Critica Sociale - Anno XVI - n. 20 - 16 ottobre 1906
CRITICA SOCIALE Purtito, cho chiede d'esser alloggiato da noi solo perchè non è in grado di fabbricarsi una casa da sè? No. L'equivoco vero, cbo gettò il turbamento per l'at– trattiva della parola, per il prestigio fr.scinatoro del– l'uomo che la promulgava, por l'lnctotermlnatozza della frase che attraeva gente d'ogni risma o creava Il confu– sionismo, era in quel celebro u metodo rivoluzionario ,,, teorizzato dal Ferri, per cui nacquero artificialment~ quelle ohe pa1vero due tendenze: che si accapigliarono, si paralizzarono, si di,•isero, fino a tanto <'ho una, per la forza della logica, diede vita a un nuovo Partito, il Sindacalismo, o, partoritolo, pretendeva di rimanere an– cora distinta da noi; percbè, se no, dove sarebbe fluita la teoria del le due famose tendenze ? Questo rivoluzionarismo, parola vuota e sonante, che diceva ad un modo e faceva ad un altro, che, .scambio cli lavorare a dare al popolo l'unità. della. sun. coscienza, perpetuava In peste cattolica del dissidio fra i ratti e le parole, rra l'opera. e il labbro 1 fu ben esso l'equivoco che deviò e rermò il Socialismo ite.liano, togliendogli la visiono della sua strada, screditandolo presso i nemici cui non fa pili paura perché minaccia quel che non sa mantenere, impedendogli di essere arditamente, consa– pevolmente u riformista. ,, nel senso più operoso e fe– condo: dandogli tutti i danni senza i vantaggi, di un Riformismo sonnambulo ed ubbri nco. Ora, la adesione dei Riformisti a.ll'ordiue del giorno integralista, colpi in pieno petto questo equi\•oco, punse questo )}allone verbale e lo sgonfiò. li .Rivoluzionarismo di Ferri, la sua. ~ seconda tendenza. m ò una leggenda, un norostato pieno di gas per portar in alto qualche ambizione che vuol salire. Noi lo sconfiggemmo votando per esso. E, votando per esso, lo smascherammo. Perchè, se Ferri era intransigente da vero e non da burla, doveva votare l'ordine del giorno che l'onesto e.orda presentò a rivendicazione dell'intransigenza tradizionale di una parto del Socialismo italiano. Ma Jl'orri uon l'accettò: e la sua non n.ccettazione risaltò mille volto clipiì1quando i riformisti, confondendosi nell'orc1ine del giorno integra• lista, lo spingevano a differenziarsi, ad uscire dal blocco che noi contaminavamo con la nostra prosehza. E c'è dell'altro: insieme con l'equivoco del Rivoluzio• narismo ferriano, noi ottenemmo di liquidare un'altra menzogna con la quale già da troppo tempo si specula flui sentimenti più ingenui della mMsa: quella del suo Unitarismo sYiscerato e ad ogni costo. Noi votammo con lui, accettando formulo non del tutto preciso, premettendo dichiarazioni e riserve espli– cite. Votammo con lui, rinunciando ad ogni compenso di cariche e d'ingerenza noi Partito: ed egli 1 invece di aprirci le braccia e di lodare la nostra arrendevole ab– negazione, ci tratta da apostati della nostra dignità, da calpestatori della sincerità? Ma allora il suo amore per l'tmiUt ò una parola, un illuminello corno il rivoluziomirismo che ora ha cancel• lato dal suo dizionario! La nostra mossa ru la pietra di paragone di quell'mii. tarismo: e lo tro\'Ò di princisbecco. . .. 'l'olti di mozzo questi due equivoci Impersonati in un uomo che, per il suo nome e il suo ascendente sulle folle, li ronde\'a perniciosissimi, il Partito certo non ò guarito e ne1>1>ur notevolmente migliorato del suoi mali per merito del Congresso di Roma. Se tuttavia noi pensiamo all'aria dimessa dei Sinda– calisti - certo abbattuti anche per il brusco eoapaccioue proletario del Congre~so della Resistenza - i quali si limitarono a bei discorsi in cui rivendicavano la loro innocenza perfetta perchè nulla hanno fatto tvedi di– scorso Labriola) e son rei solo di pensieri ... e d'omis– sioni; so pensiamo che il Congresso dimostrò uno stato psicologico del Partito, nel quale, aiutando anche le cir– costanze esteriori, v'è largo campo al lavoro e buon terreno a chi voglia e sappia gettarvi il seme, noi cre– diamo che da questo Congresso esca una condizione di fatto nella quale il Riformismo potrà più liberamente e più fruttuosamente lavorare. Lavorare, diciamo: perchò eolo Il formalismo conge– nito cbe portiamo nelle vene può far credere a noi e agli altri che il Riformismo, concepito come un metodo organico od efficace di lavoro, vinca o non vinca, s'e– spanda o non si espanda, secondo che si concreta in formulo pii, o meno felici, vi trovn. più o men aderenti 1 ò maggioranza o minoranza in un Congresso, oppure vota o non vota un ordine cli idee a lui affini. Esso ,·ince e s'espande secondo quello che fa: secondo l'irradL.1zione dei suoi principt 1 ma sopratutto dei suol esempt, delle sue istituzioni proletarie, delle sue " ri• formo 11• Reggio Emilia, che gli interessati amano staccare dai riformisti, ma che ne è distante solo 1>erchè è " rifor• mista II sul serio e assai volte di più, ha peso ed auto– rità quasi universale nel Partito non per le sue teorie e per lo suo ricette, ma per le sue opere pratiche, con• eretantlsi in Leghe, in Cooperative, In conquisto muni– cipali, in miglioramenti, in vili o prosaici quattrini. Amici riformisti, l'ora è propizia. Dopo aver predicato il riformismo, dopo averlo applicato entro il Congresso negli Interni rapporti, cominciano a far le riforme! ÙIOVANNI ZIBORDI. INFATUAZIONE<'> n riformismo si direbbe nato a Tarascona) poichè ha l'aria d'avere, con la sua furberia, ucciso e sep– pellito il lupo mannaro sindacalista. Niente di più erroneo e di piì1 ingenuo. li sindacalismo declinava da pili mesi, vinto dai propri errori, e precipitò mi– serevolmente una settimana prima del Congresso socialista, quando fu battuto nel Congresso della Resistenza. Smettiamo dunque certe vanterie che ci rendono goffi e che somigliano a quelle dei patriotti i quali avevano avuto sempre un timore riverenziale por gli austriaci e poi sbucarono dalle cantine a rac– contare mirabolanti imprese e fughe cli nemici in– calzati solo dall'agile fantasia. Che il sindacalismo non potesse vincere nel Con• grosso socialista nemmen · di straforo, neanche per isbaglio, è dimostrato dalle cifre dei voti. Uniti o divisi, i riformisti e gPintegrnlisti avrebbero sempre sorpassato di molto il numero delle decimate schiere sindacaliste. Ventottomlla, anche divisi in due parti, avranno sempre ragione di cinquemila. II conto è cosl semplice che non dovrebbe affaticare neppure un integralista. Ma i riformisti, che, accodatisi agl'iotegralisti, sono divenuti per mimetismo gente pratica, strizzano l'oc– chio furbescamente e dicono con la serietà di un commerciante il quale chiuda i conti <li cassa: - Eh! noi abbiamo fatto nn buon affare; voi, cari miei, siete ammalati d'idealo e cercate il bel gesto; {') Commentiamo questo scritto dell'amico Cassola nel nostro ar• itcolo di tondo. (.Vota di/la CRITIC.l),
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