Critica Sociale - Anno XVII - n. 16 - 16 agosto 1907

CRITICA SOCIALE 253 dalla fillossera, perchè, del ricco e rapido prodotto, in tanti anni di prosperità viticoli\, nulla è rimasto nella snccoccia del contadino viticoltorn, ma tutto fu derubato da.I latifondismo, dall'usura e dal commercio ladresco. li contadino era più ricco prima di diffon– dere la vigna, che dopo averne tratti ubertosi pro– dotti per un non breYe corso di nnni: prima era semplicemente un nullatenente, ricco della propria forza di lavoro, ma dopo ne uscì rovinato. Come la piccola proprietà con le colture intensive paga gli aumenti di affitto dei feudi, così la ricchezza prodotta in campi diversi dall'n,:rricolo 1>nga le 1>as– sività della piccola possidenza fondiaria, se questa è improduttiva e mantenuta per fini extra-economici. I piccoli fondi venduti all1ashl dall'esattore non hanno un pro1>rietario che guadagni indipendentemente dal misero o negativo pr6dotto del fondo; ma. i loro pro– prietari sono miserabili lavorntori, il cui salario non li arrivn. a sfamare e non lascia quindi alcun soldo disponibile por pagare la pur tenue imposta. Che la produzione latifondista sia insufficiente a pagare insieme le gabelle ai feudatari, i profitti agli intermediari e i bisogni 1>rimi ai coloni, può desu– mersi da qualche aspetto esteriore dell'agricoltura nei feudi e da I calcolo. La terra resta occupata dalla coltura dei cereali per cirC'a un terzo o metà dell'anno; nel restante tempo è latciata inoperosa o per la preparazione della vegnente coltura. Ci sarebbe il tempo per due prodotti a11nui rii ~rnno. Ma ciò è impossibile per mnncanza di umidità sufficiente. V 1 è poi la non poca parie di terra lasciata in riposo anche per parecchi noni consecutivi. Se in Sicilia. piovesse di più, il la– tifondo non si spezzerebbe nemmeno, contrariamente all'asserzione di Rudinì, mn si muterebbe in pascolo il seminerio, come è avvenuto in Inghilterra e nel Lazio. La siccità, permettendo con convenienza la coltura del grano d'inverno in un terreno natural– mente frugifero, fa invece estendere il seminerio sul pascolo. La povertà di produzione, in tnli circostanze, non può essere vinta da un impossibile mutamento di clima, ma da un mutamento radicale del possesso fondiario. Molti prodotti secondarf della Sicilia rurale, i quali nel loro assieme potrebbero costituire un grande red– dito, vanno dive11tando insutlìcienti ad alimentare l'immenso centro di consumo che ò divenuto Palermo. Non la carne, non i latticini sono bastevoli; ma, che dico? nemmeno il pollame e le uova, nemmeno le lumache. Intanto tali prodotti non si accrescono a causa dell'impoverimento prodotto nei contadini dal latifondismo. Il contadino siciliano perde ogni anno settanta. giorni di lavoro per pioggia e sessanta per festivWtj impiega una trentina di giorni per alti-i lavori o per L>isognidomestici; gli restano liberi circa duecento gforni. Per lavorare una salma di circa tre ettari a semina, nella me1ia ilel sessennio di gabella, occor– rono circa cento giorni all'anno di un borgese con i propri animali. Un bo,·gese perciò può lavorare in un anno due salme, o sei ettari, di terrn. La parte a lui spettante del prodotto relativo a tale superficie ve• dremo come sia ben misera cosa.; e coloro che pos– sono avere due salme di terra hl"Oriel'a sono i meno. La parto che i latifondisti prelevano sul prodotto ugricolo viene divisa fra pochi signol'i; invece quella che spetta ai lavoratori, quantunque nel complesso maggiol'C dell'altra 1 divisa fra tutti, elfi ad ognuno per ricompensa la fame. Se tutto il prodotto si divi– desse fra i lavoratori, non si avrebbero più i signori della ricchezza, ma si avrebbe la povertà di tutti. 