Critica Sociale - Anno XVII - n. 5 - 1 marzo 1907

CRITICA SOCIALE 79 giovinezza - l'età in cui, l'uomo si fonna - era coincisa col primo fwre della gloria di lui. Onde tutta la grande anima era vibrata entro la loro, lasciandovi impronte, incancellabili anche dalla morte. In quei giorni lontani, all(l scuofrt di Bologm, 1 si era tutti, quanti pizzicavamo di lettere, manzoniani, l)ilÌ o meno, anche a nosfro dispetto. Le a,·monie cli Prttti e di .Aleardi ci aveva110, nell'infanzia, lusingato l'animo e l'orecchio. Quaudo q_uel selvaggio sorse e gridò, quando lanciò al cielo le stt-o(e, che levavano il volo come falchi attorno alla mole petro11iam1, fu tma lacerazione cli dentro. 'l'a– llmi gittarono il libro. Ma il libro era <li quelli che ripi– gUano a forza. Quell'asprezza di pensieri e di ritmi fu un'educazione, (,, un 1·i1111ovamwtodi noi. Ne uscimmo altri da quei che et·avamo. Cittadini di altra patria. Rinati a una seconda vita. E, se poi, ,1el tempo, taluna cosa meno ignobile uscì dal 11ostrobraccio, o dal labbro, o dalla penna, st11Um.moche egli era il 1nulre. Se errammo, se piegammo, fummo fi,glL indegni e <legeneri; dovevamo chiederne venia, ora, al suo tumulo. Pih sotto, un nostro amico, pih giovine, dice del poeta e dello scrittcwe. Certo, Canlucci, fu il poeta dell'Italia nuova; 110n fu uno dei poeti. i; morta con lui la poesia italica? F'orse è sopila. Porse converrà che tutta un'evoluzione di cose si compia, perchè i nob.tri figli e 11e11oti si abbiano, da altri, le gioie alte clello spirito che dal Carducci vennero a 110i. E allora ,w,i è un uomo, è tm monào che sparisce, è un'etù che si chiude. È a una certa anima di tutto un popolo che si fa il funerale. l11ta11tosi faceVa a noi. 1 versi della morte ci 1•ifiorivano 11el CltO/'e: Doman morremo, come jer moriro quelli che amammo; via dn le memorie, via da gli affetti, tenui ombre lievi, trasvoleremo ... ()uel" clomaui n lo sentivamo i11combe11le, premente. 'Ecco, sorgeva i era sorto! ... f. t. Mal si confà alla sdegnosa anima di Enotrio l'e• piceclio. 'l'roppo egli lo paventò da vivo e con troppo aspre parole ne rimosse lungi da sè la flebile reto• rica e l'insidia ambiziosa, perchè, dinanzi alla sua tomba recente, non ci sentiamo congelare sul labbrn l'iperbole consueta e il consueto encomio, e non ci assilli Io scrupolo di non essere per offendere, con la postuma lode, pur nella piena dell'affetto, la sua austera memoria e la nuda Verità. 1 che egli adorò con così maschia devozione. Eppure - malgrado que' suoi rimbrotti dantesca• mente " villani ,, contro i lesti facitori di elegie e di necrolog'ì - quanta e quanto -importuna vanità dilagò anche intorno alla sua morte, frammezzo al pianto d'Italia! E l'esempio venne dall'alto. Le voci 1 che volean essere le più degne ed espressive, furon le più frigide e canore. E il carme, che volea esem– plarne con Jinee meglio sculte l'effige, non riuscì che uno sforzo, qua e là elegante, di secentesca vir• tuosità. Non così si raccoglie l'eredità di Giosuè Carducci! Non così si ha diritto a presumere di te– nerne accesa la fiaccola e di agitarla! * * • Non, dunque, l'iperbole irriverente ed enfatica. Enotrio non ha bisogno che noi gonfiamo le gote per esaltarlo. Sta già in alto da sè. li: non i facili paragoni e la ginnastica fanciul– lesca de' costruttori e dilettanti di gerarchie! Non si dice nulla, o si dice un grosso errore, sentenziando ~ come s'è fatto di questi dì - che, dopo Dante, viene il Carducci. Ma ir1che senso e a qual distanza? 