Critica Sociale - Anno XVI - n. 19 - 1 ottobre 1906
302 CRITICA SOCIALE rono a strappare - potranno sempre navigare di con- 8erva, o non si taglieranno la rotta per giungere prima alla sospirata Colchide e ormeggiarsi allo scalo più agevole? ... Il trionfo ideale delle Associazioni, di cui ora par– liamo, è nella critica e nel controllo che esse possono e debbono fare degli atti tecnici delle Amministrazioni cui appartengono. Basti citare quello che ha saputo ini1,iare, in questo senso, la Federazione posta.le el caete,·a; la Federazione degli Insegnanti Secondari i PtJnione :.\:lagistrale; e basti ancora accennare al ma– gnifico programma che il nostro Dissalati aveva trac– ciato alle organizzioni dei ferrovieri, le quali non sep– pero però elevarsi alla benemerenza sociale di tale azione proposta. Forse è qui che risiede la vera azione politica delle As~ociaziooi professionali, di cui fu così lunga que– stione. Io non dimentico d'essere stato dei più risoluti nell'avviare la nostra, dei professori delle scuole medie, in questa via della affermazione politica; ma forse oggi, a due anni di distanza, darei l'assenso al voto del Con– gresso di Roma con qualche dichiarazione. Certo è però che tale azione di controllo implica un atteggiamento di opposizione, o attuale o potenziale, che coincide in gran parte con la posizione che assumono normalmente i partiti estremi nella vita pubblica: e certo è ancora che le norme a cui si ispira la critica dei pubblici ser– vizi (in seuso lato) coincidono con i postulati della po– litica democrnt:ca. Sicchè Fadesioue ai partiti della de– mocrazifl, che fn più volte sancita dalle Federazioni professiouali 1 se è discutibile come affermazione aprio– ristica e impegnativa, in pratica si trova rispondente alla realtà. Ad ogni modo, anche questo ufficio, socialmente im– portantissimo, delle organizzazioni professionali, non è forse concepibile che in uno stadio avanzato di esse, quando non le assillino più i bisogni della vita più urgenti i e allora non pare che sia necessario il mecca– nismo un po' pesante e certo alquanto disgregato dei nostri organismi federali. Basta una buona e ardita rappresentanza della classe, che sappia d 1 essere nel caso assistita dalle masse, ma che non sia troppo legata da vincoli costituzionali, pei quali debba richiedere auto– rizzazione o parere 1>er una quantità. di atti, a cui in realtà le masse Ntesse si disintere.'lsauo. In tali casi le votazioni 1 i ,•eferendum ed altri modi di consultazione della volontà collettiva riescono una illusione, o, so volete. una disillusione per chi ne attende il verbo ispiratore. A questo concetto di iniziativa individuale si dovrebbe ispirare, tra l'altro, la Confederazione delle Associazioni Profe.'lsional i. Questo gran nome copre per ora un orga– nismo assai debole, non credo già. per colpa dei col– leghi dirigenti, e neppure per mal volere degli orga– ni.smi federati j ma perchè essa è una super-struttura che invano attende vita e calore dalle sottoposte mem• bra. Queste vìvono da sè e non sentono bisoguo del patrizio stomaco; è evidente che in tali condizioni Pa– pologo di Menenio Agrippa si sfascia, e il ventricolo si coutorce negli spasimi della fame. Mi sembra che anche qui si possa ripetere quello che ho detto sopra, col vantaggio d'una palmare evidenza. Se le Federazioni professionali, nel dov~r contemperare interessi dissimili o discordi spesso, si sentono paraliz– zate, si immagini la fatica di conglobarne e armoniz– zarne un più svariato gruppo numero~issimo: ò nolo che la risultante algebrica. e fh1icadi forze contra!<:tanti è zero, è l'inerzia. Perchè 1 dunque, un aggruppamento di organismi eterogenei po!lsa avere una sua vita, oc– corre che !"assimilazione degli elementi sia compiuta: oso aire cbo nu Consiglio Centrale di tal fatta non pnò agire se non per la forza personale degli uomini che lo compongonoj i riuali - pochi ed ottimi - giungano alla comprensione dei diritti che debbono rappresen– tare e dei doveri che debbono esercitare. Solo i pochi, non le masse, possono salire a queste vette; noi follo. dobbiamo soltanto saperli vigorosamente reggere in alto, nel palco elevato della vedetta e del comando. Chi ha la penna in mano, non meno di chi ha la parola in un'assemblea, può sempre continuare a chiac– chierare. Io sono discreto 1 e mi fermo qui; anche perchè vi confesso che, sebbene mi sembri d'aver ragionato coo buona logica, sarei imbarazzato a concludere. La colpa dunqLte non 8 mia; la (aule à .... la logica umana, che non sempre ci sa guidare ad una conclusione. ENRICO CARRARA. LA CRISI DEL MATRIMONIO Onorato di Balzac, giunto all'ultimo cerchio del– l'inferno del matrimonio, ,,olle chiudere il corso dei suoi brillanti aforismi, riassumendo tutto il suo pen– siero in una frase di Napoleone: u Se l'uomo non invecchiasse, non gli darei moglie. " La fisiologia del matrimonio, che a Balzac costò lunghe e labo– riose giornate di meditazione, ebbe così un epilogo cli dubbia interpretazione, u,rn specie di oracolo si– billino1 motivo cli ologio e di satira a un tempo. Ma voi potete essere certi che Balzac volle ironicamente indicare lo stato coniugale corno l'estremo rimedio ai mali estremi della vecchiezza, a tutti che non sanno affrontare da. soli i tormenti dell'asma e della gotta, e desiderano che una mano amica li corazzi di ovatta e di flanella, nello sconsolato cL·epuscolo della loro giornata. Se è vero che il letto è tutto il matrimonio, quando i coniugi ai accorgeranno, con molta melanconia, che il letto è stato inventato per dormire, che cosa sarà il matrimonio, se non una duplice alleanza offensiva e difensiva contro i rigori dell'inverno o i sudori dell'estate, un'alleanza sim– boleggiata da una tazza per il decotto, in cui la musa delle anime ostinatamente gemelle sfoglierà la pallida ro~a dei ,·impianti? Balzac non è stato solo a cospirare contro la san– tità ciel matrimonio. Dopo di lui la letteratura si ò rivolta contro Imeneo, e ora vestita dell'abito a so– nagli cd armata della ferula rabelaisiana gli ha spenta allegramente la face in pugno, ora 1 con voce drammatica, lo ha proclamato responsabile della metà dei mali che affliggono il genere umano. La lettel'a– tura del secolo decimonono è stata assai spesso una battaglia contro il matrimonio. li teatro, il romanzo, la novella, hrurno diffuso il discredito sul settimo sacra.mento. g quanto una battaglia valgono certo le parole che li'laubert fa rivolgere da Bouvard alla signora Bourclin:" Perchè non volete sposarmi? Ab biamo le stesse iniziali, uniremo la nostra biancheria. n Se non che gli effetti sono stati deplorevoli e tali da. non farci più credere all'esistenza della sug-ge– stione letteraria. Il matrimonio è una istit.11zio11edi cui tutti dicono male, come del Governo, ma intanto sono pochi coloro che sanno starne lontani. L'uomo, animale d'abitudine, segue con atavica testardaggine la strada 1>crcorsa dagli avi, sebbene sia certo di urtare nei rovi e di insanguinal"\'isi i piedi e le mani. li'orse egli \'il rnrso il matrimonio a cercarvi il rim– pianto. Poichè, se è vero che nelltl scala zoologica
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