Critica Sociale - XVII - n. 13-14 - 1-16 luglio 1907

CRITICA SOCIALE 0 203 da noi qualche esempio. Ricordiamo -'- per fermarci al primo caso che ci viene alla mente - la fòlOppres– sione della maggior parte dei Collegi Militari; soppres– sione che non portò, se la nostra memoria non falla, ad alcuna• rivoluzione nè ad alcu!l cataclisma. Adunque è un po' tragico l'on, Bertolini quando, osservato che " il maggior numero degli Uffici governativi, dissemi• nati nelle provincie, rende necessario di per sè un nu– mero molto maggiore di impiegati di quello che so– stanzialmente richiederebbe la trattazione degli affari,,, soggiunge: "Orbene, vi è qualcuno in quest'aula che creda sul serio alla pratica possibilità di sopprimere una parte di quegli Uffici, siano Preture o Supreme Corti giudiziarie, Ricevit:orie demaniali o Intendenze di finanza, Sottoprefetture od Università? 11 Ma, pur concesso che il togliere un Ufficio, special– mente da un piccolo centro, costituisca spesso un pro– blema di non agevole soluzione, poichò coinvolge pa– recchi. interessi e può dar luogo a antipatici e pericolosi antagonismi campanilistici o regionali>11esta pur sempre un'altra. abolizione pos.sibile: quella dei singoli impieghi, la quale, sopratutto quando sia fatta col metodo gra– duale della soppressione dei posti man mano che si rendano vacanti, non nuoce direttamente a nessuno e non può quindi incontrare una eccessiva resistenza. Ma il pessimismo delPon. Bertolini non si arrende, e trova un altro insormontabile ostacolo nella mancanza d'interesse individuale che caratterizzerebbe la buro– crazia, nella sua congenita deficienza di stimoli e di impulsi che le farebbe produrre un lavoro molto mi– nore di quello degli Uffici privati e che perciò richi€– derebbe un numero più grande di individui. È questa un'accusa vecchia quant 1 è vecchia la buro• craziaj ma che noi, nonpertanto, persistiamo a ritenere infondata. La lentezza d~lle pubbliche aziende è data. più dalla complicazione inutile, e talvolta perfino stu• pida, degli ingranaggi, che dalla cattiva volontà degli impiega1ì. Essi lavorano poco dove à.nno poco da la– vorare; mt1,dove il lavoro c'è, anch'essi non lo lasciano poltrire per il gusto di vederselo accumulare dinanzi agli occhi e non saper poi da che parte rifarsi per ismaltirlo. E falso inoltre che esista un grande divario psicologico tra l'impiegato pubblico e il privato. L'in– teresse, lo stimolo, anche nel funzionario pubblico, c'è, ed è dato dalle promozioni, dalle gratificazioni 1 dal timore delle Punizioni, dall'incitamento che viene dai superiori rei;ponsabili del servizio (e meglio certamente sarebbe se la responsabilità fosse estesa a tutti) i ma sopratutto è dato dall'amor proprio, che negli uomini coscienziosi non è una casacca che si possa vei;tire o svestire a volontà, lasciare a casa o appiccare in ufficio alFattaccapaoni per non consumarla e sostituirla con la tradizionale giacchetta d'Orleans. La vera e sostanziale differenza, che intercede tra gli Uffici pubblici e i privati, è che dai primi non è pos– sibile espellere, con la stessa facilità che si ù, nei se– condi, gli individui inetti o disonesti, perchè la revoca o la destituzione devono avvenire solo in casi tassativi contemplati dai regolamenti. Ma, appul_).toper questo, è iodi~pensabile - come abbiamo già detto - che ogni tanto si ricorra a mezzi eccezionali, recidendo con no colpo di legge tutti i rami secchi del gran d'albero .della burocrazia, giusta quello che a un dipresso si è deciso finalmente di fare per la magistratura. .;; .. Del resto, il concetto fondamentale - in cui si