Critica Sociale - Anno XVI - n. 13 - 1 luglio 1906

CRITICASOCIALE 199 che non hanno un apprezzabile valore pratico nel– l'alimentazione, si riductmo a gr. 200. ll che vuol dire bensì una modesta somministrazione cli albu– rniua1 ma un apporto trascurnbilissimo tli calorie (appeua il -1 % del fabbisogno termico giornaliero). Vien quindi fatto di chiedersi se il vantato con– sumo della carne, di fronte al fatto economico del suo prezzo relativamente aJt.issimo, non rappre– senta un vero errore consacrato dalle cvnsuetudini, e se non sarebbe miglior partito consumare altri cibi pure ricchi <li albumina, ma più termogeni e più economie!. Gli igienisti hanno intessuto mille voltf! le laudi delle carni cosidette inferiori: del cavallo e della mucca. ~Ia da questo orecchio il lavoratore nou sente: può credere ai fisiologi, ma non arriva a vincere una ripugnanza irrazionale, ma radicata e forse atavica, verso la carne di ani– mali che, anche morti, potrebbero rendere così utili servigi. Un'altra lacuna, che l'inchiesta L,andouzy rileva nell'alimeutazione dell'operaio, è quella riguardante lo zucchero. I biscotti, le paste dolci, lo zucchero in genere, sono considerati alimenti cli lusso: e si noti che in :Francia lo zucchero costa sensibilmente meno che in Italia. Lo ste:so a\'vieue per i bi– scotti dolci e per tutti i tipi di ga.lettine, che in altre nazioni hanno realmente il valore di cibi popolari. Per un pr~giudizio radicato <la tempo, si considera lo zucchero come un non neces– sario complemento alimentare, e si dimentica tutta l'importam:a che ad esso comJJete nella, produ– zione termica dell'organismo. Ora, i biscotti danno un'energia calorifica corrispondentP a oltre 4000 ca• lorie per chilogramma, e per ciò costituiscono 1111 alimento, non soltanto razionale e utile, ma anche economico. Sgraziatamente, ,Iello zucchero in genere e dei cibi dolci in ispecie, soltanto il J 7 ¾ dei lavoratori in Francia fanno un consumo di qualche entità; mentre le donne, non per miglior educazione fisio· logica, ma indubbiamente per ragione di tendenze gustative, danno una cifra più elevata tra i quo– tidiani consumatori <li zucchero (33 %), In Italia le cifre devono essere assai più basse: specialmente nei lavoratori dei paesi di campagna, lo zucchero è un cibo sconosciuto o miscono– sciuto, e lo Stato, con illogici dazì protettivi, coo– pera a tener lontano dal consumatore un mate– riale, che a buon titolo dovrebbe figurare fra gli alimenti basali. Il caffè invece si è esteso ovunque: in Francia il 75 ¼ <.leglioperai dichiara di consumarne ogni dì, e la percentuale si mantiene al' 66 % nelle donne. Non si deve però credere che questo consumo abbia portato all'abbandono dell'alcool, poichò il 70% degli individui interrog,iti hanno dichiarato di usare quotidianamente del vino (o della birra) e di consumare dei liquori. Nella credenza popolare il vino rappresenta ancora non solo una soddisfa– zione del palato, ma anche un alimento principe: e si ignora che meno cli un ettogrammo dì zucchero equivale ad un litro di discreto vino, nei rapporti fisiologici dell'alimentazione. Ma una inchiesta condotta cosi sinteticamente non potrebbe ancora fornire grandi insegnamenti: essa, al più, no dice quali sono le tendenze gusta– tive del pubblico, e quali gli errori alimentari più grossolani. Gl'insegnamenti migliori si traggono dall'esame sperimentale dei singoli bilanci nutritivi. Il lavo1:o pàrt.icolareggiato di Landouzy ne porge una sene dì esempi analitici di queste razioni alimentari, da qu ella. del l'im(>iegato discretamente pagato insino all 'opera.io