Critica Sociale - Anno XVII - n. 7 - 1 aprile 1907
CRITICASOCIALE 101 La legge dei salari del Marx trovava un certo fon– tlamento nei fatti quando venne formulata, cioè nella prima metà del secolo scorso, allorchè il largo im– piego del lavoro dei fanciulli e le miserande condi, ;,,ionidel disorganizzato proletariato inglese ponevano in così sinistra luce il sistema capitlllistico da strap– pare aspre invetth·o di condanna alle labbra degli stessi conservatori, com'erano senza dubbio il Carlylo e il Ruskin. Ma è certo che questa legge diventa sempre meno vern, quanto più il capitalismo s'allon– tana dal periodo dell'infanzia, in cui l'imprenditore ~lomina completamente la distribuzione. Di fatto noi possiamo accertare che durante gli ultimi 50 anni i salari reali si sono aumentati del 40 1 del 50 e per– sino, in molti casi, del 100 per cento. A. questo mi– glioramento ha indubbiamente contribuito l'organiz– zazione operaia, farnritu. dalla maggiore capacità. tecnica dei lavoratori e dalla cresciuta loro coscienza della propria forza e dei proprì diritti; può avervi altresì contribuito la convinzione acquistata dall'im– J)renditore che l'operaio, non oppresso dal lavoro e meglio retribuito, presta più efficace concorso nel 11rocesso produttivo. Quel che non si può negare è che l1aumento si è etf~ttivamente avverato. . .. Accanto al principio della possibilità dell'indefinito miglioramento materiale e morale del proletariato, noi dobbiamo chiarirne e diffonderne altri che col primo sono indissolubilmente congiunti e che, a vero clire, finora, trovarono scarsa adesione. Sommaria– mente esposti, questi principi si possono, a mio pa– rere, ridurre ai seguenti: 1. La libera concorrenza non si sopprime: i 11ostr-i sforzi 110n possonoesserediretti e/te a portarla a Un livellopiù alto. L'associazione, in tutte le sue svariate forme, le imprese colletti,•e, la legislazione sociale, non sono che mezzi per innalzare d'un gra• ,tino la libera competizione. La stessa organizzazione tlei lavoratori, - sia che, limitando lo sfruttamento dell'imprenditore e spingendo al perfezionamento !ecoico, migliori gli elementi e le condizioni della produzione; sia che, sostituendo al contratto indivi– duale di lavoro quello collettivo, permetta a.Ilocatore d'opere di aspettare senza deteriorare; sia che con- 1rolli l'offerta del lavoro e, raccogliendo gli operai in categorie, fissi un certo tipo medio per ogni cate– ,-:oria; sia che agevoli la conoscenza dei mercati e quindi renda minore l'attrito nella occu1,azione e maggiore la trasferibilità del lavoro (che, ccme no– tava lo Smith 1 è una dello merci più difficilmente trasferibili da un luogo all'altro); - non fa che clo· vare di uno scalino In concorrenza. '.l'auto che il prof. Cabiati potò giustamente stabilire che l'or. ~anizzazione operaia, ben lungi dall'ostacolare la libera competizione, effettua al massimo quelle con– dizioni che permettono a questa di esercitarsi, ren– dendo effettive le ipotesi connesse a quello stato economico. L'organizzazione è quindi, oltre che un ente di utilità diretta per il lavoratore, un mezzo potente di progresso economico generale. Allorquando noi domandiamo la costituzione di imprese pubbliche coattive (municipalizzazioni e sta– tizzazioni), invochiamo uno strumento, non già diretto all'abolizione della concorrenza, sì bene del suo con– trario: il monopolio. Ma coteste imprese pubbliche, che in un dato momento e lu ogo possono fornire l'unico mezzo per gene ralizza.re le rendite monopo– listiche, sì che tutti i c ittadini ne usufruiscano 1 de– vono essere sempre in concorrènza, almeno virtual– mente, con queJle private. 