Critica Sociale - Anno XVI - n. 18 - 16 settembre 1906

CRITICA SOCIALÈ 283 cui lascia il proprietario e per aumento del valore della tena durante l'affitto, godere di una parte della rendita; ma questa tende per la concorrenza dei lavoratori a versarsi tutta nelle mani del pro– prietario. L'affitto della tena non può per sua na– tura dare altri vantagg-i che tecnici al lavoratore; e non potrebbe, per la teoria dei vasi comunicanti, assicurargli un guadagno maggiore del salario. Nella cultura della vigna il lavoro è ben mag– giore di quello che occorre per il frumento: quindi il lavoro non pagato, che il proprietario della terra si appropria sotto forma di affitto, sarà pure mag-– g:iore. Se il prezzo della terra dovesse rimanere im– mutato, passando dalla cultura delle biade a quella della vigna, avverrebbe che il contadino col vigneto intascherebbe intero per una parte tutto il frutto cleJ proprio lavoro, e per l'altra parte piglierebbe sol quanto corrisponde al:a media dei salari. Se ciò fosse, tutti i contadini coltiyerebbero solo vigna; anzi i lavoratori ùi ogni mestiere passerebbero alla viticoltura. Questo movimento di concorrenza verso la vigna fa rialzare il prezzo.d'affitto della terra fluo al punto che il lavoratore non guadagni che quanto equivale al salario corrente. :Ma anche questo si abbassa, per il fatto di essere goduto un maggior numero di giorni all'anno. L'affitto ventennale, adunque 1 per la vigna, nel mentre assicura un maggior lavoro annuale al con– tadino, lascia costui po,•el'O del pari che con la ce– realicoltura e con la pastorizia. La gabella ventennale è stata così esauriente del prodotto viticolo, che, con la distruzione della vigna per opera della fillossera, i contadini non trovarono subito i denari per ripiantare con i vitigni ameri· cani, ed avevano in vece saputo trovarli nel primo impianto. Con tanti milioni prodotti dalla vigna, i viticoltori non avevano potuto mettere in serbo la poca somma per una eventuale ricostituzione dei vigneti. Se alcuni si arricchirono con la terra presa in affitto ventennale, fu perché godettero durante il ventennio l'aumento del prezzo della terra pro– dotto dalla gara crescente e da un periodo fortunato di esportazione; mai alla fine del contratto, il fondo, vitato a tutte spese del colono e restituito nel pieno vigore produttivo, venne ridato in un nuovo con– tratto di gabella ventennale a prezzo doppio e triplo. A parte i pericoli di una più disastrosa erbi eno· logica con i vigneti che si vanno ricostituendo, si perpetua un grande sperpero di forze agricole nello assegnamento delle aree da vignare. Si sa che la vigna prospera in terreni poco buoni per altre col– ture e che iu ciò sta la sua maggiorn convenienzaj e, se in questi teneni il suo prodotto non è troppo abbondante, è sempre molto per il valore delle terre stesse. Intanto ognuno nel suo strettif'ondo vuol aYere un po' di vigneto: nrn capita che chi ha miglior ter– renollrn pure i mezzi di piantare, e viceversa. Così la terra non è distribuita per le varie colturn con la maggiore convenienza; e, per l'avidità di un niag– giore e subito guadagno, si va a piantare la vignR. nei terreni vallivi, affittati a carissimo prezzo, i quali sarebbero più convenienti per le biade e per le fo– raggiere. Non si cura che in quelle terre il vino riesca poco buono, purchè abbondante, e magari che non si sappia a chi venderlo. Quando i fondi saranno passati sotto la gestione della organizzazione proletaria del lavoro e del con• sumo, si raggiungerà il migliore impiego delle terre secondo le maggiori convenienze sociali. La emigrazione. - La emigrazione con– corre pure in una certa maniera a mantenere im· mutato iJ ·millennario latifondismo siciliano, ma sol per altro poco ancora. La popolazione accresciuta e gli accresciuti bisogni fanno prima, per via délla