Critica Sociale - Anno XVII - n. 12 - 16 giugno 1907

CRITICA SOCIALE 183 non si illude sia pure di un tentativo di illustrare alcuna tesi nuova; ma intende limitarsi alla coordi– nazione di taluni dati di comune notizia, per clichia• rare le ragioni di un dubbio dal punto di vista giu– ridico. E lecito l'augurio, ed è nella speranza dell'esten– sore di queste chiose, che si tratti non già del dubbio sconsolato, scettico, negatore della scienza; ma del dubbio antesignano del vero scientifico,celantesi nelle brume del lontano avvenire, sfinge a cui s'aderge la forza della r;,gione umana, viudice cli progresso, at• traverso una gamma ascensionale di violazioni della legge d'inerzia. 2. Secondo i Webb («), citati da Alberto Pirelli in una dotta monografia su l'arbitrato, un esame a grandi linee dello svilnJ>PO del movimento operaio mondiale, dall'inizio del secolo scorso ai nostri giorni, µorta a riconoscere com'esso si delinei secondo tre forme principali: la mutua associa1.ione, il contratto collettivo, il sindacato (inteso come 1>ressionc poli– lica sui poteri costituiti). 11 problema dell'arbitrato s'incastrerebbe fro, quelli ciel contl'atto collettivo e della pressione politica; collegandosi col primo per ciò che le forme conci– liative e arbitrali, con cui spesso si prevengono e si chiudono i conflitti del lavoro, spingono imprenditori e operai organizzati alla conclusione appunto di ac– cordi o contratti collettivi, i quali, a lor volta, fa.vo– riscono l'arbitrato mediante la inclusione di cl ausole compromissorie: al problema della pressione politica si riannoderebbe poi quello dell'arbitrato, assunto come espressione più accentuata dell'opera cli riforma della legislazione operaia e, in genere, dell'intervento statale nelle gare del lavoro. 3. Così precisata la ubicazione del tema, non gioverà insistere sulla nozione di sciopero, nè ricor– dare come in epoca ancora recente si sia discusso della legittimità. di coalizioni delle forze di lavoro per conseguire una certa finalità. economica, e del rifiuto collettivo di prestazione d'opera allo stesso intento, nel che appunto lo sciopero (economico) si concreta. Al tempo in che la grande industria - scrive Paul Lonis - e i pubblici poteri combattevano i Sindacati, era naturale che le coalizioni operaie fos• soro rigorosamente punite. In una seconda rase lo sciopero è lecito in teoria; ma gli 01>erai, che vi ricorrono, possono sempre es– sere sorpresi con gli artifici del codice j oppure è ammessa la coalizione temporanea; ma non il rag– gruppamento corporativo, benchè anche la facoltà di coalizzarsi appaia singolarmente ristretta dal divieto di associazione. La terza fase della evoluzione, che rapida si ,volge nella seconda metà del secolo xix (1850·1~75), è caratterizzata dalla proclamazione della duplice libertà di sindacato e di sciopero (/J). Principio accolto oggi come postulato anche da noi, ed operativo fino a quando non intervonga 1 per parte delle forze di lavoro coalizzate, una violazione del diritto, sotto forma di delitto contro la libertà del lavoro o della industria, o di inosservanza e spreto di vincoli contrattuali legittimamente preesistenti. Al quale riguardo e come indice, non foss 1 altro, di una nuova coscienza sociale, ricordiamo una dispu– tata sentenza dei probiviri milanesi (,;), dichiarante la invalidità del patto in virtù del quale l'operaio si impegni ad astenersi in massima dallo sciopero (sia poi di difesa, di miglioramento o di solidarietà) fin quando a tale patto non vada congiunto un provve– dimento contrattuale o legislativo che guarentisca il p11cificoperfezionamento progressivo del contratto di lavoro. 