Critica Sociale - XVII - n. 13-14 - 1-16 luglio 1907
CRITICA SOCIA.LE 197 di un'ora per ciascun orario 1 non potessero, aritmetica– mente, superare ciascuna le 8 ore di lavoro effettivo (8 + 1 + 8 + 1 = 18); e sebbene tale interpretazionEl autentica venisse data dallo stesso proponente, a ri– chiesta di chi scrive queste linee, durante la discus– sione alla Camera; parecchi industriali tuttavia erano riusciti ad eludere l'intenzione della legge, mercè inge– gnosi sistemi di orari alternati, che permettevano di utilizzare le presunte ore di riposo, estendendo a 9 ore il lavoro effettivo di ciascuna squadra. Sistemi che non solo prolungavano ·u lavoro effettivo oltre le 8 ore, ma in realtà impegnavano l'operaio - fra lavoro effettivo e riposo intermedio - per una lunga giornata di 13- 14 ore ( 1 ). Contro questo abuso il Consiglio superiore del lavoro adottava - su relazione dello scrivente ( 2 ) - la pro· posta di modificare la legge, affermando in essa tassa– tivamente che, nel caso delle due squadre, il lavo1o effettivo di ciascuna squadra non dovesse mai superare le ore otto. Adottava pure la proposta, contenuta nella stessa relazione, che, nel caso medesimo, il riposo ·in– termedio potesse limitarsi a mezz'ora (invece che ad un'ora), purchè ciò avvenisse coll'espresso consenso degli operai interessati. A ciò spingevano le iosb;tenti richieste degli stessi lavoratori, ai quali iuteressava di potere cosi - col guadagno di un'ora sull'intera. gior– nata - cominciare il lavoro alle G 1 invece che alle 5, oppure - come prescrisse poi la Convenzione di Berna - abbandonarlo alle 2-2 1 anzichè alle 23. Tuttavia, trattan– dosi di materia molto delicata, e nella quale lo speri– mento, da parte dei maggiori interessati, deve avere gran peso, parve a noi - e perciò scrivemmo nella legge - che il consenso dei lavoratori si dovesse ri– chiedere e ottenere caso per caso. Senza illuderci di soverchio sulla spontaneità, in tutti i casi, di tale con– senso, il dibattito, cui la sua richiesta poteva dar luogo, parve a noi contenere un alto valore pedagogico, e ini– ziare quella discussione cogli operai, sul regime interno della fabbrica, che per tante ragioni ci sembra da rac– comandare. Essa può essere, oggi, in molti casi, uoa semplice lustra: ma non è inutile che sia aperta la via alla forza delle organizzazioni e alla evolventesi co– scienza dei lavoratori di immettere, nell'involucro di cote.!jto diritto, un contenuto reale, principiando cosi ad instaurare quel regime costituzionale nella fabbrica, che, sostituito man mano all'antico dispotismo padro– nale, segnerà il passaggio alla futura repubblica sociale del lavoro. Le due proposte - massimo orario di otto ore, possi– bile riduzione a mezz 1 ora del riposo intermedio - pas– sarono tali e quali nel progetto di legge dell'allora Mini.'Jtro del Commercio on. Rava (20 giugno 1905). Ma, nella Commissione, l'on. Crespi, nominato poi relatore - uno dei più accorti ed abili industriali italiani - sosten.ne , con copia di argom~nti positivi, che, a ren– dere possibile e diffuso veramente l'orario ridotto col sistema. delle due mute, convenisse esteudere il per– messo del lavoro effettivo per ciascuna squadra fino ad ore otto e mezza. Non discutiamo oggi gli argomenti del Crespi; certo e che la nuova proposta, quando la legge fu discussa alla Camera la prima volta, non_trovò, ( 1) Esempio: 1• squa<lrn dalle r; alie 10; dalle 11> ano t9. 