Critica Sociale - Anno XVI - n. 19 - 1 ottobre 1906
294 CRITICASOCIALE illuminata del paese. fo non ho nessuna ambizione politica; ma eolo a queste condizioni sarei capace di cominciare a concepirne qualcuna. Vll l. Nel momento attunlc, e forse ancora per molti anni, l'Jtalia anù una questione militare e anà bisogno di alleanze o di amicizie. Ancho su questo punto è bene che il partito so– cialista si dccidu a non avere più nulla a che fare con l'antimilihtrismo che sobilla l'insubordinazione, e ad abbracciare una 1>olitica estera che risolva i punti as1>ri con l'Austrin, e che renda l'Italia sicura di forti alleanze, e una politica militare che comhini la masi,ima economia con la massima efficienza di– fensiva, e che faccia dell 1 csercito una istituzione del cui caratlcre rsclusivamcntc nazionale niuno possa duhìtal'O o in cui anche il proletario senta una gua– rentigia della sicurezza. di continuità di lavoro. .IX. lnsommo 1 a mo sembra che il partito socia• listn, por rivivere o diventare la forza più attiva noi paese, dovo divontaro, nel senso più nobile della parola, un pn.rtito d'ordino. J~sso è attualmente in isfavoro, perchò nnohc i suoi migliori non sembrano al pnoso sutlicientemento espliciti nel condannare in untececlcnza, o nello sconfessare di poi, agitazioni disordinate. Si prenda, ad esempio, il recente scio– pero dei tramvieri in Milano. Chi può in coscienza sostenere che In pre1>otenza dei due questurini le– gittimasse la sospensione immediata del servizio tramviario, senza 1>rima adire o aspettare l'esito di tutte le pratiche possibili~ EJ>pure questo sciopero imJ>ulsivo è stato indulgentemente scusato. In con– seguenza il pubblico è legittimato nel pensare che i lavoratori considerano sè stessi come i 1>adroni dei t1ervizi 1mbblici e 11011 la società; è legittimato a pensare ohe non lo si tiene in sufficiente considera– zione, e che i socialisti, anche i più moderati, non sanno dar garanzia sufficiente ai suoi interessi; e si volgo dall'altra porte. E non a torto, dal suo punto di vista. r socinlisli nbituino i lavoratori a pensare alla complcssiti\ di una colletth;ità industriale e commer• cialc, a concepirsi anzitutto come funzionari devoti di qucst1L collcttivith, fiduciosi nelle leggi comuni e noi buon senso dell'opinione pubblica, e piuttosto inclini n modonrniono che ad esagerazione di pretese, e non ribolli se non a condizioni disperate, e pre· cipui coeflicienti della bontà ciel servizio; li abituino al pensiero che la condizione privilegiata dei lavo• ratori in servizi monopolistici non giustifica l'abuso della loro posizione, ma crea anzi una nuova forma di 1wblesse oblige; o, quando il pubblico avrà trovato e lavoratori e socialisti capaci di garantire l'ordine mej?lio dei dirigenti attuali, tornerà ad essi e li se– guirà anche noi resto. Spic~are e scusare un fallo non implica ohe si debhn trascurare l'occasione e il do– vere di avvezzarr nel aver riguardo al pubblico e ad aspettare soddisfazione per le vie legittime. Una orgnnizzazkme industrinle più complessa è possibile soltanto so abitudini più ragione\'oli sottentrino alle attuali impulsività anarchiche, e se i socialisti non trascurino PoJ)portunitÌ\. di inspirare al lavoratore, non solo il desidrrio dei vnntngg-i, ma and1c il senso delle res1>onsnhilith. o so1>ratutto del suo carattere di funzionario pubblico. Non m'importa che mi Ri nffibbii l'aggettivo di CO· <lino, renz.ionario, monarchico, o checchessia. Mi im porta che si discutano e, se ò possibile, si confutino le mie ideo. 80 1 por lettore e conversazioni private, ohe q11Cstocritiche sono più diffuse che espresso. J~ J>Crchòrrodo cho una loro più franca espressione gio"i, ho scritto queste brevi e frettolose note, il cui