4. Ammesso però e riconosciuto in principio il diritto di sciopero, sarcbbq assurdo disconoscere e suonerebbe oltraggio alla verità negare i pericoli e i danni che ne possono, anzi ne sogliono conseguire: conseguenze dolorose benchò in parte fatali, e così danni economici inerenti e concomitonti all'esercizio del diritto cli sciopero, e pericoli gravi per il deter– minarsi di uno stato morboso della coscienza collet– tiva, capace di violenze perturbatrici dell'ordine pub– blico. Di qui le aspirazioni e tendenze legislative inteso ad eijCOgitare opportuni sistemi di procedure cauta– torie: fra cotali aspirazioni e tendenze campeggia quella appunto relativa all'arbitrato ob'Jligatorio. Il socialismo parlamcutnrc - ptll'hl l'onor. Bada– loni (d) - chiede l'arbitrato obbligatorio, che do– vrebbe prevalere neJlo interesse delle classi lavora– trici come in quello delle classi proprietarie; chiede nl Governo di sostituire, nei conflitti del lnvoro, agli espedienti materiali e rovinosi, espedienti civili e giuridici; di dare ai lavoratori, alle classi dei con– tadini il modo di far Yfllerc le loro mg-ioni e di far discutere le loro donrn.ndc; quindi una. giurisdizione, un trihunale industriale, come hanno varecchi Stati, come abbiamo cominciato ad avere anche noi coi probiviri nelle industrie: il sistema rappresentativo sostituito in parto al sistema assoiuto nel campo economico. }..,rasi un po 1 vaghe forse, parole di colore oscuro: ma più oscuri, forse, i concetti. Anzi l'oscurità delle parole si direbbe che influisca su quella dei concetti, e viceversa, per le ragioni del nesso etiologico. 5. A scanso di equivoci sarà dunque opportuno precisare il significato per noi probabile, anzi neces– sario, della locuzione u. arhitrato obbligatorio ,,. A. noi dunque sembra che la locuzione: u. arbi– trato obbligatorio ,.,non possa logicamente riceversi, e ne illustreremo a suo luogo i motivi, se non in questo dul>lice complesso significato: che, cioè, ac– cadendo controversia operaia, questa debba anzitutto devolver::ii per la. sua definizione al giudizio arbi– trale; nel senso altresì che, deferito per tal guisa il giudizio agli arbitri, debba poi il lodo conseguire ottemperanza e sanzione. E, notisi, i due momenti successivi ci sembrano necessariamente inscindibili; si presentano, salvo errore, r.ome il dritto e il rovescio di una medaglia, il concnvo e il convesso ili una lento. Limitare, in vero, la no1.ione d'arbitrato obbliga– torio al primo momento, costituito da.Ila devoluzione della controversia all'arbitro) sarebbe, pur dato il caso di volontà consenzienti 1 codificare un blandis· simo pio desiderio, fare una legge pel gusto di le– giferare, quando nel contempo non si garantisse la coercibilità del lodo, una volta pronunziato. Ora, precisamente a questo, che è il pu11ctus sa– liens, noi dobbiamo soffermarci alquanto. Il diritto non sarà - anche allo stadio della ci– viltà contemporanea - la forza; ma è certo che la forza anche oggi conferma, convalida 1 integra il di– ritto nei casi sia. pure patologici e anormali. Analoll'amentc l'arbitrato non ò la sua sanzione; ma questa lo conferma, convalida. ed integra, ne co– stituisce l'anima e l'essenza più vera e maggiore: diremo di più, praticamente l'arbitrato, in quanto obbligatorio, si identifica con la sun. sanzione. lDi guisa che il prohlema dell'nrbitrato obbliga– torio diventa, in ultima analisi, il problema della sua sanzione. llic Rlwdus, hìc salta! 6. Il perchè, del resto evidentissimo, cli questa affermazione si vedrà più innanzi; ma intanto una riprova significativa ce ne offrono i vari tentativi

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