Critica Sociale - Anno XVII - n. 24 - 16 dicembre 1907

CRITICA SOCIALE 371 questo, diviene sempre più generale una condizione <li cose in cui gli imprenditori garPggiano nell'offrire alti salari e nel diretta.re di buoni operai; b) che essa è dovuta alla sproporzione tra popola– zione operaia e offerta di lavoro, aggravata da cattiva organizzazione tecnica della produzione e da deficienza di educazione tecnica negli operai. Anche se ci fosse uno Stato socialista 1 date queste cose e la dettA. spro– porzione, la disoccupazione sarebbe inevitabile. Ne segue che le imprese, che possono servirai di krumirl, sono le peggio organizzate 1 sia che ciò si debba a scarsezza di capitale, oppure di abilità organizzatrice, come accade più spesso; sono le stMse che più di fre– quente ricorrono allo sweating-system. È evideute che, se queste imprese non ci fo:isero e la quantità di capitale e di abilità imprenditrice esistente rimanesse la medesima, da una parte, e dall 1 altra 1 la domanda dei prodotti da parte del consumatore rimanesse pure la medesima, che è attualmente soddisfatta cumulativamente da grandi e piccole imprese, la disoccupazione sarebbe anche più gran<le, e che quindi di per sè il rovinare questo imprese con gli scioperi non giova. Esse non possono soccombere con vantaggio sociale se non per mezzo di un aumento di capitale o di abilità imprenditrice o di entrambe queste cose, nel qual caso anche aumenta la domanda di lavoro. Un primo modo dì lottare contro la disoc– cupazione e il krumiragglo è di avtire un atteggia– mento, che non arresti mai, ma incoraggi questi due aumenti. I krumiri, adunque, come le imprese che hanno biso– gno di essi, sono il detrito dell'organismo economico. Se questo fosse perfetto, non ce ne Sl\rebbero, e non ci sa– rebbe neanche bisogno della organizzazione operaia, per• chè automaticamente ognuno troverebbe il suo posto. Se esso non è perfetto, \.lisogna perfezionarlo impar• tendo cultura ed educazione tecnica e frenando l'aumento di popolazione coll'aumentare le esigenze del tenor di vita. Cfo posto, siamo in vista del punto essenziale. Vor– ganizzazione operaia compie una funzione socialmente utile, nella transazione dallo stadio di massima spro• porzione tra la mano d'opera offerta e ril)hiesta dal sistema sociale allo stadio di equilibrio; e siccome, ad es., nei paesi nuovi, è po!lsibile che essa esista in proporzione inferiore alla richiesta, e, nei paesi vec-. cbi, che essa pure esista in proporzione inferiore alla ri• chiesta per soddisf11.re i blsogoi di un tenor di vita ge– nerale sempre più ricco, questo stadio di equilibrio non è utopistico e può persino essere oltrepassato, e, in Au– stralia e Nuova Zelanda, si può dire che lo è...., pur in regime che si continua a dire capitalistico. È nel tener presente il punto di partenza e il punto d'arrivo di questo processo che si scopre il criterio per la soluzione relativa deJle difficoltà attuali. Ove la or– gaoizzazione operaia riesca a monopolizzare la mano <l'opera più scelta, essa non ha nulla da temere dai kru– mirl e, invtice di odiarli e detestarli, può ridersene trao– quillamente standosene a casa. Ora, in Milano, gli ultimi scioperi hanno dimostrato la impossibilità. di usa.re krumiri o trovar krumiri in grado sufficiente da sostituirli agli scioperanti. Io nessun paese le varie categorie operaie sono cosl solidali come In Jtalia, e non solo le qualificate, ma anche e più le squa– lificate che si siano organizzate. Ciò fu constatato da corrispondenti inglesi, france~i e tedeschi, almeno per Milano. Se cosi è, è almeno possibile e legittimo fin d'ora contrapporre il monopolio operaio al monopolio capi• talistico. Certo, per