spirito ò questo: il socialismo italiano ha biso• gno d'inspirarsi a un più prorondo senso di ciò che è interesse sociale. A. CRESPI. Consentiamo in massima nelle idee di Angelo Crespi, ed e appuntC1perchè consentiamo, che fin dal 1901 pnb-- 1.Jlicammo,nello stes~o indirizzo, u Il Pa,·Uto socialista e fattuale momento politico,, e che ci troviamo in con• trasto con una parte dei nostri. lla il nostro assenso 1100 può essere senza ri~er\'e sopra alcuni punti speciali. E, intanto, non crediamo affatto col Crespi - e col Graziadci - che la criii del partito, e la relativa. e, secondo noi, transitoria debolezza anche della parte chiamata riformista 1 dipendano essenzialmente da un motivo teorico: da. una mancata esplicita adesione al movimento revisionista del classico marxismo di Carlo Marx. Questi - ce lo cousentano i nostri amici - sono preconcetti ed esagerazioni da professori, che fanno di– scondure i fatti dalle teorie, anzichè cercare nei fatti In ragione dello teorie. J 1: l>on vero che i socialisti ila• lin.ni , assorbiti dallo lotto interno ed esterne, non tro– varono finora il tempo di diluire in trattati sistematici l'evoluzione delle idee che le esperienze e le nuove situazioni iiuggerirono a mano a mano. Ma, oltrechè i trattati non iiarobbero stati letti, ad ogni modo, dalla massa proletaria ciel partito, la verità è che tutta la nostra propaganda è penetrata d.i revisionismo più o meno bernsteioiano; e, se noi rimaniamo in qualche modo marxisti, è beasi nelle grandi hnee, nello spirito generale della dottrina, nel concetto e nella pratica della lotta di classe e del materialismo economico; non affatto nelle speciali teorie che l'esperienza e il progresso scientifico misero in forse, che non ci sono affatto ne– cessarie e che non vengono mai evocate, da gran tempo in qua, nella nostra propaganda e nella no~tra azione. Probabilmente noi siamo oggi marxisti come sarebbe Carlo Marx (che non era un balordo) se fosse soprav– visuto ('). Oeu altre sono le cngioni per cui la corrente delle riforme socialiste - ditela pur riformismo - non ebbe tutto quello slancio che si poteva desiderare e presa– gire. Gli ò che, fra noi, del riformismo finora si è fatta assai pili In proclamazione e la difesa teorica, che non l'applicazione pratica da tutto un partito. Ma il principio della lotta di classe non può essere disertalo, sotto pena di cessare di essere - non sol– tanto marxisti - ma a dirittura socialisti. Molto invece ci pare che il Crespi se ne dilunghi - e di ciò dispu– tammo altra volta con lui - quando auspica a un socia– lismo empirico, cho non sarebbe altro, in realtà, che una. prudente sempre maggiore estensione, univer~a.lrnente consentila, della legi,lazione protettiva del lavoro e dei lavoratori i nel sollecitare la qm,le il partito socia– lista1 anzichè trarre le sue forze dal consenso e dal volere delle masse - sia pure, com'è sempre in realtà, :rnggestionate da una insistente e intelligente propa– ganda - dovrebbe chiedere le adesioni al " paese "' e la soddisfazione del proletariato non verrebbe, in certa guisa, che a sussidio e a riprova. Pur troppo quosto idillio non si trova nella storia e non pnò quindi trovarsi nella nostra dottrina, che vuol esser realistica e non utopistica, e non religiosa. Il " paese II è cosa troppo vasta e troppo eterogenea per costituire il baluardo delle battaglie di classe. E il ri• formismo vagheggiato dal Crespi somiglia troppo a quel '' paternalismo borghese n di cui fu, da assai tempo, di– chiarata la bancarotta. (1) 1.n etese11collezlono delln. CrUica - e una parte della sun. ~ BI• blloteca di propaganda" - 1ono una miniera di .. rev111on11mo 11 delle ctollrlno marx11te.
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