Critica Sociale - Anno XVIII - n. 1 - 1 gennaio 1908

• 8 ùRITICA SOCIALll prenditori, esso ò tuttavia fornito di ampio potere di controllo su di ossn, perchè competentì:,isimo a giudicare d1ti risultati so ò bene o mal diretto e di organizzarsi inturno agli imprenditori c1tpaci clisertando dagli altri, sia come operai, sia, automaticamente ed anche più, come consumatori in generale .Ed allora la premessa vera che ci separa è questa: il Marchiali considera ti proletariato come sfruttato e la borghesia come srruttatrice 1 senza accorgersi che lo sfrut– tamento è un concetto extra-economico ed etico; io io– ,,ece considero il proletariato come una clMse in perenne rinnovamento, cli cui fauno ,,nrte coloro che o non hanno o hanno perduto la capncità. di essere da sè socialmente utili, e non possono continuare ad esserlo che sotto di– rezione altrui; sì che, quanclo lo sfruttamento interviene, esso non è debole e povero perchè sfruttato, ma è sfrut– tato perchè debole e povero. Per Il Marchioli basta mi• nare hl borghesia por emauclpare il proletariato come clai:ise i per me, che ammetto la circolazione delle éliles, la ,emancipazione del proletariato come cla~1e non può procedere che nella misura della educazioné1hdividuale de' suoi membri: si tratta di un problema di medicina sociale e individuale a un tempo; frattanto il sostituire il volere del maggior numero, anzichè il suo controllo, a. quello delle classi nttualmente esistenti (e pure in continua rinnovazione) in cui esistono i cervelli direttivi e pili comprensiYi, sigoiflcheroUbe una sostituzione di ignoranzs. a capacità, che non potrebbe non riflettersi in un abbassamento del tenore di vita degli stessi operai; il vero interesse dei quali ò co.,ì quello, non di minare la borghesia come funzione direttiva, non già di .<.osti– tuirsele, che ò assurdo, datt1. la 1>erennità delle runziooi che essa rappresenta, ma di impedirne il ristagno. k evidente pertanto che io nou invoco punto un pro• Ietariato passivo, sottomesso e smidollato, o che assegno la massima importanza alla sua iliiziativa di co1ttrollo 1 non solo come fatto1·e di produzione, ma anche come consumatore (un lato che I socialisti trascurano). Ed è chiaro qual è la mia risposta alla domanda della Critica Sociale: che è della verità e utilità del socialismo come tendenza. lo potrei eludere la domanda ricordando che il Sorel si dichiarò Incapace di dire che cosa significhi socialismo, che in tutti i paesi esistono socialisti che si contestano tra loro il diritto di chiamarsi tali, o che, ad esempio, il Macdonald 1 tra i leaders del socialismo inglese, non ammette la lotta di classe nel senso marxistico e l'ha vigorosamente <'ondannat1l o repudiata ne~la sua opera 8ocialisme a11dsocietv; potrei dichiarare di non avere perciò un criterio possibile per Jocidore se io sia dentro o fuori l'orbita del pensiero socialista 1 tanto più che vi sono cooflitli anche tra partiti e organizzazioni. 'l'uttavia, definendo in generale, se si vuole, come so cialismo lo srorzo del proletariato organizzato per la elevazione del suo tenore di vita, credo aver diritto a dirmi tuUa\'ia socialista, se si ammette che tale srorzo, per riuscire, d<n·e soddisrnre alla condizione di non pro· durre alcuna perdita socia.lo utitta di ricchezza e di pro– muO\'erne l'aumento. Qualunque legge sociale o processo di lercislazlono che non violi queste condizioni ha il mio pili entusiastico aesenso. Cho so lo sono in contrasto con molti metodi e punti di vista socialistici, gli è che sono co1l\'into che essi nuocciono all'oC'onomia sociale ed ope• raia assieme, o non già por pregiudizi conservatori. Il 1larchioli fa gran caso della coincidenza tra asllerzioni mie e di couservlltori. Oli