Critica Sociale - Anno XVIII - n. 1 - 1 gennaio 1908
CRITICA SOCCALE li maldicenza le prime scene delle commedie fii Paolo "Fer• rari, fluo agli affezionati barcaiuoli delle vecchie case veneziane, ritratti con tanta simpatia dalla candida anima di Oiacioto Gallina, fluo alh~ misera servetta di una famiglia d'impiegati, che fornì il soggetto ad una forte novella di Gerolamo Rovetta ... qu11ndo non era commendatore. Addito l'argomento a qualche giovane studioso, in traccia di una tesi di Jfollurgeschichte. E mi basta di invitar voi, arguti lettori e ancor più argute lettrici, a pensare un momento con me alla condizione attuale ed effettiva dei domestici, di questi proletarì ancora quasi tutti disorganizzati. . .. mento della M.sa poco si curano, affidan,lo i loro steini figli per l'intera giornata nelle mani dei domestici. Detto ciò, aucltatur - come giustizia vuole - tt altel'a pars. Dicono le padrone di casa che le persone di ser– vizio non hanno piìt quell'affetto, quell'attaccamento per i padroni, che le faceva invecchiare nello case e partecipare a tutte le gioie e a tutte le sventure dome· stiche; le loro pretese aumentano di continuo; lavorano spesso di mala voglia, e guastano la roba che toccano; rispondono sfrontatamente ad ogni più piccola osserva– zione. E forse queste loro querimonie non sono tutte ingiustificate. Sta in fatto, insomma, che - eia colpa degli uni o degli altri - fra i padroni e i domestici sf sono allen– tati quei vincoli di simpatia, che una volta li univano; gli uni sono indifferenti, se non anche ostili, agli altri. Non voglio caricare le tinte, e dipingere il ménage mo– derno come un costante pitde di guet'1'a fra la cucina e il salotto j ma crèdO di non andare errato, affermando che ai rap'l?Orti di confidenza fra padroni e domest1ci 1 di antico stampo ei vanno sostituendo rapporti di reci– proca ed ognora crescente diffidenza. Non parlo dei salari: alle 12 1 alle 15 lire mensili di una serva; alle 20, alle 30 di una cameriera; alle 40 <li un cameriere, e allo 50 di un cocchiere o ili un cuoco (non tutti possono pretendere le 20.000 del capo-cuoco del re, e diventar cavalieri, ed essere fotografati nei giornali!) bisogna aggiungere il vitto, l'alloggio e gli incerti (mance, vestiti, ecc.). Ma la' condizione m8rale ò peggiore della economica. Perchè un operaio o una sar• tina, flnita la loro giornata di la\'oro, sono Ubed, sono padroni di sè j possono fil.re quel che loro talenta, pos– sono andare a letto, a passeggio, rincasare quando vo– gliono, partecipare ad un comizio, Msistero ad uno spet• tacolo. Ma i lavoratori della casa ~ono sempre in una condizione di semi-schiavitù; gli uomini hanno, sl e no, 1 libertà un paio d'ore tutte le sere; le .donne, due o tre ore una volta o, tutt'al più, due volte per settimana. Le ore di lavoro effettivti, ma ~a.rl , non sono tant(', quante in un laboratorio od in un opificio, ma il rapporto di subordinazione è ininterrotto. I Vi sono padrone di casa che Yedrebbero di malocchio, e forse licenziereblJero addirittura, on cameriere o lllta domestica, cbo in ore di libertà leggessero un giornale sovversivo, anche se comperato coi loro denari. Certo, questo spif•ito di caserma non aleggia in tutto le case. Ma. quante padrone non vi eono, più burban– zose ... di certl colonnelli, e più restie, che questi non siano, ad introdurre nel breve domiuio del loro mé11age quella disciplina di pe1·suasio1u, che Fabio Ranzi vor– rebbe Yeder penetrare nell'esercito! Per troppo signore è vangelo il noto aforisma <lei povero caporale di setti• mana, ben inteso senza l'ottimistica considerazione che lo seguiva. Lamentano i