Critica Sociale - Anno XVI - n. 19 - 1 ottobre 1906

CRITICASOCIALE 293 Ad ogni momento, 1eimprese ed iniziative pubbliche di qualsiasi genere sono in concorrenza con le pri– vate e non imptdiscono il sorgere di queste. IV. Posta su queste hasi e gradualmente costrutta con metodo empirico, tenendo conto delle risorse disponibili ad ogni momento, questa legislazione di controllo o di esercizio pubblico non importa, se condotta bene, alcuno sperpero di ricchezza, ma equivale ad un investimento di capitale nella pro– duzione di una miglior razza e di una migliore uma– nità produttiva. Essa, da un lalo 1 impedisce la de– grada1.ione cli coloro che nascono in ambienti sfavo– revoli alla loro educazione e, dall'altro, sempre più non lascia sussistere se non le imprese meglio orga– nizzate, quelle cioè in cui l'imprenditore è capace di trarre il massimo profitto dal minimum di condi· zioni che gli garantisce uu 111iuimwn cli efficienza, educazione, salute, moralità nei lavoratori. Essa eli– mina i lati antisociRli e sviluppa i lati socialmente utili delle istih1zioni individualistiche attuali. V. Non tanto si tratta quindi di effettuare un ideale 1 quanto di estendere sistematicamente ed empirica– mente le garnnzie al rispetto pieno e concreto della individualità di ciascuno; il collettivisrno 1 la legisla– zione sociale, ecc., sono mezzi e strumenti che pos– sono, in dati limiti e con dati metodi, meglio d'ogni altro metodo e mezzo, servire a questa finalità. Essi cessano di essere una politica di classe, una politica sovversiva e acquistano il diritto di essere riguar– dati come espressione di un indirizzo di politica na– zionale, ins1>irato all1interesse di tutta la collettività, contro l'interesse di minime frazioni di essa, e il solo indirizzo, che in tem1>idi crescente concorrenza internazionale, organizzando tutte le energie interne, può accrescere, non solo l'efficienza della. nazione, ma la stessa sua forza di d~sciplina militare; e che può assicurare In sua conservazione e la conserva– zione ed intensificazione degli stessi aspetti utili clell'inclividualismo capitalistico. Perocchè, iD paesi ove la popolazione, nella sua immensa maggioranza, è ben educata, ben istruita, ben nutrita, ber.. allog– giata, ben vestita, e dispone di abbondanti e sani divertimenti, e di officine modello, di parchi, cli musei, cli biblioteche, di istituti di coltura, ecc.; ove esistono meccanismi di 1trbitrato e conciliazione, che rendono sempre più improbabili gli scioperi, ecc.; il capitale stesso· trova le migliori e più sicure condi– zioni di investimento, i mercati più propizi, gli operai e gli imprenditori piit intelligenti, e il basso saggio dell'interesse e dei profitti, bilanciato dalla loro mag– gior sicurezza, vi accende la concorrenza più pro– ficua; vi crm~ce la difficoltà di formazione di grandi fortune in poche mani, ma si estende la formazione di fortune non ispregovoli in un numero sempre più largo di persone; e, in tempi, in cui l'industria ri· posa sempre pili sul capitale preso a prestito e sempre meno su quello del capitnlista-imprenditore, tutto ciò accresce, più che or non faccia, l'abbon– danza di capitale disponibile. VI. Se questo è il punto di vista, nei problemi economici, che a me sembra piÌ.Lutile per una rige– nerazione del partito socialista o più efficace nel riguadagnargli molte simpatie, da esso seguono, a me sembra, parecchie importanti conseguenze nel campo politico. Anzitutto, lungi, come ha fatto finora, da proce– dere chiedendo o il consenso preventivo o il Bill d'indennità, delle massse, esso deve illuminarle e guidarle: la sua forza non dev'essere nelle organiz– r.azioni operaie o nei Circoli socialisti, ma nelle ade– sioni che il suo punto di vista raccoglie uel paese, e che gli permettono cli condurre, per ciò solo che il suo pupto di vista è vernmcnte generale, le cose in modo specialmente favorevoli agli operai, i quali, Se intelligenti, per ciò e no'n per egoistica