Critica Sociale - Anno XVI - n. 22 - 16 novembre 1906

346 CRITICA SOCIALE altri, nò possono prcoccuparai occessivamcnto d'una classe cho verso loro oon à mai dato soverchia prova di preoccupazioni o di scrupoli. Del resto, il ragionamento drl Leroy-Beaulieu, come il ragionamento di tutti quelli che inveiscono contro l'avidità, l'invidia, la concupiscenza, l'incontentabilità, Pindisciplinatezza e via dicendo della classe operaia, é errato, innanzi tutto e sopratutto, nello basi, in quanto parte dal presup11ostoche i bisogni, o una gran parte di essi, consistano io alcun che di capriccioso, che si possa discacciare do.Ila mente e dal cuore con un po' di buon volere e di educazione. I bisogni, per Leroy-lleaulieu, non sono qualcosa di necessario e di determinato; posiono andare e venire come più pare e J)iace. Perchò - egli domanda inge– nuamente scandalizzato ai lavoratori - perchò sentite il bisogno d'una cnsa più grancte, di mobili mlgllori 1 di un cibo pili delicato, di godimenti estetici ed artistici più raffinati? Ma tutto ciò non implica l'esistenza i ma anche senza ciò si può vivere, si vive anc'oggi da molti, e sì viveva un tempo da voi stessi benissimo. Dunque questi vostri nuovi bisogni sono condannabili, sono ad– dirittura immorali, e voi al più presto li rintuz1.erete, se non volete cadere sotto la scomunica di tutti gli eco– nomisti borghesi! La logica non è stringente. Ragionando in tal guisa, ammetteudo che gli uomini ànno colpa dei loro bisogni, e possono aumentarli e diminuirli a volontà, non sarebbe più giusto che i la\'Oratori invitassero benignamente i signori borghesi a diminuire un poco la somma dei loro desideri, dei loro godimenti e dei loro piaceri, vi,to che ciò è tanto semplice e tanto facile? La.questione sociale anche in questo modo sarebbe bell'e risolta.; perchè i signori borghesi, non tormentati più da uu cumulo ab– bastanza vasto e complicato di raffinati bisogni, trove• rebbero superflue tutte le loro ricchezze, e, contentan– dosi di quel poco che Leroy-Beaulieu giurlica sufficiente all'esistenza, cederebbero volontìerl il resto a coloro (e sono parecchi) cbe anche di quel poco difettano. Ma è que1,to un orecchio da cui Leroy-Beaulieu, e tutti I fllo– sofl e gli psicologi suoi pari, non voglion sentire. Essi ànno fatto dei bisogni due teorie: la teoria dei poveri e la. teoria dei ricchi, e non ànuo studiato a fondo e bene se non quest'ultima. L'à argutamente rilevato anche quella caustica proletaria che è la / 1 'emme de cl1amb1·e di Ottavio Mirbeau, a proposito della psicologia di Bourget. Essendo Bourget l'amico intimo della sua si– gnora, \)0i cui salotti non si parlava altro che. di psico– logia, essa, una sera, ebbe il ticchio di sottoporre all'il• lustre uomo un problemi\ psicologico relativo alla sua travagliata e terribile infanzia. Usò la precauzione, nel consultare quello che ella credeva un vero medico del– l'anima umana 1 d'attribuire il suo ratto a una ipotetica. amico. Il signor Bourgot, nonostante, arricciò subito il naso: u Chi è questa vostra amica? Una donna del po– polo ..., una povera, certo? 11 11 Una cameriera como mo, illustre signore 11• li signor Bourget ebbe una smorfia superiore, una mossa dl sdegno. " Non mi occupo di queste anime - disse. - Sono anime troppo piccole. Non sono nemmeno anime. Non npparteng0no al genere della mia psicologia. ,, Compresi allora, commenta ama– ramente la cameriera, che in questo ambiento non si comincia ad essere un'anima elle da centomila franchi di rendita in su. Similmente Leroy-I3eaulìeu. Egli, soltanto al disopra d'una certa rendita e d'una certa ricchezza, comprende benissimo il bisogno e lo sue leggi. 