Critica Sociale - Anno XVII - n. 12 - 16 giugno 1907
100 CRl'flCA SOCIALI!) Mate-rnitè, j AbbandouaU; Dopo it festi110; 1A zanzat·e; 1t pac1.ree il "{ìglio; Goccie di sangue, ecc. li fatto, il mo– mento, colti con visione lucida, rappresentati con forzi\: che si raffrena, parlano di per sè, pure htsciando sen– tire il pensiero dell'autore; è un buon pensiero, direi, che ba trovato il suo simbolo fuori 1 nel mondo esteriore, e che vi si acqueta. Quelli del secondo tipo, o medita• tivo come l'ho chiamato, sono, a mio parere, i più ori– ginali; quelli in cui la 1>siche poetica dell 1 autore si esprime meglio o con forme più alte. Meditativi? l\f11. non aspettatevi che essi siano dei sii• logismi e nemmeno delle ponderazioni. La meditazione c'è i ma non si vede. O per .dir meglio, la meditazione c'è stata primo, e lunga e tale che nessuna bravura d'ar– tefice l'avrebbe potuta costrlogero entro al letto di Pro– custe del sonetto. J,a meditazione c'è stata ed è passata; i lucidi, rapidl 1 spesso artistici versi che ci stanno dc.– vanti ne sono la conclusione sintetica; ma non di una pura sintesi mentale, bensì di una sintesi calda, passio– .nata, nella quale col peusiero palpita il cuore, palpitano I sensi, i polsi, direi tutte le cellule del poeta. Già, è In. differenza vera questa fra. la prosa e la poesia; la prosa la si può fare col solo cervello, la poesia. la si Fa con tutto l'organismo in vibrazione. Leggete: 11•mo,·to! A due sposi: Omnis caro foemmi j Linguaggioj Musica,· In viedi; S. Giovanni; L-Ottaper la vita; L'uomo tragico, ecc. Cosa strana; una poesia che parte da meditazioni complicate; che si divincola spesso, ed evidentemente, da sotto al pondo greve del materiale scientifico, e che pure ad un tratto è in alto noi cielo, con limpide, semplici note di allodola, in cui non c'è quasi più pensiero, perchò il pen• siero vi è diventato estasi, e non ha più nulla di defi– nito e vibra della commozione di memorie influite e di infinite previsioni! .È.inutile citare; questi momenti supremi in ogni opera di poesia perdono tre quarti del loro valore, se disso– ciati dai precedenti che li pre1>arano e li rendono, direi quasi, inevitabili nella psiche del poeta. E, in libri come questo, la stessa assenza della connessione logica, vo– luta, rende ancora più necessaria e importante quella che chiamerei la connessione psichica. Ogni sonetto di per sè stesso è come la nota che comunica le sue vibra– zioni a tutte le altre corde dello strumento; ed ogni nota, nascendo, contiene già. in sè le vibrazioni che sono state prima di essa .... Vori-ei fare un'ultima osservazione, riguardo al cafat• tere realistico doll'opera, ed al sicuro senso di realtà del poeta. Senso di realtà, dico, perchè fuori di esso non vi sono che due strade false; la retorica che gonfia per il falso ottimislllOj la dissoluzione sentimentale per il pessimismo. E, con le tendenze socialiste, umanitarie, avveniriste del Cena, ora cosa ben facile scivolare giù per la china fiorita della retorica. Ma, se il Cena ha un alto senso idealistico della vita; se egli ha la felicità di sognare elevazioni cosmiche ed umane : egli sa pel'Ò ancora in che mondo è 1 e conosce criticamente la vita. Yedetelo, in un caso speciale, nel gruppo di sonetli dedicato all'Italia ed intitolati l'atr-ia. Argomento peri– coloso. Perchè di questa nostra patria noi, nel dila– nia.mento di sentimenti vari, fra la coscienza. di quello che essa è e di quella che vorrommo rosse, non sap– piamo più che cosa pensare, non ci possiamo quasi render conto di quel che ne sentiamo. Quando pren diamo la penna in mano, poi! .... Ora, dopo la retorica, sia pure sincera, del Carducci dell'ultima maniera; dopo quella sempre falsa del ba.zaar d'annumdano, vertete come ne parla il Cena; con quale sicuro senso della. realtà non troppo bella, e puro riuscendo a trovare la poesia