Critica Sociale - XVII - n.20-21 - 16 ott.-1 nov. 1907
CRITICASOCIALE 309 Surwori:e che, in una società tormentata e in rapida evoluzione come la presente, nelle cam– pagne dove il feudalesimo e la camorra e il più rozzo analfabetismo si danno di gomito, nelle città industriali dove penetra a fiotti e sempre si rin– nova lo zotico elemento rurale, ieri zimbello del curato 1 oggi del primo ciarlatano laico che incontra, scioperi assurdi e tumutt1 s1evi~ un precetto di legge, o un cipiglio di carabiniere, o un discorso ,li riformista che non reciti (come garbatamente insinuano) le due parti in commedia, è altrettanto pazzesco quanto il sem plicismo dei fanatici che, nei Comizi delt'ArenA, pensa.no che basti lo scio– pero a<l abbattere un Governo, a distruggere uu t Codic e, a immobilizzare la forza annata, a ri1rnO· va.re dalte basi la società. Qu ei signori credono nel miracolo, e cercano il rimedio negli scongiuri. Nella vita n01·male sono colti, intelligenti, positivi, magari positivisti. Una frana, un acquazzone, un fatto notevole qualsiasi che riesca molesto, li induce alla difesa pacata. Ma lo sciopero non è più un fatto naturale, Cer– cano l'untore, la strega.., il malefizio. Si esasperano. Strillano come tracche. Mentono come prostitute. Crediamo che lo facciano iu quella semi-buonafede, che è propria delle donne isteriche. Nei negozi ordinarì 1 se dicessero bugia si terrebbero disonorati. A Milano, in quei due giorni, e poi per una set• timana, furono 'rurati e Treves i demiur~hi, i sa• tanassi, i gerenti responsabili di tutto ciò che era avvenuto e cho non era avvenuto .. Avevano essi generato lo sciopero, che li sorprese come il ful• mine. Non valse che si sbracciassero a contenerlo, a imporgli un fine ragionevole, a fare che cessassa - e cessò - nelle 3G ore. Avevano cura d'anima e di corpi. Dovevano, come il padre eterno, essere a un tempo dapertutto. Un grave giornale fioren• tino lamentò che Turati non avesse pronunciata uaa solo parola contro gli atti di teppismo. Li aveva stigmatizzati da.i balconi, affrontati nella pubblica via, deviati dal palazzo reale in un mo– mento rischiosissimo. Non valse. Un foglio milanese a·ella. sera, che pretende a serio 1 gli rinfacciò fiera– mente di non avere impedito lo sciopero ai ferro– vieri1 " suoi elettori 11• Ignorava, o fingeva ignorare 1 in che termini egli si trovi con quegli Alcirli, ohs farebbero lo sciopero, solo per fargli. dispetto! La 'l'i•ibuna recò un'intervista, secondo la quale i sindacai isti (guarda. mò !) volevano abbreviare lo sciopero, e i deputati socialisti si opposero. Il mondo alla rovescia! Il Co1·riere della Sera rife- 1·isce, ma non escludé, e nota soltanto che la cosa " non gli risulta. 11 • A noi, per esempio, " non ri · Rutta- n che il Co1·1~iere cacci le mani, per abitudine, nelle tasche d1}isoprabiti appesi nelle anticamere. Non è vero che lo stile è leggiadro? E l'elenco d~gli esempi potrebbe continuare quant'è lunga questa Rivista.. Predicano, da u~a parte e dall'altra, la. ferocia necessaria. Ma si può giura.re che è della blague. Quell'ottimo Giannini, che sp iega così bene come si rovini una locomotiva., probabilmente è altret• tanto incapace di attuare la teoria, quanto il buon Crespi che vi' incita a .punire nientemeno che di morte chi vi rechi il dat!nO di poche lire lancian– dovi una pietra nella vetrina. Del buon Crespi, l_)eresempio, garantiamo t;1,ssolutamente. Lo piglia~• sero ~ pugni (il caso è già avvenuto), non reagt· rebbe. Anche è un segno di follia ohe perdano il senso elementare deJ\a propria conservazione e della pro· pria difesa. I ferrovieri, salvati dal disastro 1 stre· pitano ·contro i salvatori, come quel tiranno della favola, che dannava a morte chi