Critica Sociale - Anno XVII - n. 7 - 1 aprile 1907
lÒ2 CRITICASOCIALE sociologica, che r8.ppresenta la società come un orga– nismo, il quale ora si trova in uno stadio rudimen– tale, ma che attingerà forme sempre pili complesse e perfette. Come ammette il grande sòciologo ameri– cano \Vard, nella società si insinua e tende a pre– valere un elemento razionale, pel quale la somma delle energie volitive, morali, intellettuali ed arti– stiche sono rivolte a..ll'attuazione di una meta con· saputa e voluta (telesi collettiva). Tutta la legislazione sociale è diretta al fine di permettere il pieno e completo sviluppo di ciascuna individualità, di guisa che siano ridotte al minimo le cause d'inferiorità dovute a deficienza di educa– zione e di istruzione generalo e tecnica. È la società in definitiva che è danneggiatfl. allorquando qualche attività rimane paralizzata o annientata da circo– stanze sfavornvoli d'ambiente o di nascita. 7. Nella storia dell'aggTegato umano, come il vincolo di consangllineità è contenuto nella più ampia circonferenza del vincolo di conterritorialità, il quale a sua volta è compreso nell'ancor più ampio cerchio della corregionalità e della connazionalità 1 la nazione segna un termine non trascma'.bile nell'evoluzione, e un ben inteso nazionalismo è il presupposto neces– sario per il futuro internazionalismo. Le dichiara– zioni di un autorevole socialista tedesco (riportate dalla Fornighlly Review del marzo 1907)) per cui, (.( desiderando il socialismo di organizzare l'uma1,ità, non di disorganizzarla, nel grande organismo del– l'umanità le cellule sono rappresentate dalle nazioni, non dagli indi\'idui ,,, e per cui "'ciascuna. forma di incivilimento è nazionale, e il socialismo e l'idea nazionale non soltanto non sono antagonistici, ma sono inseparabili ,,, sembreranno strane a più d'un socialista italiano; eppure ad esse converrà abituare a poco a. poco l'orecchio, specialmente se si vorrà che le trattazioni dei problemi di politica estera e militare siano un po' più concludenti di quelle che fin qui sono state in uso. Riguardo alle istituzioni politiche dominanti, noi non abbiamo ragione di combatterle fin tanto che non siano d'inciampo allo svolgimento dell'opera nostra, tutta quanta imperniata sull'ascensione graduale e indefinita, per quanto non automatica, delle classi lavoratrici e all'abbattimento di quegli ostacoli ma• teriali e spirituali che a tale ascesa si oppongono. . .. Questi, in breYe, alcuni dei criteri generali che, secondo me, rientra.no nel nostro indirizzo e che, ispirati al' relativismo, non dedotti da teorie astratte, ma indotti conformemente all'esperienza, possono Cl:lsereutilizzati nelllelaborazione sistematica del re– visionismo. Certo, sarebbe un'assurdità metafisica il pretendere che Pideologia riformistica uscisse d'un balzo com– l)leta e perfetta come Minerva dal cerYello di Giove; ma l'esperieuza e le nuove situazioni offrono già dati e materiali più che sufficienti per una p1·ima approssimazione. L'importante è che le menti comin– cino ad essere polarizzate e orientate in un certo senso; che il riformismo cominci ad essere compreso e praticato almeno dagli stessi riformisti. Lasciando infatti da parte i pipistrelli dell'integralismo, la cui rogioli. di Yita è tutta nell'equivoco e per l'equivoco il più grossolano e più grettamente opportunistico, quanti sono tra i riformisti quelli che abbiano qual– cosa di più di ·un lontano e confuso barlume del revisionismo marxista? Quanti sono quelli che ab• bi-ano capito il principio della possibilità di demo– c.ratizzazione dello Stato e quello della collaborazione di classe che ò un surrogato e complemento neces sario della lotta di classe? Per la maggioranza di essi il potere pubblico è e sarà sempre il Comitato qj di(esa degli interessi delle classi dominanti; per essi va conservata