ciò che riguarda servizi pubblici, fin d'ora la stra})otenza delle organizzazioni è palese 1 e con essa la tendenza all'abuso della forza legitti– ma.mente acquistata. Ebbe ragione Gaetano 1\losca di af– fermare che in Jtalia esse arrivano ad attribuire alla mano d'opera un valore, che non è proporzionale ai suoi servigi, ma ai disservizi che puo infliggere astenenrtosì dal lavoro. Cioè a dire, il punto 1 in cui la libertà di or– ganizzazione cessa di essere socialmente utile e la li– bertà di lavoro lo diventa, non è un punto lontano nell'av• venire, ma è un punto che può darsi e trovarsi ad ogni stadio della curva che unisce la posizione iniziate e la finale del processo dalla sproporzione dell'equilibrio sud– deflnito. E dove e quando esso si trovi, gli operai hanno sempre interesse e tendenza a negare che la loro sia una posiziono di monopolio e ad affermare invece la u·ti• lità. sociale della medesima; e i capitalisti e gli hnpren– ditori hanno sempre interesse e tendenza. ad esagerare il carattere monopolistico di essa e disconoscerne l'uti– lità. sociale. Di qui la nece!<sità di un perenne compromesso tra le due forze rivali, reso perennemente possibile dal ri– spetto di ciascuna per l'altra e di ambedue per la più libera discussione, e dall'arl>itrato permanente delle al– tre classi intermedie, che in complesso rappresentano l'arbitrato della ragione e della coltura. Col collocare Il punto di equilibrio tra libertà di organizz11zione e di lavoro nell'avvenire e fu.or del presente, è la Critica che casca nel misticismo. li presente solo esiste: il pa8S&toe l'avvenire sono soltanto costruzioni dell' immagin ..zione per meglio veder chiaro nel presente, che è il solo che importa; il passato è ciò che ad ognuno accomoda di asiiumere come dato, come punto di partenza, è ciò che cia:-icuno accotta; l'avveoire è ciò a. cui ognuno mira, ciò che oguuno 8pera. Ogni intere1:1se sociale, ogni classe si costruisce il passato che più le pare atto a garan– tirle il migliore avvenire e sopratutto a darle una bus– sola incoraggiante nel presente. Quindi la mia argomentazione regge tuttavia. Se essa è irrefutabile supponendo idealmente già raggiunto lo stato di equilibrio, essa lo ò tanto più nell'attualità e tenuto conto delle imperfezioni da cui feci astrazione. L'ideale non è fuori nè sopra al reale, ma immanente ad esso : ò ciò che rappresenta la sua essenza, tolte le accidentalità: esso è \"ero ftn d'ora, e 1 se non IO è ora, non lo sarà mai. E se la mia argomenta~ione sta, o il krumiro è colui che è socialmente destituito ed inutile, ed in tal caso l'operaio organizzato, colui che è un va– lore, uon ha nulla. da temere da. esso; quegli è re,ipiuto perchè non è richiesto; o, se esso rie~ce a sostituirsi al– l'or~anizzato, c,ò prova che esso, e non q 1e◄r.i, ,ira uu valore sociale. lo ogni caso la cocllflcaz1one è inutile. V'è poi una petizione di principio nell'asserire che la legalità. segue il durevolmente più forte; con ciò si elude il vero problema, che è questo: basta la forza a fare il diritto? La Critica ha aggiunto il criterio della durata. Ma che cosa significa dum1'e? Il tempo uon è una cosa vuota: è un pieno. Durare significa reg– gere alla critica, alla discussione, significa rivelare che la propria forza sta nel rappresentare una verità perma– nente, una ragione. Se la. organizzazione operaia riesce a provare di essere una verità permanente, uua i::ititu– zione sociale, diverrà. legge, e io non ho nulla in con– trario. lo sostengo soltanto che la sua runzione è di tal natura, che o non ha nemmeno bisogno di essere tra– dotta in legge, o, se tradotta in legge, può, supposto che

RkJQdWJsaXNoZXIy