Critica Sociale - Anno XVII - n. 1 - 1 gennaio 1907

CRITICA SOCIALE Affermando che la politica dei partiti popolari - il partito sociali::,ta compreso - deve, per sua na– tura, sospiog-ere a nuove spese, con\'ien fare molte riserve. Certo, noi non siamo paurosi dello spendere. Se occorre avere un ragionevole timore dello spareggio, non bisogna però spingere questo timore fino a ve– dere uno scialacquo nelle spese pil'1 urgenti e piì1 necessarie. 1'la, se non ci preoccupa - entro certi confini - l'incremento delle spese, non ci acquieta però Ja qualità delJe spese odierne. Oggi il Governo ha inaugurato una poJitica, la quale non è affatto quella che è stata un tempo de– finita " politica di lavoro "' ma è il suo preciso contrapposto, cioè una politica di sperpero. Le nuove spese, che s'incalzano, con la rapidità e l'assiduità delle onde, a divorare quell'isola instabile che si chiama Favauzo del bilancio, non si propongono di soddisfare una sfera ben definita di bisogni. Al con– trario, esse sono dirette verso tutti i punti dell'oriz– zonte, non a soddisfare, ma ad acquietare pur un minuto - per quell'attimo che è necessario alla vita ministeriale - tutti i bisogni, tutti i desideri, tutte le brame. Così, oggi si spende per i porti, per le fer– rovie complementari, per il rimboschimento, per la navigazione interna, per l'istruzione industriale e commerciale, per i magistrati, per gli impiegRti di finanza, per i carabinieri, per le guardie di pubhlica sicurezza 1 per le guardie carcerarie, per le belle arti) per i cannoni, per le fortificazioni, per la marina, per assestare i Comuni del .Mezzogiorno; senza che, dopo questa infinita serie di sforzi parziali, un solo problema sia., non che risolto, avviato a soluzione. Anzi, è da credere che, dopo questi tentativi insuf– ficienti, ciascun problema sentirà anche più l'esiguità dell'aiuto governativo, e quindi, ad uno stato di attesa, che non è mai pericoloso per un paese gio• vane e sano, succederà uno stato di irritazione, tanto più impacciante e minaccioso, quanto più lo Stato - avendo sperperato tutti i mezzi posti a sua dispo– sizione - dovrà confessare la sua assoluta impo– tenza a procedere oltre. Vi è, dunque, per la politica di spese dei partiti democratici, un principio di evidenza cristallina che non è lecito trasgredire. Questo principio afferma che le nuove spese debbono corrispondere a(t un piano ben determinato, in modo da essere dii·ette successi'va– menfe a raggiungere uno scopo economicO•JJOlitìco cii, assoluta urgenza e di riconosciuta utilità. Quale debba essere questo scopo o questi scopi a cui deve rivolgersi, per una serie di anni, l'attività delio Stato, non è possibile dire qui, in questo arti~ colo-prefazione. Soltanto ci pare non inutile ~·icordare come a sbalzi - vorremmo dire, se la frase non fosse troppo aspra, nei lucidi intervalli - il Parlamento abbia riconosciuto eh.e la questione suprema è oggi quella del risorgimento economico e intellettuale del )(ezzogiorno. Portare quindi a compimento quest'o– pera, tante volte iniziata e tante volte abbandonata, do,'rebbe esser c6rnpito di una. azione veramente de– mocratica, la quale si ispirasse non soltanto a criteri di giustizia, ma. all'utilità. nazionale di estirpare dal 1\Iez.zogiorno la sorgente nefasta della piccola politica di fa,,ol'i di ieri e di oggi. Se non che, i partiti democratici non possono pro– porsi questo indirizzo largo e meditato, se si la::.ciano sedurre - sospinti a tergo dai singoli gruppi d'inte– ressi, che si acconcia.no al poco nella. speranza. del molto - dalla prodigaJità multiforme del Governo. B.:si, se vogliono salva~uard11re la possibilità della. loro azione a\'Venire, debbono as'::lumere una ferma posizione dl comhattimento contro tutte le spese che hanno c~rattere di espediente pro,,visorio e quindi vellicano, senza sod(\isfarli, i bisogni del