Critica Sociale - Anno XVII - n. 22 - 16 novembre 1907
CRITICA SOCIALE 345 avvertito, sulle nostre fatiche e sulle nostre spe– ranze, inaridendol e. Da. ogni parte balza.no su dalla. folla malvestita e dalla folla eleg ante aud aci teorizzatori de' nuovi sistemi di lotta: nelle ore di 'Pubblico commovi– men to il cozzo cruento dell~ forze sociali esaspe– ra.te è ormai considerato da. gli uni e da gli altri com e un evento indeprecabile e necessario a risol– vere l'immane contrasto. La politica dello schiac– ciamento - confessata. o segreta. - è aspirazione arden te di molte anime inquiete, che non vedono alt.ra via di scampo. Per la rivoluzione e per l'or– dine la violenza è ugualmente invocata; gli uni la gridano alle collere cieche del popolo assembrato, gli altri la esprimono freddamente - come un'o– pinione rispettabile - nella prosa dei loro gior– nali, la impongono al Governo, la consigliano a.I privato, la. discutono e l'organizzano nelle loro con– venticole. Fin gli uomini di chiesa, i depositari del più mite verbo di pace, predicano ne' loro fogli la necessità per i ministri del culto di affrontare ar– mati i frizzi osceni della piazza, di stringere in pugno sotto la ,,este talare il piccolo ordigno lu– cido e fred<lo che dà la morte. Alcuno di questi fogli, che girano il mondo con in testa il viatico d'una benedizione papale, è giunto persino a for– nire a' suoi lettori e abbonati indirizzi di armaiuoli dove si compra meglio e più a buon mercato, e n,m si esagera affermando che, durante Pultima campagna anticlericale, quegli onesti mercanti di acciaio terso e brunito, foggiato a tutte le offese, devono aver fatto buoni affari. E, quel che è peggio, la teoria della violenza non solo rifà la sua comparsa. nelle con<'ioni demago– giche, negli ordini del giorno e negli articoli della gente e della stampa scalmanata. e ben pensante, ma e da gli uni e da gli altri è messa anche in atto con la maggiore buona volontà, tutte le volte che se ne offre l'occasione o il pretesto. Al gesto odioso della turba scioperante che impone altrui con Ja violenza la solidarietà nella protesta. e vuol fermare arl un suo cenno tutte le ruote dell'atti– vità sociale, fa riscontro il gesto noa meno oOioso e più vile della gente per bene che colpisce a om– brellate il facinoroso già stretto ai polsi da gli agenti della legge ( 1 ); al sasso lanciato da mano popolare in un momento di tra.volgente follìa ri– sponde il piombo dell'ordine; e intanto le tombe per i morti si scavano a una, a due, a tre per volta, sin che non formano a poco a poco tra il popolo e la legge una profonda trincea d'odio che li di– vide per anni. E le forze divise si dichiarano guerra, diventando la legge oppressione e il popolo ribel– lione. Nello stato di permanente guerra sociale in cui ci tro'\'iamo, ogni arme è'"btlona per gli estremt pa,rtiti in contesa. Chi soffia nel fuoco delle pas– sioni popolari e chi eccita i rigori della legge re– pressiva a dispiegarsi fino alle estreme conseguenze. Nè in questa. gara i violenti dell'ordine si accani– scono meno dei violenti della rivoluzione. Questi hanno almeno l'attenuante dell'ignoranza secolare in cui furono lasciati e per cui son tratti a cre– dere al miracolo dei colpi risolutivi; ma gli altri non hanno attenuanti. Scoppia un moto di piazza, uno sciopeJ·n gene• raie? Essi corrono a nascondersi fin che la bufera è scatenata, e poi, quando iji rifà un lembo di se-. reuo, escono fuori ad assordare l'aria delle loro querimonie. Se doman<late loro dove furono quando urgeva il pericolo, vi rispondono che la loro pre– senza era inu tile e im possibile, perchè non sareb• bero stati nè ascolta.ti nè ammessi: e non