aveva osato, lui naufrag0, trascinarlo a riva, per i capelli. I mode· rati si dovettero pur avvèrlero che - a parte le cannonate - siamo ancor noi i soli cui riesca, in qualche misura, di mettersi n. traverso, magari blandendola un tantino, degli eccessi della folla. Ciò malgrado, non ebbero per noi che improperi e calunnie. Ci contraffecero le intenzioni 1 ci accu• sarono di ipocrisia, ci rimproverarono di mancare di autorità. sulle masse, nel meut1·e - e non da oggi - sudano a screditarci. Giurano che" valiamo quegli altri ,,. Questi garantiscono, viceversa, che siamo dei conservator i, appena mascherati! Mentre annaspa.no nell'assurdo o fanno la voce grossa per darsi cora ggio, sdegnano o non veggouo i rimedi che sarebbero a portata di mano. · Lo sciopero ferroviario, s'ha un bel dire, sarebbe un guaio maledetto 1 se si facesse sul serio. Ora non s'è fatto soltanto, perchè tutti - noi per i primi - non s'è voluto. Ma quando, a disaspriro i rapporti, proponemmo arbitrati e cointeressenze (anche lo sciopero politico ba il suo substralo economico), çi derisero da una parte e dall'altra. Per gli uni era l'autorità che avrebbe ~bdicato; per gli altri la rivoluzione che si dimetteva. Non passai semestre che in Italia non minacci nno sconriuasso per qualche eccidio sulla folla: meno per l'eccidio in sè, che per l'opinionfl diffusa che gli sia guarentita iuil"luamente Pimpunità.. Pro• ponemmo una leggina breve brove, per la quale, in ogni caso di questi, si t1ovesse sempre affrontare il pubblico proCesso. Era una guarentigia per tutti. Nessuno lo doveva desiderare più dei funzionari prudenti e padroni di sò. Attendiamo ancora che> H progetto venga preso sul serio .... almeno dai candidati alla fucilazione. La miseria morale degli avversari, per altro, non deve velarci allo sguardo gli errori dì parte nostra. Nelle a.vversarie censure, sotto un monte tli esage. razioni, v 1 è qualche pepita di vero. Il primo ma– nifesto della Camera del Lavoro milanese, che par– lava di morti cbe non c'erano, benchè la Yoce corresse e vi fosse chi giura.va di aver visto i cadaveri 1 e benchè sia s tato imm ediatamente ripa• rato, fu nua leggerezza innegabile. Il famoso tt1le– gramma dei deputati, che escludeva la provocazione (ma chi diavolo, dunque, l'ha stilato? Noi, per esempio 1 in quell'ora eravamo su quel di Bologna, chiusi in un compartimento del direttissimo) fu uu errore meno in se stesso, <lacchè spedito non fu, che nell'averlo lasciato trascicarsi sui tavolini, d'onde piombò nella tipografia di qualche giornale. Sviste spiegabilissime iu quella ressa, ma che, nei commenti avversari 1 diventano delitti capitali. A leggere certi fogli pareva che i tentati ammazza– menti fossero venuti di lì! Impossibile nel tramestio di un grande Comizio, tanto più quando si è al lieto fine, e tutti banno s.crupolo di non guastare, leticare su una frase, su una pro1rosta, destinate a svanire por Paria, nate lì per h. Ma, negli ordini del giorno predi– sposti a tavolino con calma, chi nou crede allo taumaturgie dello sciopero generale, chi non vuole lo sciopero nei pubblici servizi, non è affatto ne• cessa.rio che civetti con queste cose. Questi sono errori e incoerenze più gravi che, per quanto spiegabili colle migliori intenzioni, ci son poi rinfacciati non senza ragione. Qui cou• , viene che i nostri amici controllino meglio se stessi. A tacerlo 0 1 peggio, a negarlo, mk.ncher~mmo di schiettezza e di spirito. LA CRITICA SOClA.LE. Raccomandiamo a tutti i 11ostri lettori gli abbOnamenfl, , cimmlativt, co11ve,lle11tisstmi, della CRITICA SOCIALE:· · coU'Avanti di Roma: a,mo L. 22, semestr~L. 11; col Tempo di Milano: mino L. 22, semes(ni L. 12
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