rispondo che una verità non cessa di es.iero tale per cib che ,·iene da conservatori, o che la debolezza di un partito è misurata anche dalle verità di cui risveglia la memoria e lascia le dife_se ai partiti avversi. Ma non voglio giocar di parole; io non posso certo essere ulteriormente socialista nel senso che ha assunto questa parola in Italia, ma cib non perchè io abbia ce:1• sato di pensnre, come più volte scrissi nella Critica So• ciall!, che sMialismo e liberismo, lungi dall'essere anti– tetici, sono indirizzi e tendenze complementari, di cui or l'una, or 11altra giova alternativamemeote a questa o a qu~lla cla,.se soci[l.lO; ma precisameute per tale ra– gione, e perchè non mi sembra che sì possa avere una vera e chiara e buona politica di classe so prima non se no ha uua, per quanto imperfetta, delle condizioni del massimo benessere collettivo. E il riflettere su queste condizioni mi ba conjlotto a vedere che, mentre è possibile innestare vantaggiosa– mente germi socialistici su tronchi e rami individualistici, non ò altrettanto facile innestare i \'aotaggi dell'indivi– dualismo su quelli doll'nltro regime. Due volte per set– timana io rrendo pArte da rluo anni art uoA. dehafi11g soeiet11 1 di cui fanno parte operai, imprenditori, proprie• tari, av\'Ocatl, studenti, medici, e in ogni seduta della quale si studia per ore ed ore e si discute di un dato J>roblema sociale concreto, dopo sentita una o due rela– zioni di diverso indirizzo; e non credo che Marehioli, con tutte le suo letture, abbia mai o pos.'la avere, in Italia, altrettale occasione di abituarsi a considerare un p1oblcma da più di un solo punto di vista. . .. Il lettore giudichi ora come crede tra. me e lui. Non mi s1 potrà negare questa giustizia: di essermi tenuto noi campo strettamente economico, non divagando, come egli fa, fllor dell'ttrgomento; di essere stato pili sereno e leale con lui di quello che ei si meritasse pel tono irrisorio della sua replica. Quando, per es., egli pre– tendo di dimostrarmi conservatore, debbo credere che, se è in buona fede, non sappia ca.pire cib che legg~. 1;:gli sembra non nmmetlero che si possa differire dal suo punto di vista, non già perchè si approvi lo stato di cose attualo, ma pel convincimento che, adottando quel punto di vista, se ne oggraverebbero i mali. Non solo; ma, mentre nei miei articoli, da lui ricordati, in cercavo, non già di dimostrare che la democrazia poli• tica. e sociale sia impo9sil>lle, ma quali sono le condi– zioni, a parer mio, più necessarie al suo successo, eì mi accusa di rinuuciare ad essere democratico; e con ciò npn s 1 t1.ccorge di conressare cho il suo concetto materia: l!blico della vita gli sta più a cuore della democrazia e del socialismo, se per lui questi non sono possibili senza di quello. E1 può lrrlclere al mio romanticismo e al mio idea– lismo; ra-rebbe meglio, se può, a cercar di capirli; ve– drebbe che essi in fondo consistono in una verità che i socialiuti troppo spesso dimenticano, e cioè che Pes– scnza dei valori à soggettlva. Un imbecille può posse• dere un magnifico parco e goderne meno del suo spaz– zino. C'è chi ò disposto a dare un occhio del capo per un diamantej lo lo venderei subito. lo altri termini, non v'ò necessaria proporzione tra ricchezza o felicità, e ognuno di noi può accrescere la sua felicità enorme– menle, educando il suo gusto e lo sue facoltà, senza che ciò esiga alcun aumento di ricchezza; ed anzi è quando il nostro mondo soggettivo è ricco, che la ricchezza trova il suo miglior uso e lo arricchisce ulteriormente. Quando il perrezionamento interiore, negli ideali e nei gusti 1 stimola a sforzi operosi, si ha aumento di rie•

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