Critica Sociale - XVII - n. 13-14 - 1-16 luglio 1907
204 CRITICA SOCIALE cntegorie superiori à fatto eccezione. Ma, pur ferman– doci in basso, l'ou. Colajanni, prima di dare al piccolo ti·avet italiano una notizia cosi consolante, la quale, se smentita, potrebbe convertirsi in una troppo amara de– huione, à posto egli mente al fatto che, ammessa una uguale o maggiore rimunerazione, Pimpiegato italiano, come tutti i suoi connazionali, è in pari tempo il con– tribuente del mondo più gravato d'imposta, e, sopra– tutto, d'imposta indirette, le quali costituiscono un si– stema tributario progressivo a rovescio, e ridanno allo Stato, o meglio, alle classi privilegiate che lo costitui– scono, una buona parte di quanto il medesimo à fatto vista di elargire ai suoi dipeudenti? L'on. Colajanni mèditi su questa semplice domanda, e veda. c!i darci uoa risposta esauriente. In quanto poi all'altra asserzione che, se in Italìa crescono i fitti, diminuiscono però i prezzi dei generi di prima necessità, mentre facciamo in proposito ogni riserva (chi vive a Roma, per esempio 1 non so quanta ragione può dare all'on. Colajanni), ci permettiamo pure di chiedere qual valore abbia essa, ove non si.a prima messo a raffronto l'aumento da una parte con la dimi• nuzione dalPaltra, onde assicurare se, per dannata ipo– tesi (una ipotesi però che i bilanci domestici sembrano tradurre in triste realtà), il primo non assorba intera– mente la seconda. Ma c'è un 1 ultima osservazione dell'on. Colajanni, che vale tanto oro quanto pesa, e che è proprio degna dl un uomo militante nelle file della più accesa demo– crazia. L'on. Colajanni, investendo a fondo il merito della questione, à proclamato altamente, coraggiosamente, chd non il prezzo della vita è cresciuto per gli impie– gati, ma r,he è la loro megalomania quella che li spinge a chiedere maggiori stipendi. L'accusa è la ste::isa portata dai più retrivi conser– vatori contro le cresciute esigenze della classe operaia. Come! - piagnucolano essi - i salari, da uoa ven– tina d'anni a questa parte, sono quasi ovunque ere• sciuti, i prezzi dei generi di prima necessità sono quasi tutti diminuiti, e voi strillate ancora 1 ancora vi sca– gliate contro il regime borghese con os,~ure minacce di sovvertimenti sociali? Ma che cosa volete dunque? Volete forse andare in carrozza anclie voi, al teatro tutte le sere anche voi, in villeggiatura al monte o al mare anche voi? 'Ma questi non sono bisognij questi 1:1000 capricci; questa è invidia, è bramosia, è ingor– digia! Va benissimo, rispondono gli operai. Sarà tutto quello che voi ditE>. Ma, però, osserviamo modestamente: se tali aspirazioni diaboliche non costituiscono bisogni, cioè necessità, perchè anche i borghesi, i capitalisti, i signori, non ne fanno a meno? O forse voi, filosofi e psicologi del capitale, ammettete che siano bisogni per gli uni e non per gli altri? E ciò con quale criterio? E 1 infine, dov'è il limite per stabilire quello che è ne– cessario alla vita e quello che è superfluo? Se ci fer– miamo a quanto basta per non morire, torniamo a ri– troso nella più abbietta barbarie; se facciamo un solo passo più avanti, non v'è più nessuna ragione per ar– restarci. Queste semplici domande noi le giriamo, in nome degli impiegati, all'on. Colajanni, a questo novello Gio– suè che vorrebbe arrestare il sole della. civiltà nei ri– guardi d'una categoria. di persone. Rimproverare agli impiegati l'aspirazione continua a. migliori condizioni di esistenza, quando essa - sia di• retto o virtù - è la molla Rtessa del progresso ed è propria a tutti quanti vivono nella nostra società as– setata di piaceri e di vita, ò un assurdo manifesto, poichè, in questa come in altre questioni, quando tutto il mondo à torto, tutto il mondo à ragione. E, se il piccolo impiegato, vedendo il suo portinaio vestire se– condo l'ultimo figurino o andarsene la sera all"opera o la domenica in campagna, maledice lo Stato, il quale - esso sì, con tutta la. sua megalomania - non gli dà i mezzi per fare altrettanto, e lo pone - nonostante la sua alta dignità di pubblico ufficiale (ahimè! essa non riempie lo stomaco) - in condizioni imbarazzanti ed umilianti, scaglino pure l1anatema coloro che, non provando tale miseria in abito nero, non la compren– dono; ma chi ne fa la triste esperienza à bene il di– ritto, se non altro, di dichiararsi vittima di una evi– dente, disumana, vergognosa ingiustizia. Miseria, povertà sono concetti relativi più che as~o– luti, e misero è colui che, pur avendo il doppio o il triplo di qnanto possedeva ieri, si trova in mezzo a gente che à una ricchezza ancora molto più grande. Tale, in questa rinascente floridezza economica della ter.1a Italia, è la condizione degli impiegati pubblici, specialmente nel Settentrione, a Mila.no, a Torino, a Genova, ove si trovano - essi, i rappresentanti dello Stato - nella classica posizione dei va.si di coccio coz– zanti in un aspro viaggio coi vasi di ferro. I predicatori della rassegnazione e della continenza non possono aver quindi il nostro plauso. Contro di loro non abbiamo che da riportare l'opinione espressa altrove dallo stesso Colajanni: 11 È una suprema sciocchezza verniciata di ipocrisia sopraffina - à scrilto egli nel suo Socialismo - quella dei santi predicatori che, in nome della morale, con– sigliano ai lavoratori l'astensione dallo sforzo inces– t-1anteed ener~ico pel miglioramento della propria con– dizione. Porche le raccomandazioni e i consigli riescano efficaci, bisogna che vengano suffragati coll'esempio della pratica. E non dànno un esempio incoraggiante di moderazione di appetiti i borghesi, che possiedono cento e vogliono mille; che ottengono mille e deside– rano subito un milione, e per ottenerlo non rifuggono dalle frodi, dai furti, dai delitti d'ogni genere. Se an– che questa mancanza di moderazione fosse una colpa, nell'assegnare la pm·te di 1·esponsabililà ,.i lavorato1·i, si dovrebbe tene1·conto delle leggi del contagio psichico e 1·imontare a col01·0 che hanno dato i pe,·niciosi esempt.,, Concludendo, non ci sembra che a una radicale ri– forma. della burocrazia 1 qual è necessaria per migliorare 1 al tempo stesso, le condizioni degli impiegati e quelle dei pubblici servizi, si oppongano tutte quelle gravi difficoltà e quegli ostacoli di cui si è discorso da al– cnni deputati alla Camera. San\ quindi bene che gli stessi impiegati, convin– cendosi delle loro ragioni e non impaurendosi delle opposizioni più o meno disinteressate, battano il ferro, e forte, ora che è caldo, e vedano di ottenere qualcosa di più e di meglio che non i soliti cerotti sulle solite gambe di legno, che saranno confezionati dalla !arma• ceutica governati va. CARLO PETROCCHr. Raccomand,amo a tutti i tiosfri lettori gli abb@ame,iti c1tmulativi, co11veuie,1tissimi, della CRITICA SOCIALE: coll'Avanti di Roma: anno L. 22, semestre L. 1.1.; colla Vita cH Roma: esclusivamente annuo L. 20.
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