Critica Sociale - Anno XVIII - n. 1 - 1 gennaio 1908

CRITICA SOCIALE 7 • RICORSI TEORICI MRHCHESTERRIAHI Ultima. ,•eplica, lt Etto,·e 1lfa,1•chioli JJel' la, libertà, <lcl fa,voro, Non sembra che il mio contraddittorn sia molto attento nella lettura di ciò cbe conrutR.; altrimenti, si sarebbe avveduto che la sua replicn sfondava porte aperte, non coglieva il punto essenziale e faceva dello sJJirito anzi• chè formulare delle ragioni. Ad esempio 1 quando cita Il Pnntaleonl contro di me, non si accorge di portar acqua al mio molino. Io non pretesi mai di definire Piuteresse collettivo a base di teoremi di economia pura; rlissi soltanto, d'accordo in ciò con note e irrefutate dimostrazioni del Pareto e con una. celebre c·onferenza del Pantaleoni a Venezia, che la libertà di concorrenza ò la <'Ondizlono (negativa) si11e qua 11on della massima pl'Oduzione di utilità sociale in ogni Istituzione; ed, appunto per la impossibilità di tro– vare una formula che adeguatamento definisca l'essenza posilit:a dell'interesse collettivo permanente, e di ricono• score in alcun individuo od in alcuna classe il privi– legio della iufallibilltà, e per la constatazione della f1,cilitò. con cui ognuno tende a sopravalutare la pro– pria o sottovalutare la funzione altrui, conclusi alla giustificazione della libertà. dl lavoro. Marchiali dice che questa serve di protesto ai capita– listi per sconflggere gli operai anello quando banno ra– gione e che ciò anione nella maggioranza. dei casi. Come fa egli a saperlo? Con quale criterio giudica della ragione e del torto in conflitti economici? Che sa delle condizioni del mercato che hauno determinato l'impren. ditore a resifitere? O ha in serbo qualche dottrina del giusto prezzo? L'accenno al giornali professionali mi sembra provare in lui il partito preso di non riconoscere la ragione che da una parte. Comunque, ad,lucere i,ico,tvenie11s nou est solvere quceationem. Il suo argomento vale quanto quello degli agricoltori che cleplorano Il krumiraggio del grano straniero e irnocano la proter.ione. È un caso di protezionismo operaio bello o buono; e, quando la organizzazione operaia, dal minaro le posizioni privile– giate di altri fattori, passa a voler.11enocreare di proprie, io ml schiero contro di essa, anche In nome degli operai in quanto consumatori. Ma v'è di pili. Il mio antico e crt.rissimo amico Arnaldo Agnelli, in una primizia, pubblicala negli ultimi due numeri della Vita lntenwzionale, di un suo lavoro su~la " msoccupazio11e involontaria n premiato dal Comitato per la E1posizione nel concorso Ottoleuglli, mostra la impraticabilità. de\Pidea del .Marchioli. Se il krurniraggio è, o è in vin di diventare, una rara eccezione, la sanr.ione repressiva è Inutile; se invece è In flore e fonte di pericolo J>er gli scioperanti, ciò significa che il mercato offre una quantità. di lavoratori perfettamente sostituibili. In questo secondo caso, l'applicazione di norme coercitive diventa difficilissima e pericolosa, e, ad ogni modo, il mercato non è preparato a tollerarla; e, per togliere disoccupa– zione da un lato, la si mantiene e consolida dall'altro; cbò anzi, l'esi,tenza e la persistenr.a di un numero rag– gui~rdevole di disoccupati ò appuuto Il fenomeno che ci avverte come al lavoro sin.si voluto dare un valore su– periore a quello che mel'ita, così come l'accumularsi di merce invenduta dice al negoziante che il suo prezzo ò esagerato. In questo, come io tutto il rimanente, può il Marchioli ritenere perretto il mio accordo con l'Agoelli; del quale 1·lcordo pure la osservazione che l'aumento artificiale dei salari tendo a rallentare