Critica Sociale - Anno XVII - n.18 - 16 settembre 1907
284 CRITICASOCIALE Dopo lunghi sforzi, Vergnanini potè dire al par– tito: " Lé Cooperative non sono le eordide fucine uti– Jitarie, le piccole incubatrici dell'egoismo di casta e di campanile, oscuri rigagnoli entro i quali lo spirito della solidadetà operaia si intossica e si uccide. ,, ])al 1901, epoca del Congresso nazionale della coo– perazione, della resistenza e della previdenza, si è compiuta una vera rivoluzione nello spirito del par– tito socialista per quanto riguarda la considerazione nella quale si debbono tenere le Cooperative. Alcuni, che nel Congresso sostenevano il vecchio concetto semplicista cho voleva la lotta di classe tutta quanta imperniata sull'asse delle Leghe di miglioramento, sono oggi diveutati i pii, tenaci sostenitori e i com– messi viaggiatori delle idee del Vergnanini (qualche volta senza citarlo nemmeno) e cantano ai quattro venti gli epinici della cooperazione integrale. :Ma spesso, pur troppo, si va poco più in là del luogo comune del tdplice anello della previdenza, della coop~razione e della resistenza; e si fanno molte frasi che non dicono nulla. È meglio andare alla fonte ed esaminare le pro– poste e i progetti che il Vergnanini ha manifestati qua e là in varie occasioni e che è opportuno ora sintetizzare, nell'atto che diventano realtà. Lasciamo per oggi le discussioni teoriche, e specialmente la vecchia polemica (in cui intervenne il Pantaleoni e, tra gli altri, il Leone, ancor lontano dal sindaca– lismo) se le Cooperative rappresentino forme diver– genti dall'attuale regime e " lenti abbozzi del col– lettivismo futuro,,, come direbbe Jaurés, o se invece sieno una emanazione ed uno sviluppo del regime capitalistico, di cui presuppongono i principi essen– ziali. Qui compio soltanto ufficio di riassuntore. § 3. Ì~ ormai assodato, dice Vergnanini, che le Leghe di miglioramento, i Sindacati o le E'ederazioni di mestiere, che limitano il loro programma d'azione sul terreno della resistenza pura e dello sciopero, non possono contribuire efficacemente alla soluzione del vi·oblema opet"a·io. Il metodo della resistenza e dello sciopero non può, da solo, condurre che a questi due risultati: a) non ottenere alcun pratico effetto duraturo, latldove vi è sovrabbondanza di mano d'opera e de• ficenza di spirito di solidarietà; b) vedere frustrate e rese illusorie e vane, dal• l'aumento dei prezzi dei prodotti e del costo della vita, anche quelle conquiste che per caso potessero essere strappate da.Ila forza cosciente dei lavoratori. La resistenza pertanto (che era la vecchia forma classica della lotta di classe) cede il posto alla forma r.ooperativa. Si corregge la contraddizione, nella quale era caduta Ja organizzazione operaia, la quale, mentre accettava nel campo politico la conquista dei poteri pubblici, nel campo economico aveva ri• fiutato .ogni contatto ed ogni ingerenza nel mondo degli affari. Con la cooperazione (che ormai è la base sostan– ziale dell'organizza.zione reggiana) si ottengono grandi effetti d'ordine morale. Vergoanini, come fece nel Belgio Anseele, insiste sulla virtù morale delle Cooperative. 11 lavoratore è spinto verso la solida– rietà; la Cooperativa è palestra per lui, che, per necessità di sviluppo e di difesa, sotto il tormento della concorrenza, è costretto a penetrare i misteri dell'ordinamento sociale, i congegni dei pubblici po– teri e delle leggi e la realtà della vita. Con la coo– perazione la classe lavora.tric.e opera nel doppio senso di penetrare, come elemento vivo, fra le com– pagini del mondo industriale e commerciale bor– ghese, e di attrarre, intorno a sè, alla sua attività sempre più redditiva, la clientela che prima serviva e sosteneva la borghesia. Se però I~ lotta sul terreno della cooperazione presenta maggior 0opia di vantaggi e permette un'azione molto più efficace per l'elevamento delle classi lavoratrici, in confronto della resistenza, d'altro canto è più difficile e piìl pericolosa. Una sconfitta può condurre! a vere catastrofi. La cooperazione (specialmenter di produzione e lavoro) esige capitali notevoli, ha spese generali inevitabili, ri– chiede amministrazioni complicate, dir~zioni tecniche esperimentate, coscienza nelle masse elevatissima. Quando apre stabilimenti e laboratori, e cere~ fondi da condurre in affittanza collettiva, deve passare sotto le forche caudine del 1mondo borghese, dei proprietari di terre, dei detentori delle materie pri– me, dei commercianti all'ingrosso, delle pubbliche amministrazioni che possono negarle lavoro. Se non è difficile costituire le Cooperative, è grandemente difficile farle vivere e prosperare in un ambiente organizzato contro esse. Le Cooperative sono tributarie dei grossi specu– latori: esse cominciano danneggiando i piccoli (le piccole bQtteghe del minuto commercio di campagna risentono per le prime la concorrenza delle Coope– rative rurali socialiste; i Jnboratorì degli artigiani restano scossi e danneggiati da quelli cooperativi j i piccoli proprietarì, i mezzadri, gli affittuari s'al– larmano cli fronte alle Cooperative agricole; i piccoli produttori di campagna si sentono minacciati dai caselli e dalle cantine sociali, ecc.), e lasciano intatti e indisturbati i grandi monopolizzatori, i dominatori dei mercati, dai quali le Cooperative stesse si ri. forniscono. Vergnanini vede benissimo questo punto, che è poi quello su cui si basano sovra.tutto quegli studioSi della cooperazione industriale, che sostengono poter essa, per le sue difficoltà, esistere solo per ciò che rig'uarda la piccola e mèdia industria, senza poter elevarsi mai all'industria nelle maggiori proporzioni. Perchè non deve esser possibile su,perare il cer– chio delle difficoltà fino ad oggi incontrate ed im– primere alla cooperazione proporzioni grandiose, in modo che armonizzi e fonda insieme la gestione di tutti i rami della produzione e del consumo in una grande azienda sociale, la quale possa liberarsi com– pletamente da qualsiasi tributo verso la speculazione ed il monopolio privato? Ecco il nocciolo e l'idea della Cooperativa inte– grale. § 4. I reggiani, che sono i più grandi cooperatori fra i socialisti, sono anche i più pronti a riconoscere i difetti che si rivelano in seno alle diverse forme di Cooperative, e specialmente fra quelle di produzione e lavoro. Sono precisamente gli stessi difetti pei quali, anni sono, il socialismo (con Turati alla testa) elevava dubbì sul cooperativismo e lo vedeva, per certi lati, ostacolare il principio della solidarietà umana. Nel vigoroso sviluppo della cooperazione di pro– duzione e lavoro, si può rilevare nelle Cooperative una pertinace tendenza a chiudersi sempre più in una azione autonoma ed indipendente, ad assumere sempre più caratteri speciali che le differenziano tra loro, in modo da costituire gruppi di speciali in• teressi, categorie di energie e caste diverse di la• voratori. · Se la cooperailone, indu9trializzaodosl e generaliz– zandosi, dovesse conservare gli attuali caratteri profes– sionali, oi porterebbe indubbiamente non alla socializ– zazione della terra e dei ~ezzi di produzione, ma ad un. ordinamento soci\ile basato sul coòftltto degli inte– ressi di professione. All'attuale liberismo borghe!Ìe SI sostituirebbe il monopolismo sindacale. Nella coopera-
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