Critica Sociale - Anno XVII - n. 12 - 16 giugno 1907
ISO CRITICA SOCIALE alla compera o all'affitto e al subaffitto delle terre richieste a chi ne fa domanda, per mezzo di un'ap– posita Giunta permanente di Commissari; o può far ciò e poi addossarne il costo al Consiglio di Contea refrattario. In caso di subaffitto, questo è per un periodo di non meno di t4-· e non più di 35 anni, sebbene rinnovahile alla scadenza di questo termine. Vi sono purn disposizioni supplementari perchè il fondo possa, osservate certe condizioni, ritornare al proprietario, se questi intende farne uso a scopi in– dustriali od edilizi; e perchè il Consiglio di Contea si faccia promotore di Società cooperative e Casse cli credito tra i suoi locatari. Queste sono le disposizioni fondamentali del Bill; dalle quali appare che la sua importanza consiste essenzialmente in una grande estensione dei poteri delle autorità locali e quindi in un grande trionfo dell'idea municipale 1 e nella creazione di un corpo di locatarì municipali. Il Governo inglese ha prefe– rito l1idea del Comune proprietario e locatore a quello della creazione della piccola proprietà rurale, per impedire che l'aumento naturale o artificiale del valore di questa diventi nuova fonte di monopolio privato e sia così sottratto agli usi di utilità sociale. Non v'è nulla in questo schema che non possegga i vantaggi della piccola proprietà o che li diminuisca, e, viceversa., in esso tutto è incluso ciò che può im– pedire che l'uso ne divenga antisociale. E sopratutto il solo fatto, che il Comune o il Governo centrale è investito dei poteri di regolare questo uso della terra, è di per sè uno stimolo ai proprietari attuali a mettere in circolazione i loro fondi e ad usarli in modo pili socialmente vantaggioso senza. aspettare la coazione dall'alto e senza provocare lo intervento correttore di questa. La misurn, che stabilisce una Commissione centrale di controllo dell'operato dei Comuni e investita del potere di stimolarne e aiutarne le iniziative e di ob– bligarli ad assumersele in dati casi, è quella contro cui si può fin d'ora prevedere si concentreranno gli sforzi degli avversari della riforma, poichè è quella che contiene tutto il segreto della sua efficacia. In essa appare il modo tradizionale inglese di inten– dere i rappoL·ti tra Governo locale e Governo cen– trale. Esso non consiste nè nel sostituirsi di que– st'ultimo ai suoi organi locali 1 che così resterebhero privati d'ogni libertà propria, nè nel lasciarli com– pletamente in balia di sè stessi: esso consiste nel determinare un 1ni1tin.utm di obblighi a cui essi de– vono provvedere e nel conferire loro i poteri di cui lascia atl essi 1 entro dati limiti, cli determinare. l'uso e il modo 1 e all'uso dei quali il Governo centrale li stimola, li aiuta ed eventualmente li obbliga. Il Go· Yerno centrale esige che lo spirito, in cui gli into– ressi locali sono amministrati, sia uno spirito non priyato, o regionale, ma nazionale, e fissa un mi- 11imwn di reiZole a quest'uopo, al disopra delle quali, o nel modo d'esecuzione delle quali, i vari Comuni possono gareggiare nel dimostrarsi animati da uno spirito nazionale e sociale più ricco. È questo il punto di vista che sfugge a coloro che vorrebbero in Italia, ad esempio, avocare senz 1 altro la scuola elementare allo Stato 1 non curanti di gravi inconvenienti amministrativi e pedagogici; invece di provvedere a che lo Stato fissi un minimum, sempre più alto in progresso di tempo, di obblighi riferen– tisi all'istruzione, a cui tutti i Comuni debbono sod– disfare, e a soddisfare i quali il Ministero dell'istru– zione deve, in caso di deficienza di mezzi, intene• nire con sussidì e Commissioni speciali. Senza il controllo centrale, il Comune tende a divenire uno strumento di interessi ristretti ed oligarchici; col monopolio dello Stato, eMo perde il senso delle sue responsabilità., non acquista spirito nazionale