la trasformazione del ri– sparmio in capitale o quindi a diminuire la domanda di la\·oro. Per asserire che nel pH1 dei casi gli operai sconfitti ave,•ttno ragione, il Marchioll deve dimostrare che la loro vittoria non avrebbe prodotto diminuzione nella nel capitalo totale della soeiohìj per sostenere che tale vittoria ha un valore permanente, deve dimostrare che essa importa aumento di capitalo o di mano d'opera impiegata, e non già. diminuzione. ~;chi può dimostrarlo se non il ratto? Ma, se così è, quantunque la libertà cli lavoro pos.m in un dato momento torna.re incornoda allo organizza– zioni operaie, essa è una condizione della elevazione permanente della clMse operaia, coordinata col progresso degli altri coefficienti della protluzione. Quando per l'aumento progressivo di capitale o di abilità imprendi– trice da un lato, o per ì'elevar.iono generale clel tenore di vita e della cultura dall'altro, la mano d'opera sarà scarsa per•rapporto allo opportuuìtà d'impiego e godrà. quindi di una grande facoltà d'opzione, il krumiraggio e la ctlsoccupaziooe saranno naturalmente scomparsi, o con essi la libertà. di lavoro. Prima di tal momento 1 in regime liberale come in regime socialista, i disoccupati non pos3ono che vivere alle spe:te degli occupati d'ogni classe, deprimendo il divlctendo generale. . .. I~ vengo all'altro punto di fondamentale dissenso. Dico il Marehioli: ~ Per noi socialisti la classe lavoratrice rappresenta la maggioranza del cittadini che lotta contro i 11rh'liegi di una minoranza sfruttatrice; per noi, qui nel i, l'utile socìa!e si identifica all'ingrosso con l'interesse di questa maggioranza che, secondo Marchioli, è in con - ftitto con la libertà di lavoro e che deve quindi pre,·n– lere contro gli interessi consolidati di altre classi. Sa1,,o che il Marcllioli po3sa confutare la teoria delle Clites di Mosca e Pareto 1 egli deve ammettere che ~li spiriti direttivi più capaci sono minoranze. Ne segue che esse siano necessariamente sfruttatrici? Certo, esse non lo sono nella misura in cui la loro direzione è preferibile alla loro o.asenza, misura data dal saggio medio dei pro• fitti per ogni industria, e cnlo esse non possono dlven• taro tali nella mimra in cui la iniziativa, ad et1empio, e la opzione delle classi la,·oralrici mantiene ,•iva tra i loro membri la concorrenza ed anzi aumenta i eentri d'impresa. Ne segue che, nella misura in cui non sono sfruttatrici, esse rappresentano non solo il loro interesse ma, sia pure eolo in parte, anche l'lntereHe operaio e della società intera. Il punto di vista dell'lrnprenditoro, per ciò solo che ò quello di chi coordina a un dato flue certe do:,i di ogni altro fattore di produzione, è un punto di vista pili comprensivo dell'interesse di ogni altro fattore implicato in una data impresa, Incluso il fattore operaio, di quello che il punto di vista del mero locatore dì risparmio o dl mano d'opera sia comprensivo anche dell'interesse sociale che l'impresa mira a soddisfare. Esso non rap presento. certo tali int'eressl In guisa pcrretta 1 epperò ò utile e necessario il controllo dei fattori che esso coordina; ma rimane vero che, senza di esso, ognuno di quei fi\ttori avrebbe minor valore sociale. Ciò signi. fica che, nel fatto della impresa, la cooperazione tra gli Interessi precede i loro potenziali antagonismi circa la distribuzione degli utili, e significa puro che, nel com– plesso totale delle cose, sebbene, per ciò che concerne la organizzazione della produzione, il maggior numero sia Incompetente a dettar condizioni alla f!lite degli im-

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