Critica Sociale - Anno XVI - n. 14 - 16 luglio 1906
CRITICA SOCIALE 213 lla la favola è eterna.; ma. il sogno o la realtà. non han termini fissi; e del sogno anche si nutre la realtà della vita. li sogno di Oio,•anni Berta.echi ò il sogno consapevole. For~e è qui tutta la essenza - altri dica la superiorità - ed è qui tutto Il dramma (la tragedia, sarebbe dir t1·01>PO) dell'uomo moderno. Noi eogniarno come i nostri antichi; noi amiamo e cl illudii,mo com'essi; noi vor• remmo, come loro, sprofondarci nel mito (" l'a,iima è vtcc/iia i11ca110! .), e mozzar l'ali al 'l'empo e addormen• tarlo, perchè indulga alle nostre ebbrezze troppo rugacij Dormendo tu, le ro11e11011penderan la morte; anem più lunghi i bnci 1 11aranle notti umano più lungamente insonni; ... {') ma noi sappiamo, più ch'essi non sa11ossoro, che tutto ciò non è posslbllo, o l'illuslouo b uu'llluslone a metà, più pungente per quosto, e for.:i'anoho pili intimamente dolco al cuor nostro. Noi qua.lo , noi prorondo del quale, sta un freddo lnvlncibllo, sta la donsa nevicata che nessun eolo discioglie('), e l'inganno vi fiorisce sopra, assurdo e necnssarlo, come il rododendro su la bigia morena d'un ghiaccialo. Tutta la distesa di neve, che I monti della Rezia na– tiva hanno deposto nel pensiero e nei versi di Gionnni Bertacchl, è naturale che irrigidisca in essi le rose au– lenti dell'amore. È anche una poesia senza amore, questa, in cui la morte tende come un agguato perpetuo ad ogni cosa viva. O piuttosto l'amore vi passa, corno tut~i gli altri sentimenti, non individualizzato ed ardente, non sotto la apecle di una donna Idolatrata e voluta, ma come un vago rimpianto o un ricordo sfumato, come l'eco d'una musica quando lo strumento già tace. Così nel brevo e perrettlssimo carme Pdr ,m canto rimu11e- 1·ato di rose (pag. 100), per un canlo nato di ginestra e ritornato al J)oeta In rronde ed in petali, 1>assa, bale– nando nel verso, anonima, incognita, senza corpo e senza persona, quella II mano gentile ,, che compiò la dolce metamorrosi. Appena se, In un giorno d'ostate, sotto Il morso del fervido solo nolla grancl'aria Immota, il poeta, una volta sola nel volume - una. volta, si direbbe, nolla vita - sento il tedio del suo sogno troppo vasto, del suo pe– renne riverberare in eò il flusso, che uon resta mai, della natura e della storia, o invoca da 1 • una donna II il ra– pimento d'un'ora: L'uom cui la cerchia del auo dì non basta 1cont11 la colpa; ei non vedrà compito il suo santo domani. Donna, In vita incalza; ormai l'unsio110 deBiderio d'un palpito più mio nei brevi dì m'accora i d'una •ila più mia fatto pensoso, scordo l'immenso secolo natio e ti domando un'ora! ( 1) È la sconfitta di un istante. L'amore di Olovanni Ber– ta.cebi - dico del poeta - non J>UÒ ,·olgeral a quest'una, se non come a un riflesso episodico dell'e1oig IVeibliche dell'eterno remminlle Indistinto, che nelle Donne ai bal! conf (pag. 178), nello Influito donne cho ha viste, pas– sando, ai balconi degli abitati o a quelli della vita 1 ra sentirgli un motivo musicale, un rlH0,!HIO di orizzonti montagnosi o marini, un pretesto a qualche nuovo eogoo di cieli o di nevi - tutto, ruorcbò la donna In carne ed ( 1) Pall, "171 Antica alltgorkl. r-, Pair. 5T, I '""'"' dtl .\'ord. (') rag. 18', l..ltglll d't,tote. ossa, cho ei adora, cho si insegue, cho .. 1 abbandona ma gari o si 1radi'1ce, ma che è, a quell'età, per noi tutti, la vita della vita. Eppure, udito com'è umana e soave, e, vorrei diro, riboccauto <ti un sonso sitibondo di amore, la chius:L cli cotesta lirica: Curioso cuor mio, queeto ò il poeta: JHU81lr non ,·iato fra bclttt etrnnier<': senza trovar per sè 1>08anò meta, tutto vedere. Esser voce <'hc,a notte, alu il suo Tolo, e non 11ai donde muou e do, e vada: esser l'errante <'he,movendo solo, lungo una 8trada, ode venir dn unn finc!Jlro.aperta. un suono, 1111 c1111to: e, fermo ad ascoltnre, Atrnppa Rlln siepe un ramose{•]d'offertn 1 gettcl e 11com pare ! Jo non ao so veramente u questo ò i I poeta ,,.: certo è un poeta, non Importa la rnml'flla o la classe, questi che, con tant& sohrieti\ di mezzi o sprezzatura di mo,·enze, sommuove a noi profon lamento !e fibre del– l'anima. Prorondamente cosl 1 che sovente sembra penetri oltre le straliftcazloni della nodra mentalità individuale per prorondarsi eino a quello ereditato dalla stirpe. t questa veramente la caratteristica saliente di Giovanni Bertacchi i Il quale, n. quel modo che in se stesso sembra. rvndero l'uomo d'ogl{i e quello d'altro età e da ogni più rugaco impressione trae argomento a 0\'OCaro i moti,·i primigent rlelle genti pili noi tempo lontano i così nello spirito del lettore risuscita, di rifles'io, conri..tsi col vibrare dell'emozione immediata, come un'eco di emozioni se– polte, come Il ricordo degli antichi turbamenti dei padri. Questa singolare racoltà. evocatrice culmina in tre, cbo sono rorso le più alte o veramontn bollo poesie del vo• lume: nel 1'rltmto delle foreste (pag. 811, dove •·la pro– ronda bontà dello roreste,, cl rinnova nell'animo, in rapidi scorci, la stol'in. quasi mitologica dello genti pri– move; nel canto dedicato a .llieclo 1/onow:Jh!J (pag. 105), il piccolo poliicco portentoso, nello cui osill diti1 1 imper– versanti sull'oburnon tastiera, sombrn rremoro spasmodi– camente Il dolore o l'anelito della patria schiava, e dore sono strofe come questo: Che non 1>otre111i fu? Certo, ae udill!lc una turba in iumulto il tenue suono, deporrebbe le tene ire e le ri111e obliandoei tutta in un 11erdono. E un esercito in marcia a sorti ignote scorderebbe la guerra e la vittoria., i>erla vena sottil delle tue note ae le udisse p11unndo. Oh! nelli. storia è bastato il cantar d'un usignuolo a trattener gli ervi! Basta, all'irnma.uc deserto, uno zampillo umile e so lo a fermar sulla •ia le carovane...; e infine in quelle M,uiche di ,\'alale (pag. I li}, nelle quali il senso dell'Influito, Il senso doll'eterna identità delle coso successive, raggiungo la più alta Intensità di espressione, a traverso l'evocato ritmo dellf:. antiche nenie pastorali perduranti nel secoli. Uom che vingginsti i secoli, tu giungi provnto omni dn tante ere di vita; ma 116 ICL voce palpita da lungi che gitt i 11adridei padri ebbero udita, tu 1 fermo a mezzo della via, de1>oni tutto il retaggio onde recasti 11iena l'anima antica, e ancori\, entro quei suoni trovi gli intatti spiriti d'un d.}.
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