Critica Sociale - Anno XVI - n. 18 - 16 settembre 1906

ùil.IT1CA SOCIALE 281 natura e fissavano la r;fera d'azione di chi la occupava. Onde l'Imperatore in fatto non poteva che sorvegliare e controllare. In quattro secoli di vita lo lince fondamen– tali dell'amministrazione imperiale restano immutate e l'andamento politico generale non è gran che mutato, specie nelle provincie, so l'imperi1tm abbia a titolare un Marco Aurelio piuttosto che un Commodo Specialmente la legislazione non se ne risentiva a.tratto i gli Impera• tori cosl detti cattivi non se ue curnvano e Iasciavau fare ai giureconsulti i i buoni onoravano questi e i filo• sofl e ad essi s'ispirarnno. Sen,.,a arbitrio di individui o di parlamento, giammai come allora la ragione ebbe sì pochi ostacoli a tradursi in leggi. E, a mano a mano che il principato si consolidava e l'opposizione aristocratica illanguidiva, tanto più l'jni– ziativa indivirluale deìl'lmperatore aveva prefl~se le vie in cui spiegarsi, tanto pÌlt l'[mperatore diventava un essere impersonale, quasi divino, l'immagine dello Stato e della legge eguale per tutti i popoli dell'Impero, il custode del diritto, l'interprete della giustizia. Sotto l'aspetto civile, adunque, PJmperatore è lungi dal perso– nificare l'arbitrio. Ciò non toglie però che l'[mperatore goi1.a della mas· sima libertà d'iniziativa appunto come impe,·ator, come comandante supremo delle forze militari. Come tale, l'Imperatore è il diferniore della civiltà romana contro i barbari. Difensore del diritto e soldato, quest'ultima funzione acquista sempre più sulla prima quanto più Roma s'avvicina al compimento della sua missione. Per comprendere questo concetto bisogna considerare questo capitolo in congiunzione con l'altro sulle legioni. La espansione di Roma ha due periodi: un primo, per eccellenza difensivo anche nelle sue conquiste, in cui Roma d~ve costanlemento star all'erta contro nemici potenti, che cerca di tener divisi per non essere sopraf– fatta; un secondo in cui, avendo vinto tutti i nemici piìt potenti, cerca tenl:lr divisi quelli che restano, per espandersi; con Augusto l'espansione s'arresta o s'al– lenta per non ripigliare che a scatti e p6r ragioni di– fensive. Augusto è il primo ad organizzare in modo perma– nente sui confini la difesa dell'Jmpero; e questa orga– nizzazione ha pure una -evoluzione che può distinguerai in duo periodi. In un primo periodo, .nel mentre alla sua ombra, nella gran pace interna, l'imperio dell'eguaglianza giu– ridica si estende e perfeziona, le legioni sono il tramite per cui i barbari entrano nel mondo romano e ne pren– dono i modi, le caricbe 1 i titoli, gli onori, il diritto. Ciò porta con sè naturalmente un certo rimbarbarimento a cagione della guisa imperfetta in cui l'assimilazione si compie; imperfetta perchè, a mano a mauo che i bar~ bari apprezzano i benefizi della civiltà, premono con crescente impazienza e cercan rovesciare le dighe co– strutte dal militarismo romano per disciplinare il loro influsso. Ed ò così che s'inizia il secondo periodo; dopo un breve istante in cui la civiltà romana e la barbarie si equilibrano, quest'ultima comincia a prevalere e il militarismo, da organo di assimilazione, diviene freno e controllo clelPeccessiva irruenza delle nuove correnti. Ciò che importa ritenere è che la cosidetta invasione dei barbari è la con~eguenza necessaria della politica universalistica di Roma; è pal·tc, per dir così, indisso– lubile della sua missione storica: è l'opera di lloma che si con.tinua in modo meno ordinato o più tumul– tuoso; ed ebbero quindi ragione i nostri avi fin quasi al secolo xvi a non credere alla morte dell'Impero Ro- mano. La sua grande omlJra aveva protetto il sorgere delle nazioni moderne. La decadenza di Roma non era veramente stata che la nascita d'Europa. l vari Stati sembrano veramente dovuti a un grande e secolare processo di frammentazione interna e di differenziazione del grande indistinto imperiale. Ne segue, per chi accetta questo concetto, che non ,·'è bisogno di ricorrere nè a dispotismo, nè a burocrazia, nè a corruzione morale, nò ad oppressione fiscale per spiegare i fenomeni di rimbarbarimcnto, che fecero cre– dere alla decadenza. Ciascuna di queste cause fu gran– demente esagernta dagli stol'ici posteriori e specialmente moderni. Ad esempio, non è ve,o che l'accentramento imperiale abbia ucciso le autonomie locali, che Roma repubblicana soleva generosamente concedere. 11 nostro autore, nel capitolo sulle Provincie 1 mostra molto bene 1 che all'op– posto è l'affievolirsi dello spirito municipale, che porta alla estensione della srera d'azione del Governo centrale imperiale. Nò c'è da meravigliarsi che cosl sia stato. L'amministrazione imperiale rappresentM•a una espe– rienza più vasta 1 una forza più illuminata di qualsiasi amministrazione localo. Quest'ultima rappresentava il residuo del vecchio esclusivismo localo di famiglia, che l'influenza imperiale veniva a rompero per sempre e ad animare d'uno spirito universale. Il ponsiero sociale più vasto non poteva a meno di imprimersi anche nei meandt·i piì1 oscuri della vita locale e domestica. Il Cristianesimo gli aprirà. anche il cuore degli individui. ... :Molte circostanze, f!enza dubbio, favorirono questo ri– sultato. Ad esempio, le città greche era.no stanche di lunghe lotte intestine e non sapevano più che conservar le forme delle lol'O antiche libertà civiche. Altrove in– vece alla libertà civica non s 1 era ancora arrivati e s'era ancora allo stato po.triarcale e(l oligarchico. Per di più 1 come osservò già il Seely, nel moneto antico le abitu– dini di lavoro erano assai scarso e ciò spiega perchè la vax romana, invece che alla ricchezza e alla prospe– rità, finisce col condurre alla miseria e allo spopola– mento. Ma tutto ciò non toglie che manca una vera e pro– pria, ossia intrinseca, ragione di parlar di decadenza di Roma. Per ciò occorrerebbe si potesse dlmo ~trr.re che Roma non compl la sua funzione storica, l'universaliz– zazione del diritto, la creazione della unità mora.le del mondo civile. Ora, il vero è che essa approdò a questo risultato, nonostante tutte quelle che ordinariamente si additauo come cause della sua decarlenza. Su per giù, questo è lo spirito fondamentale del primo volume dell'opera del Venturiui 1 a cui, con la pubbli • cazione rlegli altri Yolumi, avremo quindi inrlubbiamente occasione di ritornare. Per ora ci si permetta di lamen– tare almeno la tl'R.SCuranza, talora grave, della forma, che attesta mancanza di attenta revisione. Del valore intrinseco del tentativo non si potrà, come dicemmo 1 parlare se non dopo, almeno, la pubblicazione del terzo volume. A. CRESPI. FILIPPO TURATI e CLAUOIOTREVES SOCU.LISJIIOE RADICALISMO Polemica con E. De Marinis. Centesimi 1.5. Presso la Criticn Sociale.

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