la veneranda distinzione tra pro– gramma massimo e programma minimo, che fa stol– tamente supporre una soluzione di continuità e che obnubila il concetto del divenire socialistico. Se si acconciano a transigere colle loro rivoluzionarie co– scienze, a fare degli strappi al principio della lotta di classe, è perchè lo dice 'l'urati ; ma in fondo al– l'animo essi sentono tutta la nostalgia del passato e ammirano il bel gesto dei rivoluzionari che respin– gono sdegnosamente gli impuri contatti colla bor– ghesia e prn.ticano l'intransigenza. di classe. In fondo essi sono degli antiquati ortodossi, dei filistei, degli adoratori delle formule consacrate dalla tradizione; grattandoli un po1,non è difficile scovrire nei pene– trali delle loro coscienze la credenza romantica nel miracolo laico della rivoluzione, l'antica e tenace chimera catastrofica. Si sono) è vero, staccati " dagli altri ,,, ma più che altro per incompatibilità di ca– rnttere, come avviene nei matrimoni mal assortiti. Sgraziatamente il revisionismo ha ben poco a che fare con siffatte incompatibilità morali. . .. Formulazione sistematica, adunque, del riformismo; diffusione e chiarificazione di esso, sia per ispezzare l'equivoco dell'integralismo, sia perchè al non timido, ma pieno e paldo convincimento della bontà del nostro metodo segua fervore d'azione da parte degli stessi riformisti. Ciò occorre fare in questa crisi di preparazione. Ma non conviene fermarsi a quest'opera, che chiamo teorica per brevità e per chiarezza. di contrapposi• zione. Urge proprio tmum facere et alterum non omit• tere, tanto più che nel nostro caso l'unwn non è che l'integrazione de11 ·auerum. Non sarò certamente io che vorrò sostenere ehe l'opera parlamentare di 1'urati, Bissolati ed altri ul)– mini di nostra parte sia di nessun effetto o di poca utilità per gli interessi del proletariato; allo scre– dito tendenzioso del parlamentarismo bastano i sin– dacalisti e i rivoluzionari. Ma purtroppo la vita non è che una serie continua di scelte; noi siamo con– tinuamente posti al bivio di scelta tra utilità mag– giori e utilità minori. Ora, io stimo sia giunto il mo– mento che i maggiori uomini del riformismo dedi– chino più parte della loro attività alla propaganda nel paese, in mezzo alle masse. L'attacco formidabile dei clericali •- che coll'azione popolare cattolica si accingono alla conquista. e alla riconquista delle classi lavoratrici - va rintuzzato principalmente coll'azione d-iretla. Noi dobbiamo immunizza.re il proletariato dalla peste del clericalismo popolare, che noi abbiamo spe– cifiche ragioni di oppugnare come quello che tende in realtà a perpetuare forme odiose di sfruttamento e ad attuare quella forma inferiore di concorrenza operaia che è il crumiraggio. D'altra parte - spe– cialmente nelPitalia media - sono disseminate nu– merose associazioni di mutuo soccorso, che posson() essere trasf9rmate e completate colla cooperazione. E, prescindendo pure dalla associazione di produ– zione e lavoro degli artigiani e dei medi ceti e dalle Cooperat.ive di consumo e di credito, per quanto nella penisola il capHalismo sia poco sviluppato, tuttavia v'è un largo margine per l'organizzazione di mestiere. Tutto poi o quasi tutto è da fare pel perfeziona– mento delle organizzazioni esistenti e per la meta– morfizzazione delle energie dal coacervo casuale alla nnione veramente organica.. Stipulazione di tariffe; fondazione di Biblioteche professionali; rilevazioni statistiche sull'impiego delle macchine, su1JosViluppo dell'industria, sulle condizioni di salario e lavoro, sulla. scala del tirocinio; stampa professionale; Uffici di collocamento; introduzione di nuove forme di sus– sidio; rapporti delle associazioni coi pubblici poteri e con quelle delPestero per la. conclusione. di con•
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