11 quoziente della ricchezza è misero, perchè il fa maso interesse personale accontentato lascia che gli altri crepino. Fatti bene i conti, con la divisione del prodotto a perfetta metà, gli a,-bitl"icmli o grandi conduttori di latifondi resterebbero in deficit, se non riuscissero a snlvarsl con l'appropriazione ,,iolenj·a e fraudolenta di quello che spetta ai lavoratori. J\la la stessa.perfetta mczzn.dria non paga il Ia,•oro dei contadini. U pro– dotto non basta a pagare insieme quello che spetta all'impresario gabelloto e quello che spetta ai borgesi: la causa è nel sistema perennemente feudale di ga– bella da noi già esaminato, negli alti canoni di af– fitto, o nello scarso compenso dato d11ll'erbaggio alla perdita della terra. che si ò costretti a lasciare inse– minata. Paolo Balsamo, l'illustre agronomo siciliano, nelle .1/"emo,·ieconomicheed agrarie ,·igua,·danti il Regno di Sicilia, pubblicate nel 1803, scrivo: "Jn questo regno si somina rorso ogni anno non meno di trecentomila salme di frumento (825 mila ettolitri), o forso cluo torzi di questi r.lla terra si commettono dopo '!tori li o dispendiosi novali: t_jQ gli istessi si ban– dissero dallo campagne nostre, o in lai-o ,,ece legumi e civaie o bulbi alimentari si coltivns~ero 1 quanto non si accrescerebbero li capi dell'umano \'itlo, il commercio e la territoriale ricchezza?" (pag. 90-91). u Non ò punto difficile il calcolare che il maggese di presente in Sicilia per una salma. di terreno costa non meno di once dieci (L. 127,50); dappoichò lo tre arature vogliono di certo once setto (f.,. 89.25); il fitto, il ripu– limento in agosto dalle spino od altro con le zappe, e li soriti aggravt del reudo di più maniere, ammontano senza dubbio ad onco quattro ([,. 51); e da questa somma di onco undici {IJ. 140,25) tutto al più dedurre si può oncin. una (L. 12) per la poca. erba. che pascere si può prima di gennaio, e per quella anche di minor conto tramezzo ogni due la\'orazioni. Supponendo, per– tanto, che una tale salma di terreno rendesse l'anno appresso dicci salme di frumento (ettolitri 28), è chiaro, cbe lo stesso costar deve all'agricoltore, conseguente– mente nl popolo, oncia UJHL di pili a salma di grano, che quando fosse stato seminato dopo qualcheduna delle soprndotte piante, che, se non apportano un utile di– retto1 non lasciano per lo meno alcuna perdita. da. com– pensarsi poi con la seguente produzione. Sopra il quale gra"issimo articolo gio"a riflettere, che se, come con qunlche rondamento si crede, l'annuo medio prodotto dei grani dl Sicilia. giunge presso a duo milioni di salme (ettolitri cinque milioni e mezzo), il Regno nostro - tenendo conto che non tutti li grani nostri si seminano sopra maggesi - perderebbe annualmente, por la pra– tica <legll sterili novali, circa cinque milioni di scudi (I~. 25 500.000\ con notabile danno degli agricoltori e del consumatori, e, per dir tutto in una parola, con con-· sidornbile scapito della ricchezza o felicità. nazionale 11 (png. 103-4). J.a E'edcrazione dei contadini siciliani La ter,-a. sirttla, con sede in Corleone, pubblicò nel HlOl il hilancio medio per la coltura di una salma di tena (ettari 2,GB circa). Fu valutato che occorre per parte del contadino un lavoro di L. 2 6 se interamente con la zappa e di L. 281,50 se con l'aratro: cioè in medi!\ L. 283,75, calcolando lo giornate di fatica nl prezzo basso, secondo i lavori, di L .. I 1 25, L. 1,50 o L. 2. li capitale impiegato dal padrone o dall'ar– bitriante intermediario è, per medin gabella, L. 11 n, 15 e L. 71,72 circa per litri 344 di semente, pnri a tu• woli 20 e al prezzo più che medio di L. 57 1 37 per salma. di grano (della quale semente circa litri 70 restano al conta.di110 1 giusta antichissime consuetu– dini): cioè, in tutto, la parte padronale ammonta a L. 190,87. È chiaro quindi che, pur dividentlo il pro– dotto della terra in parti uguali, il lavoratore im-

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