che è obbligato a mantenere la sua ra– zi one nella cerchia stretta e inestensibile di un bilancio miserabile. "È in questo esame che si scor– gono gli sbilanci fisiologici, le mancanze innatu– rali, la denutrizione sistematica. Di fronte a inriividui che hanno una illogica ed eccessiva razione, che obbliga l'organismo ad un iperlavoro dannoso, stanno tutti gli infelici che hanno dei <leficil organici insanabili. I primi intro– ducono troppo combustibile uello stomaco e abbru· ciano inutilmente del materiale, senza potere trarre profitto di tutta !"energia sviluppata: i secondi hanno il focolare semivuoto e consumano Porga• uismo stesso, inutilmente sforzandosi a mantenere un equilibrio, perennemente i11stabile. Esempi di bilanci eccessivi non occorre dare. Chi non ne potrebbe citare a iosa? :Porse, guar– dando noi stessi, dosando quello che consumiamo e stabilendo il nostro fabbisogno reale, saremmo costretti a pensare che noi pure ab bruciamo senza ragione un'enorme quantità di albumina, determi– nando un'alimentazione di lusso, che ha il solo risul– tato ,li forzare l'orgauismo ad un lavorio di Sisifo per poi allontanare i detriti ingombranti. Ma più istruttivo è l'esame di qmilcuna <lelle razioni degli operai. Eccone una a caso: un operaio della g-rande industria, ben pagato, spende L. 2,25 per nutrirsi e consuma 400 gr. di pan bianco, poco più di 200 gr. di carue 1 gr. 250 di minestra, g-r. 10 di zucchero, 1 litro di vino. Di rn.clo si permette qualche aggiunta, che sostanzialmente non modifica la razione. Egli crede avere una buona alimenta– zione: invece la produzione termica è insufficiente, sebbene l'albumina sia più che sufficiente. Ma, anche in Francia, pochi operai possono per– mettersi una razione di tal fatta, e, stretti dal bi– lancio esiguo, neJ.la massima parte dei casi riducono la razione. Ecco un tipo di razione molto comune: a mezzogiorno gr. 125 di pane, 35 di carne, 80 di legume, 760 tli vino, e 20 gr. di infuso di caffè. Alla sera la stessa cosa, salvo la quantità mi– nore cli legume. La razione costa meno di L. 1 (0,80 - 0,86) j la somministrazione di calorie al– l'organismo è di 1400, quindi enormemente insuffi– ciente. Taluni cercano rimediarvi, e l'istinto li guida a diminuire la carne e ad aumentare il pane, op– pure ancora essi aiutano la somministrnzione di calore ingollando grandi quantità di minestra che, per la temperatura sua, coopera a toqliere la .sen– sazione di freddo dell'organismo stesso. l\Ia. è una risorsa ben magra. La conclusione è unica: oggi<lì, come io addietro, non oshmte i miglioramenti innegabili, la razione alimentare dell'operaio non può ancora conside• rarsi come fisiologica. Essa non C tale anzitutto perchè, almeno nel 40°/ 0 dei casi, l'operaio mangia poco, fatalmente, e presenta tutti i segni di una lieve fame cronica: consuma, cioò, più di quanto non intrùdtica. Molte volte, sempre quasi, ad aggravare questo fatto squisitamente economico, si aggiunge la cat-– tiva. scelta degli alimentij talchè il bilancio pre– senta lacune gravi ma facilmente riparabili. Perciò Ja semplice modificazione economica nou basta per rigenerare il lavoratore: senza ìl fattore educativo gli errori, modificati di intensità., trasformati anche nel loro aspetto, permarranno. Io non so quali risultan:'.e si otterrebbero oggi in Italia facendo un'ampia inGhiesta similare: in– dubbiamente però si rileverebbero mali uguali e ugualmente estesi. I rimedi non banno bisogno di delucidazioni, e perorare per essi è perfettamente inutile. E. BERTARELLI,

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