paese. Per ciò che riguarda la politica trihutaria, ahbiamo già conclu::10che i partiti democratici non dehhono assentire a grossi sg-ravì, i quali potessero indebolire permanentemente il hilanciv. Afa dentro quAsta formula stanno, tanto i disegni di sgravio di Maggiorino Ferraris, propugnati, nel partito socialista, con opportune modificazfoni e ridu• zioni, da Antonio Graziadei, quanto il disegno di ri forma dell'ou. \Vollemborg, propugnato da mti, in questa Rivista ed altrove. Jn foudo 1 ambedue le con· cezioni concludono ad uno stesso risultato finanziario: non diminuire permanentemente le entrate dello Stato. r partigiani degli sgnivi vogliono sgravare quei generi di largo uso popolare o industriale (il Gra• ziadei si ferma giustttmente al petrolio e allo zuc– chero)1 che, coll'aumentato consumo, conseguenza diretttt dello sgravio, possono reintegrare, in breve, il bihrncio della pe1'dita sofferta. I partigiani di una riforma dei tributi vogliono invece sgravare .Jeclassi povere mediante uu't:qua. traslazione di oneri da. classe a classe, senza turbare, o turbando solo di poco, l'equilibrio del bilancio dello Stato. . • * Se non che, fra queste due concezioni corre una differenza profonda. Mentre il semi:1lice sgravio ad– dolcisce una o piì.l tasse lasciaudo intatto l'ordina– mento tributario, la riforma generale dei tributi porta il piccone eutro tutto l'assetto delle imposte. Perciò !'011. \Vollemborg, nel suo forte discorso pronunciato di recente alla Ca.mera, prendendo a prestito la con– cezione dei nostl'i rivoluzionari catastrofici, definì conservatrice la. politica deg·li sgravi. fila il dissidio non ò poi così irreconciliabile come può parere assistendo alla scherma di queste conce– :doui generali ed astratte. In sostanza, esaminando nella Joro realtà effettiva i disegni di sgravio e quelli di riforma, si deve riconoscere questo carattere co– mune: gli uni e gli altri vogliono sgravare i consumi. Ma, mentre la politicfl. di sgravi vuol cominciare dai dazi dogcmali, cercando in un maggior consumo il com– penso alla perdita, la politica di riforme vuol comin• ciare dai dazi interni, abolendo le cinte daziarie e trovando un compenso nel riordinamento delle im– poste dirette, nell'istituzione di un'imposta personale a saggi progressivi sull'entrata dei cittadini, e in una radicale modificazione della tassa sul vino. Ora, tali essendo le cose, è per me cosa indubbia, che la precedenza dovrebbe spettare allo sgravio <lei dazi interni, e non allo sgravio dei dazi doganali. La riforma che si attiene allo sg1·avio dei dazi interni, accompa.goandosi ad una riforma generale dei tributi, può ~ve:e effetti economici e finanziari di gran lunga ~uper10r1 a quello che può essere il lieve beneficio ùello sgravio. Di più, assidendo la finanza su basi pilt eque e piÌ.l solide, può permettere poi quello sgravio dei dazi doganali, che oggi si deve, per necessità, contenere in limiti modesti. Per questo, d.ato che i partiti democratici avessero libertà dt scelta, essi dovref>bero volere che allo sgravio dei dazi doganali precedesse l'abbattimento delle l)ar– riere i11lerne e il riordinamento llei nostri thbutl fon– damentaU, Donde la convenienza per la democrazia che, in 1111 Governo democratico del prossimo avve– nire1 prevalgHnO le idee del \V ullemborg e dell' AIPssio, i quali si propongono di imitare l'esempio di G!ad.– stone, che volle assisa In finanza inglese sopra forme di tassazione eque, razionali ed elastiche, prima di procedere alla decimazione delle imposte indirette. Ma, nelle attuali condizioni politiclrn, il diritto di scelta non spetta nè all'Estrema Sinil'!tra, nè, molto meno, al solo partito aocialista. E potrà da,rsi quinrl.i che la politica di sgravi doganali sia imposta dal Governo. In tal caso 1 dobbiamo ripetere il ragionamento

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