coscienza di classe lo seg-uiranno o ne costituiranno i nuclei piì.1consistcuti. Le adesioni operaie devono signifi– cargli la consapevolezza operaia e l'orgoglio del pro– letariato cli vedere nel proprio, più che in ogni altro, identificato l'intero interesso nazionale. VII. In secondo luogo, questa politica nazionale socialista, se così si vuol chinmarl11, non deve pro– cedero impacciata da, e dove rompere ogni vincolo, por quanto sottile e mnschC>rato, con ogni sorta di rivoluzionarismo e prcgiudizialismo. Attualmente, nnche i più temperati del partito socialista sentono che nel loro sCguito la partecipa· zione al potere, in regimo monarchico, sarebbe con• siderata con isfarorn. A mio modo di vedere, ciò deve cessare pcl'Chò il lavoro proceda ~pedito. Ove il potere venga, per evoluzione necessaria di cose, nel orientarsi in questo senso, i socialisti non dovono nvere più scrupoli ad affrontare, con le debite cau– tele ed intose con partiti, se esistouo, ,·cramente ar– fini, le rosponsahilità do! poten•, cli quel che n'abbia avuto il Burns nell'anelare al potere in Jnghilterra. rn Italia, come in Inghilterra, è entrato nelle norme costituzionali il principio che il Parlament9 può modificare qualsiasi disposizione della Costituzione; non v'è differenza tra leggi ordinarie e leggi costi– tuzionali; por conseguenza, in Italia, come in Inghìl– rerra, non v'è nessun ostacolo, per una opinione puhblica veramente desiliorosa di qual~iasi riforma pratica, alla effettuazione di questa. Per un partito o una coalizione di partiti che avesse la maggioranza nella Camera o, per mezzo del suo Oabiuetto, il po– tere di avere una maggioranza nel Senato, non v'è ostacolo alla riforma di quest'ultimo o di qualsiasi altro istituto o logge. Molto maggiori ostacoli esi– stono negli Stati Uniti, in Tsvizzera od in Francia, ove le costituzioni contengono norme per la modifi• cazione di articoli costituzionali. Coloro, che pensano il contrario, devono ammet– tere che essi contemplano la possibilifa di sostituirsi con In forza aJla maggioranza che, attualmente e dal lSGO, espressamente· o tacitamente, mostra di essere soddisfatta della garanzia, che gli attuali istituti danno, d'ogni possibile progresso sotto i loro auspici. E, siccome non v'è segno che, per qualche secolo almeno, questi ii:itituti non possano essere ro– vesciati senza che tosto forze di circostanze interna– zionali o cli incompleta formazione dello spirito na– zionale tendano a ricostituirli forse peggiorati, così io non vedo quale sia l'utilità di affermazioni, sia pur solamente verbali, di ropubblicanismo, salvo che, insieme a tanti altri, sia. questo un sintomo di una persistente mal celata speranza di qualche fortunato colpo di mano insurrezionale, che qua e là fa capo in certi scioperi generali, nei tafferugli coi questu– rini e in tutto un corto modo di guardare con sim– patia a dati disordini ed agitazioni, e che rattiene il pubblico dal pensare al socialismo come a una politica ordinata al pari dello altre. Il vero è che il paese è lungi dal trarre tutto il profitto possibile dalle leggi già esistenti, le quali spesso sono più liberali che la stessa opinione pub• blica, anche proletaria. La sua depressione è esclu– sivo prodotto della sua ignoranza ed ignavia; senza questo substratum, nessun parassitismo di istituzioni sarebbe possibile. Su questo punto, quindi, ogni in– certezza, anche solo volata e prudenziale, è dannosa, e, se un forte manipolo di questi socinlisti empirici, fabiani, si mettesse, in Parlamento e fuori, con studi e proposto legislative, all'avanguardia del movimento riformatore della economia nazioualo e propugnatore d'una progressiva democratizzazione delle istituzioni (riforma del Senato, autonomie comunali e regionali, riforma del diritto ammioistrn.tivo, ecc.), potrebbe essere la vera forza viva del Parlamento, e, a. poco a poco, attrarre dietro a sè la parte più attiva ed

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