traverso ad essa! Questi sonetti dedicati all'Italia non 11000 fra i più belli del volume, e c'è in essi incer– tezze ed una certa mancanza di fusione; ma a me sono riusciti specialmente cari per questa loro virtù di realtà. Non tutto ò eguale e bello in questo poema dell'Homo; qua e là il sentimento o una convinzione personale del poeta hanno avuto il sopravvento sulla poesia; ma non si potrebbe dire che anche quello che rimane nell'ombra non abbia la sua ragione di essere nell'organismo. E poi di libri come questo è inutile cercare quelle che si chia– mano mende o debolezze; ciò che importa è estrarne lo spirito. E quello spirito è vita. 0. MALAOODI, Plebe e j)afrizi Con l'istruzione, gli uomini si dividono in due caste. La prima comprende tutti quelli che sono passati per le ~cuole secondarie e che possono aspirare a. divenire runzionari superiori dello Stato. La seconda si compone di tutti quelli che hanno ricevuta un'istruzione esclusi• va.mente primaria, molto spesso per difetto di mezzi, ma talvolta anche perchè i loro genitori, sufficientemente agiati, mancarono di perspicacia per giudicare le vere condizioni della vita sociale. In tutti i concorsi che danno accesso alle pubbliche funzioni e sopratutto nei concorsi che aprono le porte della grandi scuole, o si richiedono i diplomi dell'iuso– gnamento detto classico o questi banno un'azione pre– ponderante sulla classificazione dei candidati. È in tal modo che si è costituita una vera oligarchia, dove tutti gli uffici nobili sono devoluti ai laureati, mentre i posti subalterni, di semplicù esecuzione, sono soltanto affidati ai licenziati delle scuole primarie. Questa distinzione prima nelle due specie di impiego esiste in tutte le carriere : nell'esercito sono l'ufficiale e il sottufficiale; nelle costruzioni, sono Pingegnere e il capomastro; nel• l'amministrazione il contabile e lo scritturale. l?ra queste dua funzioni, non vi ba una differenza di quantità, bensì di qualità. Il fossato che le separa è quasi insormontabile. Uno scritturale di una ammini– strazione deve d'ordinario - qualunque sia il suo me– rito - rinunziare infatti a varcare, per via di semplice avanzamento, il grado che lo separa dall'ordine supe– riore. Ogni ordine è un ciclo chiuso che non penetra l'altro. La stessa. divisione sociale la troviamo pure nello stato ecclesiastico, rappresentata dai padri e dai f,·atelli. Fra i due ordini di impiego, vi ba dunque per tutto una profonda. separazione che divide, più che due ca– tegorie di lavoratori concorrenti, ciascuno con le pro– prie attitudini, alla medesima opera, due caste' sociali. E non è forse eccessivo iiire che questa distinzion·e è alti-ettanto spiccata quanto quella rappresentata, una. volta, dalla pìebe e dalla nobiltà. Allora era la nascita. cho conferiva. la nobiltà; qui è il concorso, la cui preparazione ò iniziata sin dai primi anni dell'infanzia, in speciali stabilimenti, vale a dire che questa cond!– zione ha le sue radici assai vicine alla nascita. I carat• teri esteriori poi sono nei due ca.si egualmente op– pO<iti. Nella nostra. società, il funzionario ha l'autorità as:-o– luta sull'agente secondario,.il quale per lui uoo è che una forza di esecuzione passiva, mentre egli conserva sempre nella sua attività. una certa iniziativa. Egli avrà. diritto così a certi segni di rispetto a un dipresso esclu– sivi. :Ed è cosl che, in certi ambienti, la parola" signore , 11 che p1·ecede il nome, non è usata dal superiore che verso i suoi subordinati dello stesso ordine, mentre gli altri sono chiamati famigliarmente col loro solo nome patronimico. La medesima abitudine si manifesta nelle lettere officiali concernenti il personale. L'età, l'anzia– nità. o anche l'importanza reale delle funzioni non con• feriranno mai questa eguaglianza di cousiderazione
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