e cessa di avere una ragion d'essere. Il Comune è interme- diario fra l'associazione privata. e la vita nazionale; esso si evolve, non abdicando alle funz.ioni di cui è investito ma compiendole sempre meglio e assumen– dosene ~ltre in grado crescente 1 col complicarsi e il fissarsi delle relazioni tra gli _interessi privati, che si ao-itano nella sua sfera d'azione. Io temo che co– Joro0 che desiderano senz'a.ltro l'avocazione della scuola elementare allo Stato siano troppo in balia dell'impazienza di risultati sensibili e, sotto l'impres• sione dei cattivi risuta.ti del regime attuale, trascu– rino di considerare le possibilità, che per me son quasi certezze, di risultati peggiori della L'iformache essi propugnano, iu uno Stato che compie già così male sì le funzioni scolastiche che le industriali 'di cui è già ilIYestito. * * * Tornando al Bill inglese, è evidente che esso con• tiene altri elementi degni d'essere, anche Italia, presi in considerazione. Esso viene come un autorevole precedente all'indirizzo amministrativo che mira alla ricostituzione dei demani municipali e che mira, col Comune imprenditore modello, ad elevare le condi– zioni del proletadato rurale, creando la concorrenza con i proprietari privati. Sostituire i lunghi affitti o subaffitti municipali alla politica della diffusione della piccola proprietà, è uno dei modi più felici per impedire che il debito, l'ipoteca, la speculazione fi– nanziaria sottraggano la terra al controllo dell'utilità pubblica; e, con la promozione delle abitudini di cooperazione, è uno dei modi più felici di promuo– vere la cultura intensiva. Si pensi, ad esempio, quale incremento di traffico. potrebbe solo derivare dall'esistenza di Consoriì co– munali per l'esercizio di servizi automobilistici, per cose e persone, tra tutti i villaggi non connessi da fer• rovie e tramvie. La possibilità 1 spendendo solo qualche soldo, di potersi rapidamente recare alla città la sera, e, in generale, di poter attendere a lavori agri– coli, senza che ciò implichi rinunzia forzata ai be– nefizì di una vita sociale e morale quale finora non fu possibile che nei centri urbani 1 può avere una enorme influenza nell'accrescere la cultura e gli in– centiYi al lavoro nelle popolazioni di campagna. La differenza intellettuale e morale tra queste e le ur– bane non è dovuta ad alcuna necessità obbiettiva, ma solo a condizioni storiche che stanno per scompa– rire. Nell'antichità e nel medio evo erano ragioni di sicurezza che conferivano una superiorità alla città; nei tempi moderni fu la maggior rimuneratività dei commerci e delle industrie. Ma. lo sviluppo del tele• fono e dell'industria dei trasporti la aboliscono ogni giorno pili. In li'inlandia, in !scandinavia, in Dani– marca, quasi ogui casa privata ha il suo telefono; da noi in Italia vi sono villag~i a dozzine che vi– vono completamente isolati dal mondo e ove neanche i Municipi sentono il bisogno di più rapide comuni– cazioni, sia per sè, sia per il pubblico in generale. Eppure vi son cose che possono essere in tradotte anche se alcuno non ne fa espressa domanda, e che, una volta introdotte, crea.no l'abitudine dell'uso. Si pensi come, con un regolare servizio di trasporti e di comunicazioni telefoniche, si facilita la coopera• zione di consumo, e si rende più spedito 1 ad es. 1 il servizio medico e farmaceutico! Con i mezzi che la scienza applicata mette a no– stra disposizionc 1 la vita rurale è destinata a riac– quistar prevalenza nei gusti del pubblico e la città a non diventar più che il centro dei commerci, delle fabbriche, dei diYertimenti, senza essere necessA.ria– mente il centro residenziale. E non è solo la cooperazione di consumo che può così essere intensificata. Ciò 1 che già si è fl;l,ttocon le Cantiue Sociali, si può fare benissimo per altri rami di produzione agricola tra gli abitanti di vari
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