concorrenza, rialzare il prezzo d'uso della terra, mantenendo alto il tomaconto dei feudatari nel man– tenimento delle forme feudali del semiuerio e della zootecnia. Poi, quando) per tali forme, tutto il pro– dotto della terra) servendo solo ad assicurare l'alta rendita padronale, non segue Paccrescersi della po· polflzione e del sentimento della vita, e la prnssione sociale dovrebbe rompere le barriere giuridiche che difendono il tornaconto del padrone nella scarsa produttività del latifondo, le prime ondate ancora deboli di lavoratori, frangendosi in quelle barriere, rimbalzano indietro, non per ritornare più forti al– l'ossalto, ma per emigrare in America. ?ifa non tutta la classe Javorntrice, respinta dalle bastie del latifondismo, emigra. lontano. Una gran parte resta a rafforzare la sua posizione di battaglia, per sconfiggere, in un tempo più o meno prossimo, la viscida piovra dalle enormi ventose. E per questo c'è da spera.re nella maschiezza della classe campa– gnola. Il prof. Angelo :Mosso,in un'intervista a Pa– lermo con il dott. Ettore Savagnone, pubblicata nel Giornale di Sicilia del 29-30 maggio 1905, dà un originale giudizio sulla emigrazione. " L'emigrazione, egli dice, non è affatto un indice di malessere; infatti la Sardegna, cbe è in condizioni eco– nomiche le più inrelici, non ha emigrazione. La emi– grazione siciliana è dovuta principalmente a due fattori. Il primo è la grande prolificità dei Siculi. La fecondità siciliana è inesauribile. L'aumento della popolazione è tale che il popolo siciliano ogni anno può fondare una città di 30 mila abitanti. li secondo fattore è il risveglio della dignità, della intelligenza, del sentimento di be– ne.,sere e della tendenza a star meglio dei lavoratori. Il fenomeno della emigrazione è, dunque, un fenomeno d'intraprendenza, non di miseria, d'irrequietezza civile, e non dì disperazione, cd è anche dovuto al coraggio personale e all'abnegazione dei lavoratori di Sicilia. Questo è il mio saldo convincimento. ,, [l prof. Mosso è convinto antisocialista: ma egli arreca argomenti contrari al suo antisocialismo. Il risveglio della dignità dei lavoratori che spinge ad emigrare? Ma, quando la emigrazione non basterà più, il sentimento della dignità, reso pil't vivo dai contatti con un mondo pili evoluto 1 sarà la forza per arietarc fino al crollo la fortezza latifondista, da cui si diffonde la fame e la barbal·ie nelle popola• zioni, e contro la quale la catapulta proletaria mira a lanciare i dardi del suo diritto offeso. Ciò farà avverare la nostra previsione, che, non dalle prov– videnze spontanee della così eletta classe dirigente, ma dalle forze organizzate del proletariato, sarà ri– solto il secolare problema delle camp:1gnc siciliane. H risveglio della dignità spinge all'emigrazione, ma perchè la terra, isterilita dal monopolio fon– diario più che dalla dimora di \\Il hranco di porci) non dà pane a coloro stessi che la lavorano. Lo stesso prof. Mosso, nel suo recente libro su La Vitct moderna degli ltctlicmi 1 a pag. 108 1 riferisce che " nell'ultimo censimento del Regno vi è una carta che rappre– senta come crebbe o diminul la popolazione nelle varie provincie d'Italia. Guardando la Sicilia si vede una striscia bianca dove la popolazione è diminuita. E una vasta regione, che, cominciando da Sciacca sulla riva del mare africano, passa per Corleone e giunge a Termini sul mare 'l'irreno . 1 • Questa zona, spopolatasi per emigrnzioue, è quella stessa che avanti ossel'vammo essere stata la più priva di città nel tempo antico, e la più infestata da li1tifondi selvaggi, da quel tempo fino al presente. È in questa stessa zona che si ribellarono gli schiavi del'epoca romana, e che sarà decisit la bat– taglia dei lavoratori della terra contro la camorra dei feudatari. S. CAMMARERI-SCURTI.

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