8 il Petrarca, l'Alfieri, il Foscolo, il Leopardi - per menzionar solo i poeti civili - in qual remoto an• golo della nostra storia letteraria van relegati? Non rimpiccioliamo gli spiriti magni, che il Carducci di– lesse e rla cui si gloriò di derivare, per metter lui pili iu su. Egli se n'adonterel>be. E non - infine - andiamo alla caccia, ne 1 suoi volumi, di quel che più lo accosta all'uno o all'altro partito. Non adoperiamoci, con sapienti oblii e fur– beschi col1>idi forbici, cli farlo nostro piìi che non fu. Tanto più sentiremo la sua inspiratrice frater– nità dove veramente fu con noi, quanto più franca· mente avrem presenti i suoi dissensi - non tutti contingenti od effimeri - dai nostri ideali e dalle nostre battaglie. . .. Commemorandolo e onorandolo così, renderemo a lui e alla sua ombra, che si è dipartita, il saluto che egli pilt desiderava. Saluto di liberi a un libe• rissi mo e schiettissimo spirito! La sua 1 schiettezza, nppunto - la sua integra e robusta schiettezza - ci piace di ricordare prima del suo genio. Nè - si badi - solo la schiettezza che informa e accende i suoi carmi che più amiamo; sì anche quella, che lo mosse a scrivere le poesie che men ci piacquero e pil1 pat'vero, al momento in che uscirono, distaccarlo e allontanarlo cla noi non meno che dal suo passato. P<>ichèegli fu sempro fieramente e fortemente sincero, e 8ell1JH'e, pur quando errò, obbedì a un verace e infiammato im– pulso del suo animo appassionato e cavalleresco. I~ sempre scrisse ingenuamente e alteramente quello che il cuore dentro gli veniva dettando. r:, come schietto, fu buono. Ebbe la bontù. dei forti, tanto più profonda quanto meno espressa; tanto piit impetuosa e gentile quanto meno adusata alla tenerezza espansiva; tanto più vasta e umana quanto piit aliena da ogni demagogia e piaggeria. E come amò, odiò. Odiò acerhamente, terribilmente, dappertutto dove se le vide davanti - nell'arte e nella vita, nella scuola e nella cosa pubblica - la menzogna, la viltà, la doppiezza insinuante e pro– cacciante, la mediocrità boriosa, l'ignoranza amman– tatasi cli scienza; e le flagellò spietato. E, strumento di tal anima, ebbe un intelletto ma– raviglioso. Definirlo e descriverlo è impossibile. Me– glio cercarlo neWopera. Della quale non tutto è per• fetto e non perituro; ma tutto porta l'impronta del leone. E piii continua.mente e ugualmente la prosa della poesia. Quella, infatti, è tutta, non pur impec• ct1,bile,ma bella, bronzea, eloquente; tutta. mirabile per il finissimo e concettosissimo travaglio del pen• siero e la generosa accension degli affetti non meno che pet· la tessitura delicata e robusta del periodo e l'italianità e il vigor nuovo dell'espl.'essione e la elastica validità de' legamenti o degli scorci; tutta. muscolosa, nervosa, rapida e insieme classicamente architettata; tutta, e sempre, fatta di forza e cli grazia - se non è troppo femmineo il termine -, di dottrina e d'ideale, cli umanesimo e di umanità. Questa, invece, è varia, non pur di contenenza e cli inspirazioni, ma di valore. I canti della prima giovinezza han già, frammezzo a molte reminiscenze, un inceder nobile e securo 1 un vivido e spesso cor– ruscare di nuove immagini, una forbitezza, una con-• cinnità, un ritmo da artefice valido ecl esperto, e tradiscono e annunciano, in certa libera e rude sprez– zatura di mosse e di passaggi e sovra.tutto nel ga– gliardo civismo dell'inspirazione e del concepimento, il futuro vate e maestro della terza Italia; ma non ancora hanno la succinta e pur mognifica limpidità, la ferrigna gagliardia, il batter d'ala veemente e ser– rato delle strofe della virilità, e il soverchio d'em-

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