2• " " 10 " 11;; n 19 n 23, Ogni squadra lavora ettett11·amente 9 ore, JnQ la 11rlma ò impe– gnata per u, la seconda per 1S ore, (t) AUl del Consiglio superiore det lavoro, Ili Sess., maggio 1904; 11ag. H, e I18 e segg. neppure nel Ca.brini, che difose strenuamente l'interesse operaio, la menoma obiezione: l'articolo venne votato senza discussione. E la questione di cotesta mezz'ora in più ha perduto, ad o_gni modo, quasi ogni impor– tanza, dacchè la Convenzione di Berna-· come già fu il– lustrato - ridurrà effettivamente fra breve le otto ore e mezza ad otto ore. Si tratta di una delle tante tran– sitorie, che si concedono per rendere meno aspri i tra– passi a un nuovo regime. Ond'è che tutta la questione - in ciò che ha di veramente importante - si riducv a questo: È egli acc:ttabile dal partito socialista un orario di lavoro, che concreta bensì le famose otto ore del programma, ma a patto di iniziarle alle ore 5 del mattino, oppure di compir\e alle 22 della sera, e di frammezzarle con un minimum di sola una mezz'on\ di riposo inter– medio? . .. È contro questo orario, che insorge - con tutta la foga della sua brillante dialettica - l'amico e com– pagno Claudio 'rreves: il quale, in un articolo del Tempo del 1° corrente (1), per avere noi taciuto, per non esserci opposti a quell'orario - poteva aggiungere, per averlo, nel Consiglio del lavoro, caldeggiato e di. feso - ci accusa di tradimento dei principi, di servizio reso al capitale contro il lavoro, di ossequio meramente formale, ed anche un tantino beota, a una specie di pa– rodia delle otto ore marxiste: otto ore che, a quei patti e in quelle condizioni, si risolverebbero in un amaro sarcasmo. Il i;i!:ltema dei due turni sarebbe - pel nostro amico permanente ed occasionale avver:;ar,io - u un sistema infernale di sfruttamento della carne umana, che fa. rebbe onore alla fantasia di un padre Loriquet fatto capo-fabbrica 11 ; il riposo di mezz'ora, non dovendosi dal– Foperaio lasciare l'opificio nè potendo fermarsi i motori, è una semplice lustra, una truffa fatta all'operaio, al quale in realtà si imporrebbero "otto ore (e pe,·ché allora non otto 01'e e mezza?) di tortura ininterrotta ad UD telaio, lo spirito intento, l'occhio vigile, la mano pronta, il respiro ansia, il busto curvo 11 • 'l'ale orario disorganizzerebbe la famiglia operaia, 11 i cui membri non si incontrano più mai ad un desco insieme, perchè gli uni partono da casa quando gli altri vi rientrano, inseguendosi indarno tutta la settimana per non raggiungersi che la domenica,,. Per esso u donne e fanciulli, nell'estate torrida e nell'inverno gelido, prima delle 5 del mattino o dopo le 11 di sera, deb– bono vaga.re abbandonati nella notte, a volte per chi– lometri e chilometri di distanza dalla casa alla fabbrica, tra i pericoli onde la cupidigia, la lussuria e la stessa ingenua natura dissemina.no la strada davanti a gio– vani donne, a teneri fanciulli! ,,. u E chi si occupa - incalza lo scrittore con sempre più irruente invettiva - degli effetti disastrosi, deleteri, demolitori della razza, di queste otto ore di lavoro senza tregua, tra i pulviscoli che saettano la tubercolosi, inflitte a donne e bambini? Chi si occupa di dire che, con i due turni, si uccide tutta la ragione protettiva della vita, che aveva ab 01·igine la legge? che meno estenuanti, meno assassine, erano le 11 e fors'anche le 12 ore di lavoro, se intercalate dal riposo assoluto di un'ora e mezza o di due ore, con la refezione presa fuo1·i dell'ambiente pestilente del lavoro? Ah! patrioti delle spese militari ( 1) Articolo di tondo: l,e "otto Ol'e,, dett'o11. Ore:tpì-.
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