1,:gu si guardu. bene dall'invitare i signori borghesi a rinunziare nlln car– rozza, ni servitori, al palco nei principali teatri, e a tutti gli altri svariati godimenti di cui anch'essi, del resto, un tempo, quando modestamente la.voravan nei fondachi per ingrassare l'aristocrazia e il clero, facevano benissimo a meno. Questi bisogni, indifferenti anche per i borghesi all'esistenza 1 sono noi borghesi naturalissimi, e solo divengono esorbitanti quando ànno Pardire di sorgere nell'animo d'un vile operaio. Il borghese, per Leroy-Roaulieu, è dunque un essere J>rivilegiato, non è più un uomo; o almeno, non ò quell'uomo normale, CO· mune o II reale 111 com'egli lo chiama, che in tanto dif– ferisco dall' « nomo sociale 11 fantasticato da. La.ssalle in quanto à dei bisogni molto ben definiti o concernenti la pura esistenza. li male si ò cho l'esistenza umana, compresa quella dei lavoratori, non ò così animalescamento semplice come Leroy-Beauliou se l'immagina, nò può essero limi– tata ad libitum la serie dei bisogni di cui l'uomo ò ca– pace, senza rinnegare la cagione e l'essenza stessa del progresso e della civiltà. Bisogni necessari e bisogni superflui non esistono, percbè ogni bisogno ò necessario in quanto è bisogno: e quando per neceNsari s'intendono quei bisogni senza dei quali uon sarebbe possibile nem– meno la vita animale, allora non si può ad essi restrin– gere la p~iche umana, senza voler ritornare la società nella più completa e nella più degradante barbarie. La civiltà non ò data. che dalla esistenza di sempre nuovi bisogni, che divengono a poco a poco incllspensa– bili e imperiosi come la fame e la sete.« Concedi all'uomo ciò solo che gli è necessario 1 e la sua vita sarà meno bella di quella dei bruti 111 osserva nel Re l#W' quel barbaro geniale di Guglielmo Shakspeare; e non dh•ersa. è l'opinione dei moderni psicologi. 11 I bisogni acquisiti come quelli naturali - scrive il Beaunis ( 1 ) - dipendono du. un'eccitazione più volte ripetuta dei centri nervosi, sensoriali o motori; come i primi essi si distinguono per il lo,·o ca1·attere impulsivo ed in•esistibile qua.odo arrivino ad una certa intensità. Per stu diarli bisognerebbe J)assare in rivista. tutta. l'in– term.in (Lbile scr!e ~elle pa.ssloni 1 delle bizzarrie 1 delle mame, delle ab1tuclrnl che affliggono o che consolano l'umanità. La nostra vita intera passa a contrarre delle abitudini, cioè a crearci dei bisogni artificiali ))8r darci il godimento di soddisfarli. Se l'uomo 1'iducesse i suoi desideri alla soddisfazio11e dei bisog11i 1ialurali 11ecessart alla conserv~zione dell'individuo e della SJJecie, sa,·ebbe m.i:ora all'es.1stenz.a vegeta.tiva dell'ultimo det selvaggio del p11t miserabile dei contadmi. n Come dunque non ammettere nel lavoratori dei bi– sogni superiori a quelli del mangiare discretamente, del vestire alla meglio, dell'essere riparati dalle intemperie? E come scandali1.zarsl se questi bisogni esistono e ten– dono alla loro soddisfazione P Essi sono seguo o frutto di civiltà, nè si possono condannare o vilipendere senza conrossarsì ignoranti delle più elementari leggi ehe go– vernano l'animo umano. *""* 24. - TI nodo della questione è sempre il medesimo, è sempre l'eccessiva autonomia voluta. accordare alla volontà, alla coscienza, alla psiche, quella che fa. per• dere l'orientamento agli studiosi della questione sociale. Sochllisti e antisocialisti peccano ormai nel medesimo senso. Con la stessa fllosofta del maestro del villaggio che a suon di scappellotti crede di poter svegliare l'in– telligenza e l'attenzione degli scolari, senza preoccuparsi soverchiamente se non siano da im1>utarsi a debolezza ( 1) Il. ilHAUNIS, Lt8 81.lll(lifollB httl.nits, Parigi, 1389.

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