Critica Sociale - Anno XVII - n. 10 - 16 maggio 1907

CRITICA SOCIALE coutratto, ma è aperta la via. a impugnative per difetto di competenza o di giurisdizione. Solo si punisce la resistenza a fare od a lasciare che l'arbitrato si tenti. Estesi i casi di contravvenzione alla legge, ridotti a 8 anni ed 1 anno i termini per le costruzioni ed i ri– covori. C..:on queste e con le altre riforme - che il relatore della maggioranza avrà certamente illustrate - la legge ò tecnicamente, ed anche politicamente, trasfigurata. È essa divenuta tale, tuttavia, da servire di strumento di pacificazione e di tutela? Esprimiamo la nostra opi– nione nei paragrafi che seguono. 1° I REGOLA:\lt-;;,,;ri l'RO\'INCIALI. (Art. 2). .\. che pro, poìchè una legge si fa, lasciare alle sin· gole provincie legiferare sulle condizioni obiettive delle ri~nie? Varia forse, da Novara a Pavia, da Bologna a Rovigo, la pravità degli anofe!i, In. distanza necessaria delln palude dagli abitati, l'utilità del deflusso delle ncque? O si stima che nei Consigli provinciali gli in• leressi dei proprietari siano più saldamente rappresen• tali? Gira tuttavia la ruota e la fortuna i:,}ettoralc. Perchè, dunque, all'Italia malarica infilare una veste d'arlecchino? Si risponde che l'unità è guarentita dalle richieste approvazioni dei Consigli centrali e del Governo. L'ar. gomento ferisce chi lo maneggia. Se ò l'unità che si vuole, il regolamento provinciale per le norme di ca– rattere generale, perde ragione. Assurdo, dunquej od inutile nel miglior caso. E tacciamo delle lungaggini che quelle differenti iniziative, e deliberazioni, e revisioui, e approvazioni, importeranno. Ogni modificazione ci trascinerà all'in– finito. 2~ L'ORARIO. (Art. 12). SLa qui il nucleo centrale del disegno di legge. Le lotto combattute in questi anni nelle plaghe risicole sempre si aggirarono su questi due perni: orario e mercedi. Fissare le minime mercedi certo non vuole il legislatore, e, nella presente economia, non sarebbe fa• . cile. Resta il campo, dunque, degli orari. Limitandosi alla mondatura, che certo non è il solo lavoro agricolo insalubre, il disegno di legt,;:erivela il suo intento prin• cipalo, che è intento di difesa proprietaria. Si vogliono impedire o frenare, in questa delicata operaz.ione agra– rin, gli scioperi improvvisi, che indeboliscono l'industria e compromettono i profitti e le rendite. Sia pure: v'è un terreno comune fra padroni e lavoratori. Qnesti chiedono un corrispettivo. Le nove ore sono esse un correspettivo? Esse sono già conquistale pressochè dovunque dallo sforzo delle 01·:;anizzazioni contadine (1). lo piil luoghi gli orari normali sono otto ore e sette ore. Otto ore assicurava, praticamente, il regolamenlo Cantelli, fino a ieri vi– gente, almeno di nome. La efficacia d'una legge sociale (I) l,o ammette la stessa pli1 recente lnehle1ta governativa (11.IIO· gato al di1egno 01 leggo, n. M!l lil8, 1>ag.10): K Dopo le agitazioni d1 questi ulllrn! tempi, la glorrlllta dl Jtn•oro si ò andata l!mltan<lo meccanicamente o con progreutono oresoonto. Olà da qua1011eanno I braeohmtl IQcnll non lavorano, salvo 1io1ihooecezlonl, più di \I ore; o sono circa 8!1.000.Quanto agli Immigranti (circa •:i.000), Il numero di coloro che lavorano soltiuuo !l oro, o 1ioco più, va cresccnd.o di anno In nnno, mentre tendo a dlvenlro aempre più esiguo Il numoro di quel\\ ohe prolragtl'ono lo. glornatR ti.no ad 11 ore. 11 O al vorrebbe che la legge 1 aHetrnando un massimo, 1nnut1so Indirettamente ad aggravare le