riassu– mono tutti quelli criticati sopra - che non ,llia passi• bile aumentare di molto gli $tipendi degli impiegati, perchè non è agevole frenare l'aumento della burocrazia (concetto sosteuuto, oHre che dall'on. Bertolini, dall'o– norevole Colajanni e dallo stesso l'residente del Con– ~iglio), si risolve in nu vero e proprio circolo vizioso, quando si ammetta quanto noi sostenemmo nel prece– dente articolo, e quanto, d'altronde, è di notoria verità: che, cioè, dato l'attuale sistema degli organici chiusi, l'aumento degli impiegati è prodotto quasi esclusiva– mente dalla necessità di crear nuovi po11ti 1 di a!Trettnre le promozioni, e quindi... .. di aumentare· gli stipendi. Si istituisca 1 invec8 1un aumento meccanico di questi ultimi, in tutte le pubbliche amministrazioni 1 e cesserà la lotta per l'ampliamento continuo degli organici, ri– mauendo libero il Governo di aumentare o no i posti secondo le ver~ esigenze del servizio, e non secondo quelle delle persone. S0101 potrà ancora verificarsi, sul Governo, una pressione esterna, derivante dagli innu– merevoli disoccupati in cerca di un posticino $iCuro alla greppia dello Stato; ma si tratterà sempre di una pressione disorganizzata, debole ma.terialniente e mo– ralmente, non già di quella compatta ed irresistibile che, partendo dall'interno dello stesso enorme macchi– nario su cui s'imperniano e lo Stato e il Governo, li spingono a provvedere a qualunque costo, anche quando si tratti di salvare il presente a tutto danno de!Pav– venire. La questione, adunque, che abbiamo esaminata fin qui, è tutt'altro che nuova, e sarebbe in gran parte ri– soltfl, checchè ne pensi l'on. Giolitti, col semplice ri– medio degli organici aperti, di cui parlammo l'altra volta. Questioni, invece, nuove di zecca e che non ci $aremmo aspettati mai di dover discutere, sono quelle che vennero messe davanti dalFon. Colajanni. L'on. Colajanni ~ si sa -· à. un po' la smania d 1ap– parire originale, e, per appagarla, si sforza spesso a nuotare contro corrente. Ma non sempre, pur attraondo su di sè l'attenzione e il plauso, specie dei conserva– tori1 riesce a. toccare la meta che s'era prefissa. Così, a proposito del dazio sul grano, egli $Ì dette a tutta prova 1 contro i suoi colleghi d'Estrema sinistra, a .<-oste– nerae l'opportunità, anzi la necesssità. per Pagricoltura del Afozzogiorno, e quale giusto compenso al prote– zionismo accordato al Noi-d; ma gli accadde che un uomo veramente di scienza, l'on. De Viti de Marco, stritolando in pochi magistrali articoli il suo farra– ginoso empirismo, dimostrò nel modo più lampante che il dazio sul grano a favore degli agricoltori del Mez– zogiorno favorisce invece gli interessi degli agricoltori e degli indtu-itriali del Settentrione. Ora, anche a proposito degli impiegati, l'on. Cola– janni s'è dato a fare Foriginale 1 e mentre tutti, perfino il Governo, ammettono la necessità di un aumento di stipendi, egli, da un pezzò, sostiene perfettamente il contrario. Anche ultimamente, alla Camera, l'aumento lo à am– messo solo per ripicco. L'aumento - cosi à ragionato Fon. Colajanni - è stato concesso ingiustamente ad alcune categorie di funzionari. Ebbene, per sanar l'in– giustizia, accresciamola, estendendola a tutti. La conclusione ci pare un poco barbina. Ma. quello che ci importa è la premessa, sulla quale non poi;siamo fare a meno di intratteuerci. Il nostro onorevole, a.dunque, assevera innanzi tutto che gli stipendi in Italia non andrebbero accresciuti perchè, specie nei gradi e nelle categorie inferiori, sono più lauti che altrove. ~ontà sua che per i gradì e le

RkJQdWJsaXNoZXIy