pensano che questa ri sposta è Ja. loro conda.una. Se la pren• (1) Vedi Il l'Ol'l'ltl'I/ dilla $tm del 29 ottobre. dono con tutti: col Governo che 1 per evitare guai peggiori, non ha creduto di esasperare il movimento con sùbiti conati di repressione violenta; se la prendono col pubblico che non ha reagito - le armi alla mano - contro la prepotenza degli scioperanti; ma sopra tutto se la prendono coi par– titi e con gl'individui che in momenti decisivi sono nndati in mezzo alle folle in subbuglio, han saputo farsi ascolLare e son riusciti a dirigere la turbi– nosa corrente della loro indignazione per una rotta in cui fosse la minor probabilità di guai e di ro– vine. Per i violenti dell'ordine questi mo<leratori di– ventano, a cose fatte e a pericolo tramontato, i veri responsabili d'ogni cosa. Essi sono colpevoli di non aver preso di fronte il movimento e di non averlo annichilato d'un tratto; sono colpevoli di non aver protestato nelle forme alla tal'ora e nel tal minuto, o di non essersi appartati sdegnosa– mente quando la protesta non fosse valsa a scon• giurare gli eventi. E non si pensa che, per contenere una forza scatenata, bisogna seguirla, come per frenare il galo})pO rovinoso di un caval1o bisogna tener forte le rerlini procedendo con esso, anzichè abbando· nargliele sulle spalle; e non si pensa che un con· tegno aggressivo o semplicemente sdegnoso verso la folla inasprita avrebbe tolto a chiunque la pos– sibilità di esercitare su di essa. una qualsiasi in• fluenza moderatrice. Fan dubitare, piuttosto, i violenti dell'ordine, che avrebbero preferito veder la folla, non contenuta nè guidata da capi responsabili, precipitarsi a più deplorevoli eccessi, perchè ne risultasse più lam• pante la necessità della. controviolenza e della. po– litica di schiacciamento, da essi reclamata. Perchè - come si può tacerlo? - le suggestioni dei violenti dell'ordine, anche dopo l'ultimo scia– gurato sciopero generale, cominciano a sortire i loro tristissimi effetti; e già si seminano nuovi germi d'odio e di rappresaglia, già si prepara nuova. materia ad agitazioni e ad amnistie future. A Mi– lano - fatto sintomatico - pochi di dopo lo scio– pero, Ja Curte d'Ass.ise 11ondanna un ventenne ma– lato a 5 (dico cinque) anni di reclusione, perchè sorpreso nell'atto dì distribuire ai soldati un gior– naletto antimilitarista. Non s'avvedono i violenti dell'ordine del turba– mento che gettano nelle coscienze tranquille? Se un tale esempio discende dalle classi dirigenti, che cosa si può sperare dalle classi soggette? Come pretendere che si emancipino dai loro cattivi pa• stori. quando l'azione dei buoni è continuamente screditata. davanti alle stesse masse operaie e da– vanti all'opinione pubblica? Come persuaderle del• l'inutilità della violenza, quando la vertono costan• temente reclamata e applicata contro di esse? Come ispirar loro fiducia nelle leggi e nell 1 auto– rità dello Stat o, quando delle leggi e dell'autorità esperimenta.no tutto il rigore in se stessi e tutta l' indlllgenza in altrui? Qtiale pericolosa semente di sovversione s'è sparsa in Italia da molti uomini d'ordine! Se la respon– sabilità pesasse come un fardello materiale, do– vrebbero averne curve le spalle. . .. E a gli altri, alle molbitudini operaie più incon– scie, a questa povera materia umana, schiava ieri del prete, oggi del demagogo, semplice, credula, impulsiva, ignara di tutto fuor che della forza bruta de' suoi muscoli, che sola esercita nella sua dura fatica quotidiana; che cosa dire a questa 11l.assainconsistente ed amorfa, che il primo cial– trone può esaltare fino al parossismo e spingere a
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