2. Collettivismoe individualismo, acce11t1·amento e decentramento, inte,-venzionismoe liberismo sono principi complementarie nciprocamente integrantisi, destinati a prevalere alternativamente,a secondadella legge del massimoutile collettivo. I cittadini ricorrono senza apriorismi all'opera del potere pubblico tutto lo volte che, col " laisser fai1'e, laisser passer ,,, ve• dono lesa la legge del tornaconto sociale. Spetta ai riformisti il mostrare, volta a voltn, quando esiste antagonismo tra Jlinteresse della maggioranza e quello della minoranza e scegliere la linea <lolla minor re– sistenza, affinohò il primo ottenga vittoria. sul se– condo. Evidentemente qui entriamo nella sfera pii1 delicata della politica, arte relativa per eccellenza; ma teoricamente può essere utile diffondere anche i criteri del relativismo, per evitare qualche passo falso o avventate diversioni dalla via meno sca• hrosa. 3. Un dato i11teresse di classe si clet:edifendere fintauto che sia compatibileo non sia in urto coll'in– teresse della colletlivitù. Si dice che nella mischia sociale il posto dei socialisti è segnato: non può essere che dalla parte degli operai. Ciò è vero fino ad un certo punto. Direnderemo noi, ad es., gli in– teressi dei lavoratori occupati in un'industria scan– dalosamente protetta ai danni di tutta la nazione, sol perchè dalla mitigazione o dall'eliminazione del dazio doganale può derivare un danno momentaneo ai lavoratori stessi? O, nell'appoggio a rivendicazioni materiali di determiuati ceti professionali, non ci arrnsteremo alla linea. approssimativa di separazione tra l'utile della minoranza e quello della maggio– rauza? Molto si è peccato in Italia a questo ri– guardo. Volendo, potrei citare parecchie codarde di– fese, che si sono pubblicate anche dalla stam1>a socialista, in occasione di certe agitazioni inscenate da lavoratori impiegati in industrie indebitamente protette, come quelle della seta e siderurgiche. Con coteste difese e con siffatti atteggiamenti, causati il più delle volte dalla paurfl.dell'impopolarità, occorre respingere· qualsiasi solidarietà. Socialismo deriva da socius, societas, e dell'allontanamento dall'inte– resse della socialità si sconta presto o tardi il fio. 4. La collaborazione d·i classe non è un comodo alihi od una opportunistica invenzione di un qualche riformista: essei è imposta dallo stesso •neccan.ismo della vita sociale. L'operaio non vivo soltanto nella :-abbrica; come cittadino, egli ha un numero stra– grande di bisogni e di interessi (scuole, libertà pub• bliehe, giustizia giusta, igiene !ò!OCiale, alleviamento dei tributi, guerra ai monopolì, ecc., ecc.) che coin– cidono con quelli di altri ceti o classi. Ciò è stato riconosciuto dallo stesso sindacalista Arturo Labriola, allorquando recentemente, novello Saulle sulla via di Damasco, scrisse nella Propaganda di Napoli che (I vi sono soluzioni che altre classi o gruppi di classe, oltre il proletariato, proseguono; che Y 1 è un terreno su cui anche l'opera sindacalista diventa. necessaria– mente democratica; che è comico e assurdo voler attenersi sempre all'intransigenza di classe, e che, dove la situazione non offre che problemi di demo– crazia, il sindacalismo non può inventare soluzioni socialistiche ,,. Mutate le parole, che altro mai è ed ò stata la collaborazione di classe del '!'urati e dei riformisti, contro cui la sguaiata irruenza dema– gogica non ha avuto e non ha abbastanza. frecce avvelenate da scagliare? 5. Lo Stato e i pubblici poteri non muoio,io, come asseverava l'Engels: essi, sottol'11lfluenzadegli interessati,sonosuscettibili d-i penneazione democratica. È sopratutto coll'avvento delle classi lavoratrici alla vita pubblica - che resterà gloria imperitura del movimento socialista l'aver provocato - che si inizia la democratizzazione dello Stato, il quale va in tal modo perdendo le sue funzioni autoritarie e poli• ziesche per acquistare caratteristiche a larga base sociale. 6. Di fronte alla concezione atomistica degli in– dividualisti, noi dobbiamo attenerci alla concezione
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