nopolizzabile. E qui io passo alla. seconda parte della dimostrazione. ... Il. - L' organfazazione opera,ia 1Ju() divenfre w1 Si11dacnfo, non un monopolio. - Come è noto, il mo– nopolio - sì naturale che legale - pre;tuppone una industria nelle mani di uu solo individuo o Società, a cui si contrappone la concorrenza fra i consum&.tori. In tal caso il prezzo si forma secondo gli interessi del monopolista, il quale non è tratte– nuto da ostacoli di nessun genere - ove non siano legali - - e agisce quindi in modo da ricavare il massimo 1>rofitto netto. Nel caso di Sindacato, il prezzo invece è fronato da!Ja " concorrenza potenzia!P. " : la quale sorge non appena il prezzo, fissato dal Sindacato, sia divenuto talmente superiore al costo cli produzione, da costi– tuire un premio sufficiente per i concorrenti. Natu• ralmente q1iesta concorrenza. è più o meno facile e acuta a seconda della ampiezza della zona coperta dal1 1 industria sindacata, della sua natura, tiella quan– tità minima di capitale che richiede, della influenza che esercita su di essa la speculazione borsistica, dell1essere una industria a costi decrescenti o co– stanti, ecc. i~ il concorso di uno o più cli questi elementi che, per l'industriale principe, determina la tattica da seguire nella costituzione e nella con· dotta del Sindacato, le dimensioni di esso, i prezzi a cui può lanciarne i prodotti, ecc. Nel caso del monopolio, il costo dì produzione è unico: è quello dell'iadustriale che ha monopolizzato Pindustria. Nel caso del Sindacato, il costo è assai maggiore: è quello che risulta dalla capitalizzazioue degli ap1>orti cho ha fatto ciascun consociato, dalle spese di fubhl'icazione dei vari stabilimenti che re– stano in funiione e che naturalmente non hanno tutti lo stesso grado di perfezione tecnica, non go· dono degli stessi benefici di congiuntura, di posizione geografica, ecc. Nel caso del monopolio, la concorrenza potenziale non esiste. Essa si erge contro il Sindacato, anzi talvolta la. si inveata: e allora accade che il Sin– dacato sovente compera il presunto concorrente e lo incorpora a caro prezzo, pur di evitare i rischi e le spese cli una lotta. F. per tutti questi motivi qui 11.ppena e imperfettamente elencati - che nella grande mRggioran za dei casi i Sindacati, dopo a,•ere per qualche anno sopr aeleva.ti i prezzi dei loro JJro dotti, preferiscono poi se~uiro un'altra tattica. Cioè, a parità di prezzo, abbassare lo spese di produzione, in guisa da rendere più ampio il margine fra queste e il prezzo di vendita. E questo è un risultato che non può ottenerai se non da un Sindacato, per la perfezione che esso apporta nel feuomeoo produttivo. Dunque il monopolio non è il Sindacato: nei rlue caiji il prezzo si forma e varia in guisa afftltto diversa.

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