cond111on1e81atenU? non può essere che queste.: favorire o consolidare uno stato di fatto o una conquista operaia, sottrarla, con economia di forze, all'alea delle sorprese e dellt, rap • presaglie, estendere un benefizio dai grupp: sociali più forti, che seppero conquistarlo e sanno difenderlo da sè, ai gruppi meno a.rmati e più deboli. Le nove ore legali non favoriscono, non consolidano, non ri~par– miano, non guarentiscono e non estendono nulla. Le nove 01·esono una lustra. Nelle loro lotte e nei loro Congressi, i contadini, per la u monda 111 chierlono le otto ore di lavoro, termine massimo. Fu con loro, dapprincipio, il Consiglio supe• riore di sanità, autorità. non sospetta ( 1 ). Sotto la pres– sione dei proprietari e dei fitta bili, quel Consiglio, e con esso il Consiglio superiore del lavoro, ripiegarono sullo nove ore. Fossero almeno nove ore schiette, senza aggiunte, senza. eccezioni! L'osservanza delle nove ore è resa impossibile dalla facoltà dei ricuperi. Gh\ il concetto di u ricupero , 1 è per tJé stesso falso o pericoloso. Le ore di lavoro io~ terrotto dalla intemperia, passate magari sul margine della risaia, sono esse ore di riposo? Ma inoltre: quale osservatorio meteorologico, quale contatore automatico, registrerà le ore, i quarti d'ora, i minuti dispersi? Si porrà. ad ogni squadra un carabiniere? E a, chi, fra. il sindaco proprietario e le donne e i fanciulli della "monda ,n ubbidirà. il valoroso milito? L'orario, se dev'essere rispettato, vuol essere ce1·to - da tale ora a tale ora. Sopratutto dev'essere unico. Già la Commissione ac– colse questo concetto, sopprimendo le differenze per l1età e per il sesso. Non l'accoglie per ciò che riguarda i lavoratori locali e i lavoratori immig1·ali. Per questi ultimi il ma.asimo di orario tocca normalmente le ore dieci e mezza. Il fallimento nece1:1sariodel disegno di legge sta in questo punto; per le seguenti ragioni. Anzitutto, perchè un orario di dieci ore e mezza, che venisse imposto a fanciulli ed a donne 1 per il lavoro di II monda n, sarebbe un orario incivile e massacratore. Già. citai la testimonianza del Consiglio di sanità 1 ma il migliore dei periti è il senso comune. E invero, nè il progetto del Consiglio superiore del lavoro, nè il progetto dell'on. Fracassi 4 marzo 1905, nè lo stesso progetto Giolitti della medesima data, io quanto disponevano un limite di tempo alla mondatura, pensarono o accennarono mai che questo limite potesse superare le nove ore. n disposto del comma 3° dell'articolo 12 della Com• missione costituisce dunque un regresso nell'ordine legislativo. Invano si osserverà che, pei lavoratori locali, non pernottanti sul fondo come gli immigrati, è da tener conto del tempo per venire e tornare da.Le consuete dimore. Anzitutto, la distanza è varia e spesso di po– chissima entità, e non giustificherebbe una misura ge• nerale. In secondo luogo, non è serio equiparare l'an– data e ritorno sulla via. allo sforzo della persistente posiz.ione ricurva che esige la mondatura. Se una differenza dovesse istituirsi fra i due orari, essa clov1·ebbe stare, evidenlemente, a favo1·e degli im– migrali. Sono questi, infatti, assoggettati aUe pili dure (1) Ignorando, mentre lleenzlamo queste noto, Il c1;1ntenuto della rolazlono per la maggioranza, riserviamo alla discussione parlamcn• taro la risposta alle e\·entuall obiezioni di carattere economico, che 11 muoveuero, sia al postulato delle 8 ore, Sia, alm~no, ali'orarl(> mllHlmo unico di 9 ore,

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