padroni, e più le padrone di casa, elle le persone di servizio 110nsien l)IÙ quelle di una volta. :Ma, gioverebbe sa1,ere, aitresì, se, oltré l'"ntìco stampo dei domestici, non si sia por av,•entura infranto anche l'an. tico sta1111Jo dei padroni o, meglio, delle padrone di casa. Dove sono andate le nostre vecchie nonne, che pas– savano la loro esistenza ad accudire alle faccende do– mestiche? Vhevano esse la loro semplice vita nella in• timità della casa, accanto alle persone cli servizio, che trattavano con amorosa confldenza 1 mettendole a parte talora dei piÌL gelosi segreti, chiedendo spesso il loro consiglio su questo o quel partito da prendere, interes– sa11dosi alle loro pene e alle loro gioie. La donna mo– <lerna - io parlo, s'intende, in generale, e non rim. piango il pa~sato, ma mi liruìto a constatare il presente - ha mille altre cur(' 1 che la distraggono dalla semplice direziono della sua casa: lo visite, i teatri, le ronfo renze, le lettw·e 1 i concerti, l'interessamento alle occu– pazioni del marito, le occupazioni proprie. Non mancano - è vero - le madri di famiglia, che si oeeupauo 1 come un tempo, esclusivamente del loro me11agej ma non mancano neppure le elegantissime, che dell'anda- Quali le cau-.e di questo mutamento, di questa crisi domestica? l\1olteplici, come di tutti i fenomeni sociali. E 1 come in tutti gli altri campi, in cui s'intrecciano i rapporti economicl 1 giuridici ed etici, anche questo deve ricever lume dalla psicologia. Non ba~ta infutti 1 secondo me, a spiegare la crisi at– tuale delle persone di servizio, l'insistere, come Ada Negri e lo Scbhtvi, su la concorrenza che la fabbrica ra alla fami~Ha. Gli opiHct - così essi ragionano - attraggono il più e il meglio delle energie proletaria: al servizio domestico non si adattauo che i meno ìntel• ligenti proletari, i quali però, come avviene delle pietre preziose," della crescente rarità - scrive lo Schiavi - si valgono per diventare più esigenti, per riacquistare la loro per9onalità e metterla a livello di quella degli altri lavoratori salariati w Non è tutto; nè mi pare per– fettamente esatto quello che dice a questo proposito lo Schiavi. Il quale, pur add1ta11do nella fabbricd. 11 il ne– mico della padrona .,, accenna però anche altre cause della lamentata crhi. 1M intanto, se è vero che la fabbrica assorbe molte delle euergie che una volta si incanalavano, per così dire, nel servizio domestico, è pure vero che è sempre gran,lissimo il numero dei proleta.ri - oltre ventimila, nota lo Schiavi, nella sola Milano - che scelgono ancor oggi quest'ultimo. Scrivo " scelgono ,,, ben inteso, por modo di dire. Perchè, se non è mai veramente lib~ra la scelta per parte di chi è costretto al lavoro dal bi– sogno, molto spes!lo non vi ò neppure questa libertà. di scelta tra Pun genere e l'altro di occupazio1rn. Sovente le domestiche S()nO reclutate tra le ragazze, che afflui– scono ~ci IJorghì o nelle città da villaggi di campagna e di montagna, in cui l'industrialismo non è ancor giunto. Capitate in città, esse cerca.no quell'occupazione che o ò tradizionale nella loro famiglia o sembra loro più facile - com'è appunto quella di prestar servizio in una casa. Nè la. percentuale di persone di servizio, che lo Schiavi ealcQla sul numero totale di lavoratori, pare sì scar.rn 1 da autorizzare a cercare in questo loro preteso valore marginale la causa unica o prevalente delle loro aumen• tate esigenze. Ancora: non mi par proprio che, data e non compie• tamente concessa la rarità. dolio persone di senizio (anche oggi, con la concorrenza. della fabbrica, c'è pur
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